Non solo Cucchi e Ferragni: le “quote rosa” del decennio

È difficile redigere un bilancio comprensivo di tutti gli accadimenti di questo decennio appena giunto al termine, rocambolesco e intenso: guerre, attentati e rivoluzioni ma anche scoperte scientifiche, eventi e ricorrenze sportive, tra Mondiali e Olimpiadi. È stato il decennio dei due Papi – impensabile dal 1415 – e dell’ascesa di Donald Trump, dei nativi digitali maggiorenni e dello sviluppo di Internet, con la nascita dei social e il consolidamento di nuove professioni a essi legati come quello dell’influencer.

Insomma, nessun campo è stato esente da evoluzioni – ma neanche da involuzioni, sotto molti punti di vista. Moltissimi sono stati i personaggi che si sono susseguiti in questo decennio appena trascorso e che hanno lasciato il segno, in un modo o nell’altro. Ma soprattutto tante sono state le protagoniste. Sì, perché questo è stato anche il decennio delle donne, unite più che mai nella lotta per la parità dei sessi – seppur ancora idealmente lontana: è stata l’era del #metoo, ovvero del movimento contro la violenza sessuale e le molestie, soprattutto quelle subite sul posto di lavoro. Donne che hanno migliorato il mondo con la loro intelligenza, che hanno saputo conquistarsi un posto privilegiato da sempre attribuito agli uomini, donne che hanno portato avanti le loro idee, donne vittime di stereotipi e luoghi comuni che umilmente sono arrivate in alto osservando da lì chi le ostacolava.

È stato il decennio di Ilaria Cucchi, una donna “normale” e “soddisfatta del suo anonimato” la cui vita è completamente cambiata il 22 Ottobre del 2009, giorno in cui morì il fratello Stefano mentre era sotto la custodia dei carabinieri. Morì “quando era in mano dello Stato e per mano dello Stato”. La triste vicenda è ormai parte della storia del nostro paese e, per quanto fosse evidente la realtà dei fatti, solo dopo una lunga battaglia durata dieci anni – ma iniziata con una sconfitta nel 2014, con quel “tutti assolti” riecheggiante nell’aula di tribunale – si è arrivati a un ovvio epilogo: la “sorella di Stefano” che ha lottato per la verità senza mai tirarsi indietro è riuscita, il 14 Novembre 2019, a ottenere la giustizia per la quale si è battuta. Per lei, ma soprattutto per Stefano.

Rimarrà nella memoria di tutti, colpiti soprattutto dall’impatto mediatico della vicenda, l’immagine conclusiva di questa lotta decennale: quella del baciamano a Ilaria Cucchi da parte del carabiniere, un gesto che racchiude un senso di civiltà e ammirazione. Perché in questa vicenda le vittime non sono state solo Stefano e la sua famiglia ma anche tutti coloro che operano per le forze dell’ordine, che hanno lavorato e lavorano onestamente, macchiati ingiustamente di una colpa che non era la loro.

Come detto in precedenza, questo è stato anche il decennio del digitale e dell’affermarsi di nuove professioni, come quella legata al digital marketing. Chi è stata capace di capire il ruolo dei social costruendovi, con l’ausilio di ingegno e cellulare, un piccolo grande “impero economico” è l'”imprenditrice digitale” – come lei stessa si definisce, ma preferiamo chiamarla influencerChiara Ferragni. Il suo blog The Blonde Salad, nato nel 2009, è diventato un account Instagram che consta a oggi di circa 19 milioni di follower e che le è valsa la nomina da parte di Forbes – famosa rivista statunitense di economia – di “influencer più importante del mondo”.

Proprio in relazione a ciò che è stato il suo punto di partenza, la giovane Ferragni è stata invitata nel 2017 alla Harvard Business School incentrando principalmente la lezione sugli aspetti finanziari e di marketing, oltre a mostrare come sia stato possibile trasformare un semplice blog – il cui focus era l’abbigliamento e consigli di viaggi – in un’azienda da milioni di dollari di fatturato. Da The Blonde Salad, infatti, è nato un brand d’abbigliamento i cui risultati hanno “rivestito” la Ferragni di numerosi riconoscimenti tra i quali, nel 2016, l’inserimento nella classifica annuale stilata (anche questa) da Forbes dei “300 giovani imprenditori più intelligenti”. Amante della moda ha saputo, dunque, coniugare strategicamente la sua passione con i nuovi mezzi di comunicazione, dando vita a una nuova “narrativa estetica”. Basta scorrere le foto del suo profilo social per rendersene conto.

Rimanendo nel campo della moda, ma tornando a una visione più tradizionale della stessa, si distingue nel 2016 “un’italiana che siede sul trono di Francia”. No, non è stata ripristinata nessuna monarchia: stiamo parlando di Maria Grazia Chiuri, stilista italiana, la prima donna a capo della Maison francese Dior e insignita della Legion d’Honneur, il più alto titolo come premio alla carriera. Chiuri sta rivisitando il marchio, introducendo elementi di femminismo all’interno del brand.

Anche le giovanissime hanno dato il loro più che prezioso contributo. Nel 2014, a soli 17 anni, la pakistana Malala Yousafzai ha ricevuto il premio Nobel per la Pace “per la lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione”. La sua battaglia inizia nel 2009, a 11 anni. Malala scrive un piccolo diario in cui narra la realtà quotidiana del suo Paese fatta di crimini e violenze da parte dei talebani nei confronti delle bambine, alle quali è negato il diritto di istruzione. Il diario diventa un blog, talmente popolare da infastidire i Talebani stessi, che nel 2012 sparano – e lo rivendicano apertamente – alla giovane alla testa, come se con lei potessero eliminare anche i suoi pensieri, additandola come “simbolo degli infedeli e delle oscenità”.

