It’s time for India: l’amore (finalmente) uguale per tutti

Di Valentina Spinelli – L’India, nonostante su più fronti risulti essere un paese all’avanguardia, per altri aspetti, più strettamente legati alla tradizione e alla religione, presenta ancora delle arretratezze. La Repubblica dell’India, avvolta ancora in una eccessiva rigidità predeterminata da convenzioni sociali ormai obsolete ed a volte troppo rigide, necessitava di una revisione che fosse capace di ascoltare ed andare incontro alle esigenze di ogni singolo soggetto e non più soltanto di ciò che è comunemente accettato.

lgbt-interna-nuovaDunque, una modifica prima giuridica, quindi normativa, e poi sociale è ciò di cui il popolo indiano vicino al movimento Lgbti, da anni auspicava di ottenere. La vittoria dopo anni è finalmente giunta lo scorso 6 settembreSino a quella data, l’India ha considerato l’omosessualità un reato, punendo coloro i quali fossero stati sorpresi in atteggiamenti promiscui con partner dello stesso sesso. Il reato in questione, normato dalla sezione 377 del Codice Penale indiano, venne ideato da Thomas Macaulay nel 1838, durante l’impero britannico, ed entrò in vigore nel 1860 per volere delle autorità coloniali del Raj britannico.

Sino a non troppo tempo fa, veniva definito contro natura qualunque rapporto carnale consumato contro l’ordine della natura da un uomo, una donna o un animale. Quest’ultimo sarebbe stato punito con la reclusione, l’imprigionamento a vita o per un periodo non inferiore ai dieci anni, comprensivo di multa. Tale sezione venne utilizzata per più di un secolo come modello per le leggi sulla sodomia in diverse colonie britanniche, ed ancora oggi funge da presupposto giuridico per diverse imputazioni dello stesso tipo in tantissimi paesi dell’Asia e dell’Africa: Malesia, Birmania, Kenya e Malawi, per citarne alcuni.

La condotta incriminata, quindi, ritenuta promiscua, vedeva con una nota fortemente negativa – qui l’imperfetto è ormai d’obbligo – non semplicemente la consumazione di un rapporto fisico ma, anche, qualsiasi legame di natura sentimentale che da questo sarebbe sorto e che, in quanto tale, non era accettato dalla morale e dal comune sentire della cultura indiana. Tuttavia, secondo alcuni dati ufficiali sono migliaia le persone processate prima, e condannate poi, negli ultimi anni per il reato in questione.

In linea con un generale malessere e la voglia di un cambiamento ritenuto ormai indispensabile, ecco che le prime piccole battaglie, volte alla depenalizzazione del reato, si ebbero nel 2001, quando anche i governanti si resero conto che considerare gli omosessuali e le lesbiche dei malati di mente, così come venivano considerati nelle campagne indiane, fosse ormai una visione eccessivamente retrograda.

Un seppur embrionale inizio si ebbe nel 2009 con una sentenza pronunciata dalla Corte Suprema indiana che abrogò una prima volta la norma menzionata. Tuttavia, non tardarono ad arrivare le prime proteste provenienti dagli ambienti religiosi e conservatori del Paese, i quali consideravano queste unioni oltraggiose al buon costume. Di fatto, proprio a causa del comune sentire sociale, nulla cambiò, e persino le successive pronunce del Tribunale, risultarono inutili, mettendo nuovamente sotto torchio le coppie omosessuali.

Fu proprio in questo periodo di svolta che venne pronunciata la dichiarazione promossa dall’arcivescovo di Mumbai, il cardinale Oswald Gracias, tra i componenti del C9 – il Consiglio della corona di Papa Francesco. Il religioso si pose in disaccordo rispetto a quest’ultima presa di posizione posta in essere dai giudici indiani e rivendicò, in un’intervista rilasciata all’Agenzia Asia news, di non essere a favore dei matrimoni omosessuali, ma di considerare tali unioni di pari dignità rispetto a qualsiasi altra dello stesso tipo, senza che fosse necessario continuare una battaglia durata ormai secoli. Inoltre, ad essere errato ne era proprio il presupposto, ovvero considerare tali soggetti dei criminali ed il loro orientamento sessuale dei crimini. Dunque, ciò che realmente andrebbe condannata è qualsiasi forma di discriminazione, persecuzione o abuso.

La sezione 377, risalente a 157 anni fa, era ormai diventata un’arma ed un motivo di sopraffazione nei confronti della comunità Lgbti indiana, costantemente vessata. Era ormai palese anche nelle zone più arretrate della penisola che qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla sessualità fosse una violazione dei diritti fondamentali.

Arrivando a giorni più recenti, è dello scorso 6 settembre il reale momento di svolta. Questa data passerà alla storia come la conclusione di un periodo di cecità e il prologo di un nuovo inizio decretato dai giudici della Suprema Corte indiana che, a New Delhi, hanno depenalizzato la sezione oggetto di polemica, ritenendo finalmente i rapporti omosessuali non più dei reati.

india 2La sezione è stata finalmente cassata, ed anche se sono più di settanta i Paesi in cui l’omosessualità viene considerata un illecito – in alcuni di questi è ancora punita con la pena capitale, come Iran, Arabia Saudita, Sudan, Yemen – oggi l’India ha un nuovo volto e si riempie di colori, quegli stessi colori stampati sulle bandiere arcobaleno e sventolate in segno di festa da chi, sino ad oggi, non ha potuto fare altro se non nascondere sé stesso ed il proprio amore. Da oggi l’India è finalmente libera, da oggi finalmente anche in India l’amore è uguale per tutti.


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