Unione Europea, è tempo di espansione economica

Il Coronavirus è stato un cigno nero che ha colpito duramente la tenuta del sistema economico europeo. Qual è la situazione odierna? Quali sono le sfide per il futuro?


È il primo trimestre del 2020 e un cigno nero si aggira per il mondo: il Coronavirus. L’espressione “cigno nero” è stata portata alla ribalta dall’accademico libanese Nassim Nicholas Taleb nel suo celebre saggio pubblicato nel 2017 dal titolo “The Black Swan: The Impact of the Highly Improbable”. 

In realtà, questa metafora affonda le sue radici nel I-II secolo d.C., quando il poeta latino Giovenale ricorse a questa immagine per descrivere un evento impossibile o comunque altamente improbabile: «rara avis in terris, nigroque simillima cygno».

Taleb, nel suo saggio, spiega che un evento può essere definito un “black swan” solo se possiede tre caratteristiche:
– deve essere un evento raro, che non rientra nelle normali aspettative;
– deve avere un impatto enorme;
– deve essere un evento imprevedibile.

L’autore libanese si pone l’obiettivo di spiegare il ruolo sproporzionato che questi accadimenti isolati ricoprono nella dinamica degli eventi e come, proprio per la loro imprevedibilità, sono destinati a stravolgere ogni cosa, mettendo in discussione paradigmi consolidati e cambiando il corso della storia.  

L’epidemia che è scoppiata nel corso del 2020, seppur prevedibile, ha trovato il mondo del tutto impreparato, dimostrando ora dopo ora che nessuno era pronto a fronteggiare una minaccia così grave. Nonostante la considerazione sulla sua prevedibilità, il Coronavirus rientra senz’altro in quegli eventi definibili “cigno nero”, data la portata dei suoi effetti e per l’enorme impatto che ha avuto a tutti livelli delle nostre vite, insidiando la tenuta dell’economia globale.

Nel suo saggio Taleb pone l’accento anche sull’importanza della valorizzazione della capacità di reagire, piuttosto che della resistenza allo shock, ipotizzando come da un evento di eccezionale impatto, che ha determinato la rottura dei preesistenti equilibri, si possa generare nuovo valore attraverso un processo di evoluzione dei modelli di business. Ciò porterebbe alla trasformazione del cigno: non più un cigno nero, ma un cigno bianco.

Possiamo asserire con estrema certezza che in Europa, e in una visione di più ampio respiro anche in gran parte del resto del mondo, è in corso la trasformazione del cigno. Non si sta resistendo allo shock. Si sta reagendo. Esempi di questa reazione sono:

– lo smart working, che da modalità di innovazione non realizzata dalle aziende, benché normata, è diventata lo strumento per la tenuta economico-occupazionale, soprattutto nei periodi di maggior tensione;

– l’ecommerce, passato da strumento utilizzato solo dai grandi player attraverso le loro piattaforme internazionali (ad esempio Amazon) a uno strumento che rapidamente ha conosciuto la diffusione su grande scala anche per le piccole realtà, determinando inoltre un ripensamento dei modelli di produzione e vendita; 

– i servizi di delivery, diventati pratica alternativa per numerosissime categorie (su tutte, ristorazione e commercianti al dettaglio).

È indubbio che, congiuntamente a tutte le misure di sostegno messe in atto, la capacità di reagire ha giocato un ruolo fondamentale sia nella tenuta dell’economia nei momenti più critici della pandemia Covid-19, sia nell’avvio della ripresa economica.

UE, dalla ripresa all’espansione

Focalizzando la nostra analisi esclusivamente sul contesto economico dell’Unione Europea, lo scoppio della pandemia Covid-19 ha arrestato bruscamente il trend di crescita dell’economia comunitaria che dopo la crisi del 2008, soprattutto tra il 2014 e 2019, aveva fatto registrare ottimi risultati. Nello specifico, stante le rilevazioni dell’Eurostat nel suo annuario che rappresenta le cifre chiave sull’Europa, nel 2020 il prodotto interno lordo dell’UE ha subito una significativa flessione, pari al -6,1 per cento, attestandosi a 13.306 miliardi di euro.