Lei però sopravvive e il 12 Luglio del 2013 arriva dinanzi all’Assemblea delle Nazioni Unite, avvolta nello scialle di Benazir Bhutto – grande donna che ha rappresentato il Pakistan per ben due volte nelle vesti di primo ministro e assassinata nel 2007 durante un comizio pre-elettorale, con colpi alla nuca – come a evidenziare la paura degli estremisti verso l’istruzione e il libero pensiero. Nell’Ottobre dello stesso anno riceverà il Premio Sakharov per la libertà di pensiero – dedicato a coloro che hanno lottato per la difesa dei diritti umani e delle libertà individuali.

Candidata al Nobel per la Pace, invece, è Greta Thunberg. Classe 2003 e secondo il TIME “Personaggio dell’anno 2019”, la giovane attivista svedese lotta con tutta se stessa contro il cambiamento climatico e a favore dello sviluppo sostenibile, divenendo un vero e proprio leader a capo del movimento ambientalista studentesco Fridays for future. La sua tenacia la porterà dinanzi ai principali rappresentanti politici del mondo, che davanti alla sua retorica sembra non avere possibilità di replica. Tuttavia Greta divide l’opinione pubblica: chi le crede e nel bene la emula e chi sostiene sia solo un burattino nelle mani dei più potenti. Nonostante ciò, questa giovane 16enne sembra l’unica ad aver smosso la coscienza collettiva.

Anche il mondo dello sport ha la sua protagonista: è Kimia Alizadeh, classe 1998, atleta di taekwondo iraniana. Alla giovane età di 18 anni, Alizadeh è stata l’unica donna originaria dell’Iran ad aver mai vinto una medaglia olimpica, ai Giochi di Rio de Janeiro nel 2016. Ciò ha contribuito a spazzar via stereotipi di genere legati in questo caso alla nazionalità della campionessa che, nel rispetto della sua fede, ha gareggiato in hijab e subito dopo l’annunciata vittoria ha compiuto la sojdeh, ovvero la prosternazione verso Dio.

Notizia di pochi giorni fa è quella relativa all’abbandono della sua città natale, Teheran, postata sui social network: «Ho girato le spalle a questi oppressori. Io sono un essere umano e voglio rimanere nel cerchio dell’umanità». Non ho altra richiesta da fare al mondo, tranne il Taekwondo. Ha affermato inoltre di essere “come una delle milioni di donne oppresse dal Paese”, stigmatizzando così la disparità di genere, denunciando gli ostacoli rappresentati dagli obblighi delle donne islamiche e le violazioni dei suoi diritti e della sua libertà. Ha parlato apertamente anche dello sfruttamento dello sport e della sua persona per fini meramente propagandistici, di discriminazioni, maltrattamenti e sessismo. A oggi non si sa nulla riguardo la sua momentanea residenza: si presume si trovi nei Paesi Bassi per una sua possibile preparazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020.

Orgoglio tutto italiano è Samantha Cristoforetti, conosciuta da tutti come AstroSamantha: astronauta, aviatrice e ingegnere – oltre ai vari titoli d’onorificenza insigniti dalla Repubblica Italiana. Contro qualsiasi stereotipo che vede quello dell’astronauta come un ruolo prettamente maschile, la Cristoforetti detiene un paio di record degni di nota: dal 2016 è la prima donna astronauta italiana, è la prima astronauta italiana negli Equipaggi dell’Agenzia Spaziale Europea ed è la prima donna a detenere il record di permanenza nello spazio per 200 giorni consecutivi.

Nel 2016 l’America diventa lo scenario della storica lotta alle presidenziali tra Hilary Clinton e Donald Trump, di cui conosciamo l’epilogo. La candidata democratica, qualora avesse vinto, non solo sarebbe stata il primo Presidente donna degli USA, ma anche il 17° capo di stato donna nel mondo. Nonostante i passi da gigante, infatti, quasi il 90% dei leader mondiali sono uomini. A proposito di “quote rosa” in politica, la new entry Sanna Marin ha già fatto discutere. Cresciuta come figlia di una coppia arcobaleno, la 34enne finlandese è dal dicembre 2019 la più giovane premier del mondo. Lontana dai sensazionalismi – «non penso mai alla mia età o al mio genere, penso alle ragioni per le quali sono entrata in politica» – vuole focalizzare l’attenzione sul suo operato: tra le altre proposte, la conciliazione lavoro – maternità e l’introduzione di un orario di lavoro più flessibile che prevede quattro giorni lavorativi da sei ore per un totale di 24 ore lavorative settimanali. La Premier, infatti, reputa necessario il fatto che i lavoratori possano passare più tempo con le proprie famiglie, coltivare degli hobby o dedicarsi alla cultura.

Infine, anche l’arte si tinge di rosa con Emma Lavigne: la storica dell’arte francese, prima Presidente nel 2014 del Centre Pompidou – Metz, sarà la prima Presidente donna del Palais de Tokyo – palazzo destinato dal 2000 all’arte contemporanea e divenuto importante polo della stessa – a seguito del conferimento del titolo da parte del Presidente Macron.

Sintetizzare un decennio in un numero esiguo di donne è un’impresa. È chiaro, tuttavia, che ciò che hanno portato avanti queste donne è una rivoluzione silenziosa ma concreta. Donne che hanno cercato di andare oltre, consapevolmente o no, quelli che sono gli usi, i pensieri ancora legati a un retaggio patriarcale, attuando nel loro “piccolo” un’operazione di bonifica dagli stereotipi di genere, contribuendo così ad ampliare gli orizzonti globali.