La banana della discordia


Di Virginia Monteleone – Se una persona riesce a vendere una comune banana per migliaia di dollari ha di certo in sé del genio. Infatti parliamo di Maurizio Cattelan, di cui abbiamo parlato altre volte, ultimamente per il furto del suo cesso d’oro intitolato America.

Comedian. L’opera è stata pensata per l’esposizione ad Art Basel Miami – una tra le più famose fiere d’arte contemporanea – in cui Cattelan mancava da tempo. Presentata dalla Perrotin Art Gallery, lo stesso gallerista racconta come l’artista stesse cercando da qualche anno ispirazione per la sua nuova opera. Il soggetto era la banana e, a quanto pare, ne aveva sempre con sé una da appendere al muro per cercare ispirazione. Ne produsse in vari materiali ma alla fine proprio quella banana appesa al muro divenne l’opera.

Perché proprio la banana? Il gallerista Emmanuel Perrotin spiega in un’intervista alla CNN sulla scelta della banana come «un simbolo di commercio globale, un doppio senso o il classico espediente per scatenare umorismo» come è solito fare Cattelan. Non è la prima volta che vediamo  una banana come simbolo. Il primo richiamo va certamente a Andy Warhol, quando trasformò la banana in un’icona eterna (divenne la cover del disco dei Velvet Underground & Nico, che egli stesso produsse). Quella di Cattelan è ragionevolmente posizionata in modo diverso dall’icona pop ed il nastro utilizzato pare essere lo stesso con cui nel 1999 “appese” al muro della Galleria di Milano il suo primo mercante Massimo de Carlo in A perfect day.

Maurizio Cattelan, A perfect day, 1999

Una semplice banana comprata al mercato a Miami, bella, matura. La domanda che tutti si pongono è: “Ma quando marcisce che succederà?”. Ovviamente la domanda sorge dopo aver saputo che 2 dei 3 esemplari sono stati venduti per 120 mila dollari. Verrà l’artista stesso a cambiare la banana con una da lui prescelta? L’opera finirà per seguire il suo corso naturale e marcirà? È una presa in giro? Di certo non è una presa in giro e chi acquista un Cattelan sa di comprare un’idea spesso provocatoria, in questo caso la provocazione cade – come spesso accade nelle sue opere in effetti – sul valore dell’oggetto, sul valore che noi gli attribuiamo, e sul valore di opera d’arte.

Ritroviamo l’utilizzo di elementi degradabili anche in un passato recente. Era il 1967 e Giovanni Anselmo, uno dei massimi esponenti dell’Arte povera in Italia, presentava per la prima volta la sua lattuga tra due mattoni di granito uniti da un filo di rame. Certamente in quel caso l’idea era completamente diversa. Si parlava di energia dei materiali, non si faceva allusione ad altri significati se non alla relazione tra i soggetti. Linguaggio diverso, tempi diversi. Usare una banana per realizzare e rappresentare una banana, azione che ricorda Una sedia tre sedie di Joseph Kosuth. In questo caso è il potere delle parole il grande protagonista dell’opera. Non più l’oggetto, ma la lettura che ne esce fuori tramite lo spettatore stesso, il vero creatore dell’opera. Nel caso della sedia, si presenta come sedia senza mezzi termini.

Giovanni Anselmo, Senza titolo, 1968

Ma questa è arte? Ovviamente i social si scatenano, facendo dilagare ettolitri di commenti senza un minimo di cognizione di causa, elargendo vaporosi giudizi su cosa sia davvero l’arte. «Un’offesa all’arte, all’intelligenza e a chi, ogni giorno, fa enormi sacrifici per arrivare alla fine del mese. Oggi il mondo premia il nulla e le teste vuote…»; «la differenza con l’artista, sta nel fatto che ad un altro per lo stesso gesto, sarebbe arrivata una multa»; «da bambino lo facevo con tutta una serie di frutta ma non ricordo alcun compenso monetario da parte di mia madre. Un paio di ciabatte volanti, forse»; « da Michelangelo a Cattelan. Qualcosa è andato storto».

Davvero qualcosa è andato storto, o è solo che l’arte ha sempre seguito il suo tempo? L’arte è lo specchio della società in cui essa vive. Come una banana appesa al muro possa rispecchiarci? Milioni di persone hanno seguito per settimane il caso di Pamela Prati e del fantasma Mark Caltagirone, dalla quale sono usciti meme, dibattiti in vari programmi e in locali, canzoni e tra poco un film (proprio così!). Si, forse questa banana rappresenta banalmente la società in cui viviamo, dove la vera bellezza, che risiede nella natura, non viene capita, ma rinchiusa in una bacheca per ricevere like. È la società dove l’apparenza viene preferita alla sostanza e dove la corsa al successo annichilisce ogni piacevolezza della vita.

Cattelan è un grande catalizzatore del suo tempo e l’unica lezione da impartire è che l’arte non risponde a canoni di bellezza soggettivi ma è un processo del pensiero, che viene rappresentato visivamente. E alla fine di ogni critica sterile ci si ritrova schierati o a capire il senso di un’opera ed essere presi per pazzi appresso all’artista, o dall’altra parte, insieme agli analfabeti dell’arte. Non esiste una via di mezzo. L’arte è arte, se ti informi la capisci, altrimenti…