Osservando i dati con maggiore granularità, possiamo notare come nel secondo trimestre del 2020, epicentro della crisi ancora orfana della maggior parte delle misure di sostegno all’economia messe successivamente in atto, si è assistito, rispetto ai livelli osservati nell’ultimo trimestre del 2019, a una variazione del PIL degli Stati membri, che va dal -7 per cento della Finlandia fino al -22 per cento della Spagna.

Dall’analisi dei dati elaborati dalla Oxford Economics emerge come la resilienza dei Paesi europei sia principalmente funzione della loro struttura economica. Infatti, gli Stati del Sud Europa, fortemente dipendenti dal turismo, hanno subito un duro colpo, mentre i Paesi del nord Europa, concentrati sull’industria, hanno registrato perdite di PIL inferiori.

A distanza di quasi due anni, la ripresa economica in tutta l’Eurozona procede, seppur a velocità diverse, a un ritmo molto sostenuto. Secondo le stime elaborate dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale entro l’inizio (o al massimo la metà) del 2022 ogni economia dell’eurozona tornerà ai livelli pre-pandemia, fatta eccezione per la Spagna.

Tale trend di crescita economica è confermato dalle Previsioni economiche d’autunno 2021 pubblicate lo scorso 11 novembre da parte della Commissione europea. Già dalla scorsa primavera l’effetto congiunto della progressiva revoca delle restrizioni messe in atto in precedenza con il sempre migliore stato di avanzamento della campagna vaccinale, ha determinato la ripresa della crescita economica che è proseguita, senza interruzioni, anche nel periodo estivo.

Tale dinamica può apparire più chiara se analizziamo alcuni dei key performance indicator più rappresentativi che sono rappresentati nelle previsioni di autunno: il Pil, il tasso di crescita, i livelli di occupazione/disoccupazione collegati al mercato del lavoro e il disavanzo aggregato.

Una espressione diretta delle dinamiche appena esposte è senz’altro riscontrabile nell’andamento del PIL all’interno dell’UE. Nel secondo trimestre del 2021 si registra un tasso di crescita del PIL pari al 14 per cento su base annua, un vero e proprio rimbalzo a V, se paragonato al secondo trimestre del 2020. Tale dato rappresenta il più elevato mai registrato. 

Secondo le proiezioni della Commissione europea, la fase espansiva dell’economia dell’UE continuerà nel prossimo triennio, raggiungendo un tasso di crescita del 5 per cento, del 4,3 per cento e del 2,5 per cento rispettivamente nel 2021, 2022 e 2023. Tali proiezioni, se paragonate a quelle fornite lo scorso maggio dalla stessa Commissione nell’ambito delle Previsioni economiche di primavera 2021, ci forniscono una interessante informazione: l’economia dell’UE si sta riprendendo più rapidamente del previsto. 

Infatti, le previsioni di autunno rispetto a quelle di primavera presentano una revisione migliorativa delle proiezioni 2021 e 2022 (nelle previsioni di primavera era assente la proiezione 2023), con variazioni rispettivamente pari al +0,6 per cento (5 per cento contro 4,4 per cento precedentemente stimato) e +0,1 per cento (4,4 per cento contro 4,3 per cento precedentemente stimato).

Il livello di indebitamento di ogni Paese dopo lo scoppio della pandemia ha subito un significativo aumento in funzione del sostegno pubblico che è stato fornito a famiglie e imprese, sostegni che sono stati fondamentali per attenuare l’impatto della pandemia sull’economia globale.

Le misure di sostegno e il funzionamento degli stabilizzatori automatici dovrebbero rientrare con il protrarsi della fase di espansione economica. Questo dovrebbe produrre effetti in termini di riduzione del disavanzo aggregato nell’UE già a partire dal 2021, ma soprattutto nel 2022 e nel 2023. Infatti, rispetto al 6,9 per cento del PIL raggiunto nel 2020, il disavanzo aggregato nell’UE dovrebbe ridursi dapprima al 6,6 per cento nel 2021 per poi quasi dimezzarsi nel 2022, attestandosi a circa il 3,6 per cento del PIL, per ridursi ulteriormente fino al 2,3 per cento nel 2023.

