Il Teatro Santa Cecilia, tempio palermitano del jazz

Il Regio Teatro Santa Cecilia è oggi il riferimento principale per tutti i palermitani appassionati del jazz, dal momento che dal 2010 è la sede della Fondazione “The Brass Group”. Ma le vicende storiche che hanno reso possibile la rinascita di questo teatro sono state piuttosto controverse. Oggi le ripercorriamo insieme, per poter apprezzare più consapevolmente il dono ineguagliabile che rappresentano i teatri per la nostra comunità cittadina.

Nella zona in cui oggi sorge il Teatro Santa Cecilia sin dal 1300 sorgeva un mercato gestito dalla comunità ebraica. Sono stati ritrovati infatti, proprio sotto il teatro, i resti di un forno kosher (ossia un forno che produce alimenti che soddisfano i criteri dell’ortodossia ebraica).

Le esigenze che portarono alla costruzione del teatro sorsero solo nel XVII secolo quando l’Unione dei Musici – una corporazione che raccoglieva musicisti e uomini dello spettacolo – avanzò la richiesta di una nuova sede, che era stata dal 1582 ad allora la Chiesa dello Spasimo. Quest’ultima tuttavia, oltre a presentare una struttura decisamente pericolante, ospitava tra l’altro un lazzaretto, condizione che scoraggiava il pubblico aristocratico ad entrare.

Si decise dunque, grazie ai contributi economici della nobiltà locale e del Viceré spagnolo Francesco Paceco de Uzeda (1649-1718), di costruire un nuovo teatro che fosse la nuova sede dell’Unione, che venne inaugurato il 28 ottobre 1693 e intitolato a Santa Cecilia, patrona dei musicisti.

Proprio sul collegamento tra Santa Cecilia e il mondo della musica, occorre precisare che si tratta di una connessione che si è consolidata nel tempo su di un errore di copiatura. La santa, che morì martire al tempo di Papa Urbano I, venne presto associata al mondo della musica per le parole di un canto in latino che recita: “Cantantibus organis, Caecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat” – che significa – “Mentre gli strumenti musicali suonavano, Cecilia cantava a Dio interiormente”.

Tuttavia, sembra che nei codici più antichi risulti che il canto deriva da una copiatura sbagliata e che in realtà la frase corretta fosse “Candentibus organis, Cecilia virgo in corde suo soli Domino decantabat” – che ha un senso ben diverso – “Tra gli strumenti di tortura incandescenti, la vergine Cecilia lodava Dio nel suo cuore”.

Pochi anni dopo l’inaugurazione del teatro, nel 1702, venne allestita un’opera del compositore italiano Alessandro Scarlatti dal titolo “Tito Sempronio Gracco”, le cui scene vennero affidate ad uno dei più grandi scenografi italiani del tempo, Ferdinando Galli da Bibbiena. Scarlatti è oggi noto come uno dei maggiori compositori italiani di musica barocca e proprio alla sua memoria dal 10 Agosto 2018 è stato re-intitolato il Conservatorio di Musica (ex Vincenzo Bellini).

Con il terremoto del 1726 venne interrotta l’attività teatrale, che poté riprendere solo nel 1737. La qualità delle opere rappresentate rese il teatro il luogo di ritrovo privilegiato dell’aristocrazia palermitana, che possedeva palchi privati sontuosamente addobbati. Il teatro fu rinnovato una prima volta nel 1787, e una seconda nel 1816, ad opera dell’architetto Giuseppe Ponte che lo attrezzò, tra l’altro, di un meccanismo che consentiva, alla fine dell’opera, di trasformare il teatro in sala da ballo, abbassando il palcoscenico al livello della platea. Soprattutto nel periodo del Carnevale, venivano organizzati infatti dei fastosi balli in maschera alla fine dei quali venivano votati i costumi più belli.

Dopo l’Unità d’Italia, “sfidato” dalla fama del Teatro Bellini e dal nuovo Teatro Garibaldi, il Santa Cecilia entrò in crisi e il sindaco dell’epoca, Antonio Starrabba, nel 1865 lo fece trasformare nel primo café chantant della città. Ma non finisce qui: nel 1875 divenne persino Museo delle Cere, e successivamente venne preso in affitto dalla Filodrammatica del Buon Pastore. Il teatro chiuse definitivamente il 29 aprile 1888, giorno anche dell’ultima rappresentazione. Fu inevitabile il decadimento e il silenzio per diversi anni. Nel 1906 fu acquistato dalla Società Ferri e Metalli e nel 1955 venne acquisito dai fratelli Guajana che lo adibirono a deposito.

La luce tornò nel 2009, quando fu iniziato il restauro del teatro grazie a dei fondi comunitari. Il 9 settembre 2010, l’allora assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Gaetano Armao, insieme al Presidente della Fondazione “The Brass Group”, Ignazio Garsia, hanno infatti firmato la convenzione per l’affidamento del teatro. Nel dicembre 2015, a lavori quasi ultimati, iniziarono già a tenersi alcuni concerti di musica jazz. Nell’aprile 2016 il teatro è tornato definitivamente agibile per ospitare i concerti e gli eventi culturali della Fondazione.

Il Brass Group di Palermo è ad oggi una delle maggiori realtà musicali nazionali. È stato ideato da Ignazio Garsia nel 1974 come gruppo di ottoni – “Brass” significa appunto “Ottone” – ed è, come apprendiamo dal loro sito web, l’unico ente italiano di produzione di musica jazz. «In circa 3000 concerti, la fondazione ha ospitato i maggiori protagonisti della storia della musica afroamericana: Dizzy Gillespie, Miles Davis, Art Blakey, Max Roach, Sun Ra, Ornette Coleman, Chet Baker, Bill Evans, Michel Petrucciani, Dexter Gordon, Joe Henderson, Frank Sinatra, Pat Metheny, Sarah Vaughan. Per un’attività che in quasi quarant’anni ha reso Palermo una delle capitali del jazz europeo».

Attualmente, data l’emergenza Covid-19, sia il Teatro che la Scuola di Musica risultano chiusi e tutti gli eventi rinviati alla prossima stagione invernale. Tuttavia ad un mese dall’importante data del 30 Aprile in cui abitualmente in tutto il mondo si festeggia con eventi e concerti l’International Jazz Day, vi segnaliamo l’evento radioI’ll Tell You the Story of Jazz in 24 Hours” durante il quale il sito «dedica un giorno all’autore e critico musicale Walter Mauro» – come riportato nella pagina ufficiale dell’International Jazz Day.