Il tempismo di Giorgia Meloni
Impostare la discussione sul “fascismo al potere” può far perdere di vista dei dati incontrovertibili: fascismo o non-fascismo, la candidata di punta del centrodestra, Giorgia Meloni, porta con sé messaggi che saziano la folla.
Sguaiata ai limiti del populismo quando scende in piazza, si trasforma in statista seria e controllata quando si tratta di parlare con la stampa internazionale. Sa bene per chi vale la pena spendere la sua cultura e, coerentemente con quanto professa, non siamo noi elettori.
Dichiara di non essere fascista in tutte le lingue (forse l’avrà detto anche in italiano), per tranquillizzare un’opinione internazionale che si deve lavare la coscienza davanti all’avvento democratico di una personalità troppo di destra per non destare preoccupazioni.
Il rapporto tra Fratelli d’Italia e il fascismo è più una realtà storica che un’opinione, dato che il partito è il pronipote diretto del Movimento Sociale Italiano, di cui mantiene ancora la fiamma tricolore nel simbolo. Eppure, per la maggioranza della stampa internazionale, è bastato un video multi-lingua per parlare di “abiura”.
Forse, però, gli italiani il fascismo lo conoscono meglio e, per fortuna, alcuni protestano. Lo fanno salendo sul palco accanto a lei per rivendicare i propri diritti, come il ragazzo di Cagliari qualche settimana fa. Lo fanno con manifestazioni pacifiche che finiscono con cariche della polizia, com’è successo a Palermo il 20 settembre.
Non è l’etichetta fascista, sono i valori
La classe dirigente di Fratelli d’Italia deve fare i conti con troppi episodi caratterizzati da un perverso rapporto con quel “fascismo delle origini”, così come con i movimenti neofascisti. E quando i giornali si concentrano di meno sull’etichetta del leader e vanno a sottolineare l’impresentabilità tra le fila del partito, emerge un portato valoriale innegabile.
Citando Leonardo Bianchi su Vice, «a sentire Giorgia Meloni e i suoi dirigenti, Fratelli d’Italia è lontano anni luce dal fascismo [..] Ma l’immagine proposta al momento è molto diversa» stando a un elenco imbarazzante di saluti romani, foto in divisa da nazista, cene fasciste, e il sostegno manifesto di partiti e movimenti apertamente neofascisti.
Come fa notare Matteo Pascoletti su Valigia Blu «Meloni per “abiurare” deve ricorrere a reticenze, perifrasi o falsi sillogismi, come con lo Spectator: “Se fossi fascista, direi di essere fascista». Senza contare quelle affermazioni surreali come “il fascismo è morto con Mussolini” – e continua Pascoletti – «Come se Mussolini fosse stato una specie di capo-vampiro: una volta sconfitto, la progenie è scomparsa, il castello in cui abitava è crollato».
Ma se lo schieramento di Meloni e FdI è così evidente, perché vincerà le elezioni?
Potrebbe trattarsi solo di un ottimo tempismo. Le elezioni del 25 Settembre si posizionano in un momento di estrema instabilità geopolitica ed economica. Le famiglie hanno paura di trovare le bollette nella cassetta delle lettere. L’arrivo dell’inverno, con le restrizioni sull’utilizzo del riscaldamento, fanno sentire la guerra fin troppo vicina.
Le manovre della BCE per contenere l’inflazione, con il continuo aumento dei tassi d’interesse, rendono difficile progettare il futuro. Giorgia Meloni, con le sue promesse di giustizia, cristianità, libertà e patriottismo, cavalca l’onda della paura promettendo una stabilità che non potrà garantire. D’altra parte sono molte le storie di autoritarismo nate così: con la persona sbagliata pronta ad approfittare del momento sbagliato.