Il miglioramento delle prospettive di crescita nelle previsioni di autunno rispetto a quelle di primavera determina un miglioramento dei disavanzi. Infatti, nelle stime di autunno rispetto a quelle di primavere assistiamo a una revisione migliorativa delle proiezioni 2021 e 2022, con variazione rispettivamente pari al -0,9 per cento (6,6 per cento contro 7,5 per cento precedentemente stimato) e -0,4 per cento (3,6 per cento contro 4,0 per cento precedentemente stimato).

Stando ai dati del secondo trimestre 2020, il mercato del lavoro – seppur ancora il numero totale di occupati nell’UE è inferiore dell’1 per cento rispetto al livello pre-pandemia – è in netto miglioramento. Nel periodo in esame, l’economia dell’UE è stata in grado di creare circa 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro, un dato davvero interessante se letto soprattutto contestualmente all’uscita di molti lavoratori dai regimi di mantenimento dell’occupazione.

La Commissione europea stima che l’occupazione nell’UE crescerà a un tasso dello 0,8 per cento, dell’1 per cento e dello 0,6 per cento rispettivamente nel 2021, 2022 e 2023. Le previsioni indicano che il livello occupazionale supererà quello pre-crisi nel corso del 2022 e passerà alla fase di espansione nel 2023.

Le previsioni di autunno, sul tema del mercato del lavoro, indicano inoltre che la disoccupazione nell’UE scenderà dal 7,1 per cento nel 2021 al 6,7 per cento nel 2022, raggiungendo quota 6,5 per cento nel 2023. Anche in questo caso, rispetto alle previsioni fatte lo scorso maggio, assistiamo a una revisione migliorativa delle proiezioni 2021 e 2022, pari al -0,5 per cento (7,1 per cento contro 7,6 per cento precedentemente stimato) e -0,3 per cento (6,7 per cento contro 7,0 per cento precedentemente stimato).

Le sfide del futuro

Il quadro fin qui delineato dimostra come l’economia europea stia passando dalla fase della ripresa a quella dell’espansione. Come ribadito da Paolo Gentiloni, Commissario per l’Economia, in occasione della presentazione delle previsioni di autunno:

«una risposta politica senza precedenti ha attenuato l’impatto della pandemia sui lavoratori e sulle imprese e, a partire dalla scorsa primavera, una campagna di vaccinazione riuscita ha consentito la riapertura delle nostre economie, determinando un’impennata della crescita, che a sua volta sta contribuendo a stabilizzare le nostre finanze pubbliche. E con il sostegno di Next Generation EU, gli investimenti pubblici sono destinati a raggiungere il livello più elevato da oltre un decennio».

In questa importante fase economica, l’UE dovrà essere in grado di affrontare i numerosi potenziali ostacoli che potrebbero complicare il cammino del convoglio europeo, tra i quali: un potenziale aumento dei contagi, soprattutto nelle zone in cui il tasso di vaccinazione è relativamente basso; un incremento dell‘inflazione, dovuto in larga misura all’impennata dei prezzi dell’energia; le interruzioni nella catena di approvvigionamento.

Va inoltre tenuto conto dell’attuale contesto politico molto complesso che da qui a breve vivrà alcuni momenti molto importanti come la nascita del nuovo Governo tedesco, l’elezione del Presidente della Repubblica italiana (che potrebbe portare a una ridefinizione, tra l’altro, del ruolo di Mario Draghi), l’elezione del Presidente della Repubblica francese.

Questa stagione elettorale potrebbe modificare, e non poco, gli assetti politici dei Paesi sopra citati, il che avrebbe degli inevitabili effetti all’interno dello scacchiere comunitario. Dopo la fine dell’era Merkel, l’UE è in cerca di una rinnovata leadership capace di garantire una guida stabile all’interno dell’Unione e queste elezioni potrebbero essere un’occasione da cogliere.


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