Corsa agli Oscar: 3 film che vale la pena recuperare

Everything everywhere all at once, Gli spiriti dell’isola e Women Talking, tutti e tre con diverse nomination per i premi più importanti del cinema, ci regalano grandi performance e temi su cui riflettere.


 «I film sono sogni che non dimenticherai mai». Questo è quello che dice Mitzi Fabelman al figlioletto Sammy, in procinto di vedere un film sul grande schermo per la prima volta, nel film The Fabelmans di Spielberg. Sebbene a volte si preferirebbe invece dimenticare alcune pellicole, è indubbio che nessun film ti lascia indifferente, in un modo o nell’altro, soprattutto se viste al cinema. Ed è proprio il cinema che verrà celebrato domenica 12 marzo, durante la notte degli Oscar. The Fabelmans è uno dei film che detiene più candidature, ma oggi ne abbiamo analizzati altri tre in particolare, per capire perché valga la pena guardarli.

Everything Everywhere All At Once

L’acclamata casa di produzione indipendente A24, famosa per titoli come Moonlight e Room, colpisce ancora con un film che è sicuramente sconvolgente, dal primo all’ultimo minuto. Diviso in tre atti che richiamano il titolo, all’apparenza può sembrare l’ennesimo film che affronta il tema del multiverso, ma lo fa in maniera creativa, mostrando scene surreali che sono invece più vicine alla realtà che al fantasy.

Evelyn Quan-Wang è una donna cinese-americana la cui vita ruota intorno alla gestione di una lavanderia. Un giorno, mentre si trova all’IRS, l’agenzia americana per la riscossione delle tasse, suo marito Waymond di colpo cambia personalità, rivelandosi come la sua versione alpha di un universo parallelo. Con la trovata originale del “salto-verso”, anche Evelyn sarà in grado di vestire i panni di tutte le altre Evelyn degli altri universi, e quindi ottenere le loro abilità e competenze. 

Questo si intuisce la prima volta dalla lunghissima sequenza di lotta che si svolge nell’IRS, che vi terrà incollati con effetti speciali durante il combattimento tra una sorprendente Michelle Yeoh, interprete di Evelyn, e Jamie Lee Curtis nelle vesti di Deirdre, ispettrice dell’IRS. Durante la visione del film, si potrà assistere a tutti gli altri strambi universi, come quello degli hot-dog che rimpiazzano le dita della mano o delle rocce animate, in una scena che fa commuovere con poco.

Tutto ciò è reso possibile da un montaggio impeccabile che unisce i fili della storia in modo fluido e scorrevole mentre mostra scene di ogni tipo che si susseguono velocemente, e da una forte sceneggiatura originale che affronta temi semplici in modo alternativo.

La vera sfida della protagonista sarà quella di risolvere i problemi con la figlia Joy, l’artefice dei multiversi che hanno alterato l’equilibrio del mondo. Il film infatti, in mezzo al trambusto dei combattimenti infiniti, tratta in maniera delicata un rapporto madre-figlia molto comune, il bisogno di essere accettati, la potenza delle proprie scelte e quella dell’arma vincente: la gentilezza. Questa qualità viene definita “strategica” e “necessaria” in uno dei dialoghi più profondi nella sua semplicità,in cui Waymond afferma anche che l’unica cosa che sa è che bisogna essere gentili.

Nominato a ben 11 Oscar, Everything Everywhere All At Once è un film da non perdere se si vogliono passare due ore a chiedersi cosa stia succedendo, per poi farsi trasportare nell’assurdità delle nostre vite.

Gli spiriti dell’isola 

La gentilezza è un tema ricorrente anche ne Gli spiriti dell’isola, suggestiva pellicola irlandese del regista Martin McDonagh, autore di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri.

L’ingenuo e positivo Padraic si trova spiazzato dall’improvviso atteggiamento ostile del suo caro amico Colm, compagno di bevute in taverna, che ha deciso di non rivolgergli più la parola. Il protagonista si chiede proprio come si possa smettere di essere gentili e sostiene che lui si ricorderà dei suoi cari per questa qualità.

Invece, il burbero Colm afferma che la gentilezza non è qualcosa che dura nel tempo, in contrasto con l’arte, che rimane sempre. D’altronde, insiste lui in un acceso e profondo dibattito al pub, grandi artisti come Beethoven non sono stati certo rimasti nella storia per le loro carinerie. Ragion per cui Colm decide di dedicarsi al violino e non perdere tempo prezioso, che scivola via ogni giorno. Non desidera più intrattenersi in conversazioni futili che intavola il suo amico, definito ormai “noioso”. 

