OMS: «Sud America nuovo epicentro della pandemia»

 
 

Secondo le ultime dichiarazioni da parte dell’OMS, il Sud America “è un nuovo epicentro” della pandemia di coronavirus. La situazione, già particolarmente allarmante agli inizi di aprile, si sta velocemente trasformando in una potenziale catastrofe; con particolare riferimento al Brasile, paese più colpito, devastato da povertà estrema e dove sussistono le più gravi disuguaglianze sociali di tutto il continente.

Michael Ryan, responsabile OMS per le emergenze, ha di recente dichiarato: «L’America del Sud è diventata un nuovo epicentro della malattia. Vediamo il numero dei casi aumentare in molti Paesi sudamericani. C’è preoccupazione per diversi di quei Paesi ma chiaramente il più toccato è il Brasile».

Il gigante sudamericano guidato dal Presidente Jair Bolsonaro, già verso la fine dello scorso mese di marzo risultava essere il paese più colpito dall’epidemia; anche e soprattutto a causa della pessima gestione dell’emergenza da parte del governo presieduto dall’ex militare. Negli ultimi 15 giorni il Brasile ha visto raddoppiare il numero di vittime, per un totale di 310 mila contagi confermati. Tra giovedì e venerdì scorso, secondo le stime fornite dal Ministero della Salute, sono stati registrati oltre 1800 decessi, il cui numero totale sale a 20.047. Il 9 maggio il paese registrava circa 10 mila vittime.

Oltre la tremenda emergenza sanitaria e sociale, il Brasile sta affrontando una crisi politica che ha portato già da qualche settimana Bolsonaro al centro della bufera. Ieri, la Corte Suprema brasiliana ha diffuso sul proprio sito un video in cui il presidente brasiliano sembra voler cercare di destituire il capo della Polizia Federale, ed interferire con i lavori della stessa. Il video risale al 22 aprile scorso, e dura circa due ore.

«Ho già provato a cambiare la nostra sicurezza a Rio de Janeiro e non ci sono riuscito. Non aspetterò che la mia famiglia e i miei amici vengano fottuti perché non riesco a sostituire qualcuno alla fine della lista. Se non si può cambiare lui, si cambia il suo capo, se non si può cambiare il suo capo, si cambia il ministro. Punto. Qui non si scherza». Questo è una parte di ciò che Bolsonaro afferma all’interno delle conversazioni estrapolate dal video.

Il caso è scoppiato ufficialmente il 24 aprile, giorno in cui Sergio Moro (il giudice che incarcerò Lula da Silva), ex ministro della Giustizia del governo Bolsonaro, ha rassegnato le sue dimissioni. La scelta da parte di Moro è stata motivata dalle presunte pressioni da parte del presidente brasiliano nel voler cambiamenti ai vertici della Policía Federal. Bolsonaro, sembrerebbe aver chiesto la nomina di qualcuno più di fiducia, che avrebbe quindi permesso al presidente una forte intromissione nelle indagini riservate della magistratura brasiliana.

Bolsonaro, tramite Facebook, ha cercato di difendersi dichiarando che si stava riferendo al capo della sua guardia personale di sicurezza. Una volta terminate le indagini, il Procuratore Capo dovrà decidere se incriminare o meno O Presidente.

La situazione nel resto del Sud America

Il Perù, all’interno della triste classifica dei Paesi più colpiti dal coronavirus in America del Sud, si piazza al secondo posto, subito dopo il Brasile. Lima dichiara oltre 100 mila casi e circa 3100 decessi. Particolarmente colpiti dalla pandemia risultano i gruppi minoritari appartenenti alle nazionalità indigene del Paese. Si parla di circa 5 milioni di persone.

Le situazioni più gravi sono state registrate nel Valle Sagrado de los Incas, più precisamente nella comunità indigena di Willoq, nei pressi della città di Cusco; ed in Amazzonia, dove su una popolazione totale di 400 mila indios, ne sono attualmente deceduti 45 a causa del virus. Nel Dipartimento di Loreto invece il sistema sanitario è al completo collasso: 2300 casi complessivi, per un totale di oltre mille decessi.

Le minoranze indigene sono una fascia di popolazione tremendamente a rischio. Nonostante ciò il Ministero della Salute peruviano, nei suoi rapporti, non tiene conto della componente etnica, e dunque nessuno sa dire con esatta certezza quanti siano esattamente i contagiati totali tra le comunità indios. Il governo centrale ha impiegato quasi due mesi per disporre, tramite decreto legislativo, misure generiche di protezione. Il virus avanza inesorabile all’interno di gruppi etnici che si difendono come possono, quasi completamente dimenticati dal governo centrale.

In Ecuador come in Perù, i gruppi più a rischio sono rappresentati dalle minoranze indigene. Il Paese ha registrato 1600 morti totali, ed oltre 131 mila casi di persone infette. Per paura dell’avanzare del virus molti indios si sono rifugiati nelle zone interne della foresta pluviale, dove però sono esposti ad un altro enorme rischio: quello della deforestazione.

Le tribù di indios non hanno difese immunitarie, né mezzi per arginare l’inevitabile avanzata del virus. L’enorme carenza di strutture e personale sanitario specializzato, nonché l’abbandono anche in questo caso da parte del governo centrale, rischiano di provocare un vero e proprio genocidio tra le popolazioni indigene.

In Bolivia, la Presidente interna Jaenine Añez, è la principale accusata della terribile gestione dell’emergenza sanitaria. Il Paese andino conta ad oggi più di 5 mila casi confermati ed oltre 200 deceduti; la maggior parte dei quali provengono dal Dipartimento di Santa Cruz de la Sierra, la città più ricca e popolosa della Bolivia.

Nella bufera anche il Ministro della Salute boliviano Marcelo Navajas, accusato di aver proceduto all’acquisto di respiratori dalla Spagna. Attualmente due direttori sanitari del suo ministero sono in carcere con l’accusa di corruzione. L’acquisto era avvenuto tramite dei prestiti da parte del Banco Interamericano de Desarrollo (BID). Al momento, due funzionari della banca sono anch’essi detenuti con l’accusa di corruzione.

Il coronavirus, e la conseguente pandemia, hanno di nuovo messo in risalto le forti incompetenze di alcuni governi e le enormi disuguaglianze sociali che affliggono il continente; nonché la grande instabilità politica che domina la maggior parte dei paesi del Sud America.