Italia-Cina: un’apertura verso la “Nuova Via della Seta”

Di Vincenzo Mignano – Lo scorso 23 marzo, il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri nonché Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro italiano, Luigi Di Maio, e il Presidente della National Development and Reform Commission, He Lifeng, hanno firmato il Memorandum of Understanding (MoU) tra Italia e Cina. Tale documento – circolato già in precedenza, in bozza non ufficiale – rappresenta la base giuridica di 29 accordi di settori che sono stati sottoscritti dai due Paesi, per un valore che oscilla tra i 5 e i 7 miliardi di euro e con un potenziale di sviluppo fino a 20 miliardi.

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Belt and Road Initiative

Il MoU si colloca nella più ampia strategia volta all’evoluzione della Belt and Road Initiative (BRI) in Europa e all’espansione infrastrutturale, economica e politica cinese, segnando per la prima volta l’ingresso di un Paese del G7 e fondatore dell’Unione Europea (UE) all’interno di tale contesto.

Il Memorandum prevede una serie di obiettivi e di principi guida attraverso cui Italia e Cina si impegnano a «tradurre i rispettivi complementari punti di forza in reciproci vantaggi per una collaborazione concreta ed una crescita sostenibile», al fine di incrementare e potenziare «i rapporti politici, i legami economici e gli scambi diretti tra i due popoli».

Diversi sono gli ambiti all’interno dei quali troverà attuazione la cooperazione bilaterale sancita dal MoU, tra cui: il dialogo sulle politiche, il settore dei trasporti e delle infrastrutture, il commercio ed investimenti senza ostacoli e la collaborazione finanziaria.

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Asian Infrastructure Investment Bank

Con specifico riguardo al dialogo sulle politiche, i due Paesi intendono operare in sinergia nel contesto dell’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), con l’obiettivo di «promuovere la connettività, in conformità con gli scopi e le funzioni della Banca»: si tratta di una scelta volta a rafforzare le relazioni transatlantiche di natura economico-finanziaria tra Italia e Cina.

In tema di trasporti, logistica ed infrastrutture, invece, con l’applicazione delle previsioni contenute nel MoU si intende semplificare la procedura di «sdoganamento delle merci, rafforzando la cooperazione per trovare soluzioni di trasporto sostenibile, sicuro e digitale, nonché nei relativi piani di investimento e finanziamento». L’interesse sotteso a tale strategia concerne – come si può dedurre – lo sviluppo dei rapporti intercorrenti tra la BRI, il sistema di trasporti e infrastrutture italiano e le Reti di Trasporto Trans-europee (TEN-T).

Altro settore di particolare rilevanza riguarda il commercio e gli investimenti. In tale contesto, il Memorandum impegna le parti a favorire gli investimenti e i flussi di commercio in entrambe le direzioni, nonché la cooperazione industriale bilaterale e nei mercati di Paesi terzi. La relativa disciplina mira al raggiungimento di un sistema commerciale «libero e aperto», volto a contrastare gli squilibri macroeconomici, l’unilateralismo e il protezionismo, in un’ottica non discriminatoria di trasparenza.

Per quel che concerne, invece, la collaborazione finanziaria, la creazione di un contesto favorevole ai rapporti economici rappresenta l’obiettivo prioritario, attuabile dando nuova linfa ai partenariati intercorrenti tra le istituzioni finanziarie degli Stati coinvolti e rafforzando «la comunicazione ed il coordinamento bilaterali» in tema di politiche fiscali e riforme strutturali.

Per comprendere meglio lo scenario che l’applicazione del MoU prospetta, è opportuno far riferimento, inoltre, alle rispettive situazioni economiche con cui i due Paesi coinvolti si sono presentati alla firma degli accordi. Con specifico riguarda alla Cina, secondo uno studio condotto dal Brookings Institution, la crescita reale dell’economia cinese è stata sovrastimata di circa il 2% per ogni anno dal 2008 al 2016: ciò vuol dire che questa «potrebbe essere del 12% inferiore rispetto ai dati ufficiali».

La causa del fenomeno descritto è da rintracciarsi nella «manomissione dei dati da parte delle autorità locali per compiacere Pechino», in una cornice all’interno della quale l’Ufficio nazionale di statistica ha tentato di accrescere la trasparenza. Il Mercator Institute for China Studies (MERICS) e il Rhodium Group (RHG), inoltre, hanno rivelato, in uno studio congiunto, una riduzione del 40% nel 2018 degli investimenti diretti esteri cinesi in Europa, unita ad un calo delle esportazioni del 20,7% su base annua.

La Cina ha tentato di dare una risposta a tali risultati, attraverso l’approvazione della nuova legge sugli investimenti esteri, che sostituirà, a partire dal 1° gennaio 2020, le tre precedenti (Law on Sino-Foreign Equity Joint Ventures, Law on Sino-Foreign Contractual Joint Ventures e Law on Foreign-Capital Enterprises).

Per quanto riguarda l’economia italiana, invece, il dibattito con le Istituzioni dell’UE circa la manovra finanziaria e le dure critiche alle misure di politica economica provenienti dalle forze partitiche antagoniste al Governo giallo-verde hanno determinato un quadro di generica sfiducia nei confronti della solidità del Paese.

Proprio per tali ragioni, nonostante l’Unione Europea abbia posto in essere «strumenti di screening per valutare le implicazioni degli investimenti cinesi per la sicurezza nazionale dei Paesi membri», il MoU e i 29 accordi di settori che da questo dipendono rappresentano un’occasione storica per l’Italia di interpretare un ruolo da protagonista e attore attivo nelle relazioni transatlantiche e all’interno della Nuova Via della Seta.


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