Shell Nigeria deve risarcire gli agricoltori del Delta del Niger

Shell Nigeria dovrà risarcire gli agricoltori nigeriani che per primi intentarono una causa contro la multinazionale del petrolio per inquinamento da idrocarburi nella regione del Delta del Niger. 


Tempi duri per le multinazionali del petrolio: già da diversi anni, il loro operato viene messo in discussione dall’opinione pubblica e dagli innumerevoli movimenti ambientalisti nati a livello globale. Come se non bastasse, negli ultimi giorni del mese scorso è stata emessa una sentenza storica dalla Corte d’Appello dell’Aja contro Shell Nigeria, corporate del gruppo olandese.

Questo verdetto costituisce un precedente unico nella storia della Royal Dutch Shell e delle multinazionali che operano nello stesso settore: Shell Nigeria dovrà risarcire gli agricoltori nigeriani che per primi intentarono una causa per inquinamento da idrocarburi nei villaggi di Goi, Oruma e Ikot Ada Udo nella regione del Delta del Niger. 

I fatti risalgono al periodo che va dal 2004 al 2007. La contaminazione del territorio dovuta a una perdita in un oleodotto della multinazionale olandese ha reso la terra del Delta del Niger improduttiva e infertile, arrecando ingenti danni alle popolazioni che in quella regione vivono di agricoltura, lasciandole prive di mezzi di sostentamento e abbassandone notevolmente l’aspettativa di vita, inferiore di dieci anni rispetto al resto della nazione. 

Nonostante i fatti portati in giudizio nel 2008 siano circoscritti ad un arco temporale preciso, i quattro querelanti – Barizaa Dooh, Elder Friday Alfred Akpan, Chief Fidelis A Oguru e Alali Efanga  – supportati dalla rete della ong Milieudefensie, hanno raccontato come le origini del problema che concerne la presenza delle multinazionali del petrolio nel sud-est della Nigeria possano essere fatte risalire almeno agli anni Settanta. 

La Corte d’Appello olandese, nel corso di questi 13 anni, ha raccolto sufficienti prove che dimostrano come la perdita di petrolio nei pressi del villaggio Ikot Ada Udo sia frutto di un sabotaggio, diversamente dai problemi di scarsa manutenzione degli oleodotti rinvenuti nei territori di Goi e Oruma. Qualunque sia la causa degli sversamenti – di cui sono chiamate a rispondere sia la compagnia olandese che il braccio operativo nigeriano – per la prima volta un tribunale europeo ha ritenuto una multinazionale con sede legale in un Paese membro, responsabile per il suo duty of care all’estero.  

shell nigeria

Il dovere di diligenza non rappresenta solamente un vincolo morale, ma anche un obbligo legale che richiede l’adesione a uno standard di ragionevole cura durante l’esecuzione di un qualsiasi atto che potrebbe prevedibilmente danneggiare terze parti. In virtù del riconoscimento delle gravi omissioni e irregolarità commesse da Shell nell’applicazione del proprio duty of care, la sentenza può avere grande risonanza oltre i confini nigeriani in termini di responsabilità di cui le multinazionali del petrolio devono farsi carico nei luoghi in cui intervengono: sia nei confronti delle persone, sia nei confronti del territorio. 

Shell Nigeria e la sorella maggiore olandese – secondo il verdetto della Corte d’Appello dell’Aja – dovranno impiegare negli anni a venire un quantitativo ragionevole di risorse umane ed economiche per ripulire i territori contaminati nel Delta del Niger, risarcire gli agricoltori e le famiglie per le perdite pagando anche una somma a copertura dei danni, e infine occuparsi dell’installazione delle apparecchiature necessarie per evitare eventuali danni futuri. 

L’ammontare del risarcimento non è ancora stato stabilito, tuttavia gli agricoltori coinvolti – due dei quali hanno lasciato il testimone della lotta ai figli, a causa di una morte prematura – si dicono soddisfatti del risultato raggiunto e delle implicazioni che avrà in casi simili. La Shell dovrà occuparsi anche di ripulire e bonificare le aree colpite dagli sversamenti, ripristinando la produttività del terreno. Questa sentenza ha dato speranza alla popolazione nigeriana, che crede ancora nella forza della giustizia e della legge, come ha dichiarato ai microfoni di BBC News Princewill Efanga, figlio di Alali Efanga.

Anche l’ong Milieudefensie – distaccamento olandese dell’associazione Friends of the Earthnella persona del direttore Donald Pols, si è dichiarata estremamente soddisfatta del risultato raggiunto dopo anni di lotte: non solo la Shell è stata ufficialmente riconosciuta responsabile dei danni causati, ma sulle sue casse ricadrà il compito di installare un sistema che riveli le perdite degli oleodotti, in modo da prevenire disastri ambientali. 

Tuttavia, questa sentenza rappresenta un punto di partenza piuttosto che di arrivo: ciò che si rivela necessario è una legislazione a livello internazionale che renda vincolante il duty of care delle multinazionali europee all’estero e protegga le vittime di questi disastri. 


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