Con una sceneggiatura impeccabile che indaga i sentimenti più umani e genuini, la storia si svela piano piano, mostrando lo sviluppo e il cambiamento interiore del protagonista, che imperterrito prova a far cambiare idea al suo amico. Assistiamo quindi alla disillusione di Padraic, incredulo di fronte agli eventi che si susseguono e che prendono una piega assurda e inaspettata.

Una commedia certamente grottesca che contiene alcuni dialoghi molto divertenti, non solo tra i due protagonisti ma anche tra Padraic e Siobhan, l’impavida sorella che fa da mediatrice tra i due. Anche il giovane Dominic, altro personaggio secondario, è ben caratterizzato e ci regala una scena di una grande tenerezza durante il film. Il fattore comico deriva anche dal modo di porsi dei personaggi e dal caratteristico accento irlandese che rende le battute più spiritose. Non che ci vogliano necessariamente le parole per strappare un’amara risata, anche semplicemente le folte espressioni di Colin Farrell, che non passano di certo inosservate. 

Inoltre, ciò che conferisce al film quest’aria pacifica è la fotografia che dipinge uno sperduto villaggio fatto di immense colline e piccole casette, in contrasto con la guerra civile nel 1923 che si svolge sullo sfondo. Vi è un forte legame con la natura e gli animali, che diventano anche il pretesto per l’escalation finale.

Ci sono alcune cose da cui non si può andare avanti, anzi è un bene a volte, come sostiene Padraic alla fine: la visione di questo film rientra tra queste. 

Women Talking 

Un altro film che lascia poco spazio all’azione e più alla parola è sicuramente la preziosa pellicola Women Talking di Sarah Polley. Il titolo è già esplicativo del suo contenuto: il film ruota intorno ad alcune donne che discutono tra loro, per una conclusione che cambierà le loro vite. 

È il 2010 e ci troviamo nella colonia di Manitoba,in Bolivia, in un’isolata comunità di Mennoniti, fedeli di una chiesa anabattista. Dalle prime inquadrature, che riprendono una donna piena di ferite che sta dormendo, si capisce che è successo qualcosa. Scopriamo infatti che le donne della colonia sono state drogate da un tranquillante per mucche e abusate sessualmente dagli uomini del villaggio.

Il film però non mostra mai direttamente le violenze subite, ma le ripercussioni che esse hanno sul corpo e sulla psiche delle vittime (un dettaglio che fa capire che il film è stato scritto e diretto da una donna). Gli uomini sono stati messi in prigione ma si organizzano per essere rilasciati su cauzione due giorni dopo; per tale motivo le donne della colonia hanno poco tempo per decidere se rimanere lì oppure andare via.

Ogni personaggio offre una propria prospettiva sull’accaduto e sul futuro della comunità. Troviamo Ona che è rimasta incinta dopo essere stata violentata e che vota per rimanere nella colonia e cambiare le regole; Salome che assiste la figlia, anche lei vittima di stupro; e Mariche, convinta che l’unica via sia quella del perdono. Influenzate dalla religione, queste donne mettono in dubbio le proprie convinzioni e arrivano anche a credere che sia stato tutto frutto della loro immaginazione. 

Altro aspetto importante è il fatto che queste donne non hanno mai avuto accesso a un’istruzione, dunque non sanno né leggere né scrivere e per questo motivo si affidano ad August, l’insegnante del villaggio e unico uomo che rimane a gestire la conversazione. Conversazione che non è sempre tesa ma intervallata da momenti più leggeri e comici che si sposano bene con l’ambiente bucolico in cui la storia è ambientata. 

Questi dialoghi e riflessioni, il punto forte della sceneggiatura, non risultano mai finti o meccanici ma onesti e stimolanti, per i personaggi e per chi sta osservando la scena. Ciò è reso possibile anche da un cast eccezionale di grandi attrici (tra cui Jessie Buckley, Rooney Mara e Claire Foy) che danno spessore alle loro battute. «Perchè l’amore, l’assenza d’amore, la fine dell’amore, il bisogno di amore risultano in così tanta violenza?» si chiede Ona con pacatezza, in un sentito sfogo con August. 

Il film, grazie a tutti questi fattori, non risulta pesante ma ci accompagna nella scoperta della decisione finale di queste donne, donne che desiderano essere prese in considerazione, auspicano di creare loro stesse le regole di un nuovo mondo, in cui possano essere libere studiare, di viaggiare, semplicemente di pensare. Women Talking è uscito in Italia proprio l’8 marzo: il miglior augurio è che questo mondo non resti soltanto un’utopia.


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