I pescatori ri Sant’Arasimu
Di Beatrice Raffagnino – Il sole del Mezzogiorno picchia, implacabile, sui lastroni di pietra del molo ri Sant’Arasimu e l’aria, densa di sale, risuona dello sciabordio delle onde e delle strida dei gabbiani in volo.
Questa, in particolare, metteva in commercio le conserve prodotte proprio all’interno della tonnara di Capicello (detta anche Tonnarazza) grazie alla passione e al duro lavoro dei marinai del molo. La ricchezza dei mari e in generale di questo lembo di terra, dotato di un ottimo approdo, facilmente raggiungibile dalle antiche porte marinare, fu all’origine di aspri scontri tra i pescatori del luogo e le imbarcazioni della kalsa. Quando, infatti, si diede avvio ai lavori per la passeggiata a mare, il porticciolo di quest’ultima venne distrutto e i pescatori si accontentarono di usufruire di questo nuovo porto offerto dal viceré duca di Laviefuille, nella cala della Tonnarazza o di Sant’Erasmo, nei pressi della casina del principe di Cutò.
Dopo i primi aspri scontri, la convivenza tra le due comunità di pescatori si rivelò tuttavia vantaggiosa per entrambe e le attività crebbero esponenzialmente. A causa del “traffico” delle imbarcazioni all’imboccatura del porto, non mancavano, ovviamente, gli incidenti, soprattutto quando soffiava il vento di Levante che poteva far capovolgere le imbarcazioni. Per questo motivo “calafati” e “mastri d’ ascia” erano sempre all’opera sul bagnasciuga mentre i carrettieri si dedicavano a caricare il pescato o scaricare sulla banchina i cordami.

Oggi i tonni sono scomparsi nel mare ri Sant’Arasimu e perlopiù si trovano sarde o triglie. Si è persa anche la tradizione della “lampara” per cui una lampada veniva legata alle barche perché attirasse col suo fascio di luce i pesci in superficie e si preferisce utilizzare piuttosto la semplice rete.
Sono venute meno alcune maestranze e attività collegate alla pesca. In passato si usava tingere, ad esempio, le reti di cotone bianco con colori scuri perché si confondessero col fondo e traessero in inganno il pescato. Oggi le reti sono tutte in nylon resistente e già colorate. I pescatori continuano comunque ad uscire in notturna ritornando a riva nella prima mattinata per poi raggiungere il mercato ittico.
Una tradizione, quella portata avanti dalla cooperativa di Sant’Erasmo, che sembra quasi porre un freno all’incuria e all’illegalità del paesaggio circostante. Una sorta di ultima roccaforte, di zoccolo duro di un passato che dovrebbe sempre far parte di noi e che invece troppo spesso dimentichiamo.
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