Europa, la May convoca le elezioni a difesa della “sua” Brexit

A distanza di quasi un anno, il mese di giugno potrebbe rappresentare ancora una volta il mese decisivo nel destino della Gran Bretagna e dell’Unione Europea. E questo perché il 19 aprile, il Parlamento britannico, con i necessari due terzi dei voti, ha approvato la mozione presentata dal governo Tories per la convocazione anticipata delle elezioni al prossimo 8 giugno. Una scelta a sorpresa, presentata il giorno prima ai giornalisti dal premier Theresa May davanti al numero 10 del Downing Street, ma che in realtà era stata già ampiamente preventivata nei mesi precedenti.

La strada dell’hard Brexit, d’altronde, intrapresa dal leader conservatore è apparsa fin dall’inizio tutt’altro che in discesa. Ne erano testimonianze, in qualche modo, le sentenze dell’Alta Corte di Londra prima e della Corte Suprema poi, che avevano ribadito l’obbligatorietà dell’autorizzazione parlamentare nell’attivazione dell’art.50 del Trattato di Lisbona. E lo confermano ogni giorno le prese di posizione delle varie forze d’opposizione, che dall’alto della loro rappresentanza in Parlamento cercano, riuscendoci, a frenare gli intenti del governo nel percorso della “dura fuoriuscita”.

Ecco, quindi, che a livello politico trova naturale giustificazione la scelta della May di convocare le elezioni anticipatamente. Una decisione presa «con riluttanza e solo di recente» ha dichiarato il premier davanti ai giornalisti, ma che sembra essere, secondo lei, l’unica strada percorribile per dare «stabilità e certezza al paese». Nessun opportunismo, piuttosto la conseguenza di un atteggiamento da parte delle forze d’opposizione, dai laburisti di Corbyn ai liberaldemocratici di Tim Farron, passando per gli indipendentisti scozzesi della Nicola Sturgeon, rei di voler bloccare o limitare il negoziato per la fuoriuscita dall’Unione.

«Non intendo permettere ai miei avversari di indebolire la Brexit», ha accusato la May. Ma, forse, oltre alla causa Brexit, tra le ragioni per la convocazione delle elezioni potrebbe essercene un’altra. La May a oggi è un premier subentrato in corsa, non legittimata dal voto elettorale. Una pecca che potrebbe trasformarsi in limite alla lunga tanto nei confini nazionali quanto nella stessa trattativa con l’Europa. E allora perché non approfittare del momento, esplicato anche dagli ultimi sondaggi elettorali che vedrebbero i Tories nettamente in vantaggio sugli altri partiti, in particolare i Labour di Corbyn?

Il voto rappresenterebbe per la May un’opportunità non solo per sbaragliare gli avversari, scompaginando così a proprio favore le carte del Parlamento, ma anche al contempo per ottenere a livello personale la necessaria legittimità per portare avanti il proprio programma politico. Il tutto, ovviamente, presumendo che i sondaggi confermino la loro affidabilità, questa volta. In caso contrario, la scelta obbligata del ritorno alle urne potrebbe trasformarsi in un clamoroso autogoal dalle conseguenti politiche devastanti. Come fu il referendum per Cameron.

Mario Montalbano


 

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