Processo caso Regeni, la “battuta d’arresto” della Corte d’Assise

La nuova sentenza sul caso Regeni lascia aperti dubbi e perplessità relativi alla sospensione del caso da parte delle terza Corte d’Assise di Roma: la giustizia farà il suo corso?


Il 14 ottobre, giorno dell’udienza della terza Corte d’Assise di Roma, si è rimasti con il fiato sospeso in attesa del pronunciamento della Corte sul caso relativo al sequestro, alle torture e all’omicidio di Giulio Regeni. A seguito di un lungo dibattimento, la Corte si è espressa dichiarando il processo sospeso.

La tragica vicenda dell’omicidio di Giulio Regeni non è percepita come una semplice battaglia legale piuttosto come un processo sui diritti umani e per i diritti umani, da cui ci si attende il giusto epilogo attraverso una sentenza adeguata e proporzionata. 

La scelta della Corte è stata a lungo discussa perché la risonanza mediatica e la rilevanza internazionale del caso hanno scosso l’opinione pubblica. Molti hanno, infatti, contestato la decisione perché le aspettative su una sentenza puntuale e precisa erano alte e quest’ultime sono state, almeno momentaneamente, disattese.

È opportuno ricordare che la delicatezza e l’intensità circostanziale del caso richiedono la massima attenzione per rifuggire ogni possibile errore o inesattezza.  La Corte è stata chiamata a rispondere sulla questione relativa all’assenza degli imputati, ex agenti della National Security egiziana (Nsa): il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi e Athar Kamel e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif.  

I quattro ex agenti dei servizi segreti non erano presenti in tribunale e la mancata presentazione e notifica degli atti impedisce, difatti, l’avvio del procedimento. Gli atti non sono stati notificati perché il domicilio dei quattro ex agenti non è stato fornito e, in questo senso, lo Stato egiziano non si è dimostrato collaborativo, poiché non ha fornito il corretto supporto nel reperimento di tali informazioni personali.

La scelta della Corte sulla sospensione del processo è da ricondurre proprio a questa mancanza. Nello specifico, la Corte ha agito tenendo in considerazione l’esistenza dell’articolo 420 bis del codice di procedura penale. 

Il suddetto articolo è alla base della decisione della sospensione perché disciplina le procedure da adottare in caso di assenza dell’imputato. Risulta difficile stabilire con assoluta certezza se l’assenza degli imputati sia interpretabile come una rappresentazione di una volontà che possa celare una qualche forma di strategia per non comparire di fronte alla Corte o se, invece, sussistano delle irregolarità nelle comunicazioni effettuate nei loro confronti.

La scelta della Corte è data per l’appunto da questa incertezza, secondo quanto specificato dall’articolo 420 bis, ‹‹la probabilità che l’imputato non abbia avuto conoscenza dell’avviso è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione››.

La sospensione del processo è dimostrazione di un’accortezza dei giudici della Corte nel dimostrare l’assoluta devozione e lealtà ai principi democratici. L’Italia dimostra che il rispetto dei diritti umani è in qualsiasi circostanza la priorità, pertanto anche in questo caso bisogna garantire agli imputati la conoscenza di un procedimento a loro carico, sebbene il coverage mediatico potrebbe lasciare davvero pochi dubbi sulla notorietà del processo stesso.

Questa, dunque, è stata la linea adottata dalla Corte. Una posizione di assoluta coerenza nel rispetto dei valori di uno Stato democratico, in cui si vogliono rimarcare i confini che tratteggiano e caratterizzano i principi di uno Stato di diritto da quelli di uno Stato che fin dalle prime indagini non si è dimostrato incline ad alcuna collaborazione per l’ottenimento della verità e della giustizia per la morte di Giulio Regeni. 

La sentenza della Corte vuole tendere al rispetto dei valori che ci contraddistinguono come Paese, tutelando il diritto al contraddittorio delle parti chiamate in causa. Alessandra Ballerini, avvocato della famiglia Regeni ha commentato la decisione della Corte definendola solo come ‹‹una battuta d’arresto››, perché nulla impedirà il naturale corso della giustizia. 

Bisognerà attendere ancora qualche mese, in cui verranno fatte ricerche sull’effettiva conoscenza del caso da parte degli imputati. Non stiamo assistendo a un diètro frónt, ma quello volto ad accertare la verità sulla morte di Giulio Regeni, piuttosto, è un procedimento in cui la giustizia italiana si sta dimostrando impegnata e coinvolta nel non commettere errori. 

La rilevanza nazionale e internazionale del processo che ha scosso l’opinione pubblica, evidenzia come tutti – nessuno escluso – vogliano che questa tragica storia si concluda con un’unica parola: giustizia.


Immagine in copertina di Comune di Milano

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