Le donne di Jackie Ormes, la prima fumettista afroamericana

Di Ester Di BonaJackie Ormes (Zelda Mavin Jackson) nasce a Pittsburgh nel 1911, in Pennsylvania. Il padre William Winfield Jackson, proprietario di una compagnia di pitture e proprietario di un teatro, perde la vita in un incidente automobilistico nel 1917. Insieme alla sorella Dolores passa l’infanzia con gli zii, finché la madre Mary Brown Jackson non si risposa, trasferendosi con le figlie nei dintorni di Monongahela.

Ormes ha cominciato a lavorare nel mondo del giornalismo come correttrice di bozze per il Pittsburgh Courier, un settimanile afroamericano. Ha lavorato inoltre come editore e scrittore freelance, scrivendo per cause giuridiche e temi “umani”.

Mentre godeva di «un futuro assicurato in giro per la città, esaminando tutto ciò che la legge avrebbe consentito, e scrivendo su di essa», ciò che voleva davvero fare era disegnare.

Il primo fumetto di Ormes, Torchy Brown in Dixie and Harlem appare per la prima volta nel Pittsburgh Courier nel 1937.  La storia di una giovane e promettente donna nera del Mississippi che trova fortuna trasferendosi a New York, dove realizza il suo sogno nel mondo dello spettacolo esibendosi al Cotton Club. In quegli anni numerosissimi afroamericani si avventuravano verso nord durante la “Grande Migrazione” alla ricerca di fortuna. Era facile, per loro, rispecchiarsi in quel fumetto: non fu un caso il successo che riscosse. Oltre al Courier, “Torchy Brown” appare intanto in altri 15 giornali. Zelda Jackson Ormes diventa ufficialmente la prima fumettista donna afroamericana della storia.

Nel 1942 Ormes di trasferisce a Chicago insieme al marito Earl Ormes, dove scrive articoli

occasionali e gestisce una rubrica sociale per il Chicago Defender, uno dei principali quotidiani neri americani, un settimanale all’epoca. “Candy,” suo personaggio sotto le vesti di una cameriera divertente, spigliata e intelligente, appare nel Defender per diversi mesi.

Dopo la seconda guerra mondiale Jackie torna al Pittsburgh Courier con una nuova striscia a pannello singolo, “Patty-Jo ‘n’ Ginger”: la serie durò ben 11 anni. Nel 1947 la compagnia di bambole “Terri lee” le propose un contratto per mettere in commercio la bambola di Patty-Jo, la bambina protagonista della serie. Il successo fu incredibile, venne acquistata da tutti i bambini – indipendentemente dal colore della pelle! – e fu la prima bambola afroamericana ad avere a sua disposizione un guardaroba di lusso.

Nel 1950 il Courier reinserì il personaggio di Torchy, rivisitato stavolta in vista di un nuovo fumetto: “Torchy in Hearbeats”. La protagonista questa volta era diventata una donna bella ed indipendente, alla ricerca dell’avventura e del vero amore. Il romanticismo annunciato dal fumetto, però, era solo una copertura: tramite i suoi fumetti Ormes trattava tematiche di grande spessore, spaziando dalla politica al sociale, in chiave satirica, utilizzando Torchy come veicolo per comunicare i suoi punti di vista sul mondo che la circondava. La sua passione per le idee di estrema sinistra, in un periodo come quello subito successivo alla Seconda guerra mondiale, ha portato persino a un’indagine dell’FBI.

Torchy ha presentato l’immagine di una donna di colore che, in contrasto con i ritratti stereotipati dei media dell’epoca, era sicura, intelligente, attraente e senza paura, mantenendo sempre la testa alta nonostante l’inganno, il razzismo, il pericolo e le ingiustizie. Le donne create da Ormes erano personaggi veri su cui poter credere, forti, indipendenti e coraggiose, politicamente e socialmente consapevoli, donne che si prefiggono un obiettivo e lottano con tutte se stesse per raggiungerlo nonostante i vincoli sociali e le tragedie della vita. Sono personaggi che non solo hanno sfidato le (basse) aspettative per le donne nere, ma hanno dato ai loro lettori modelli forti da seguire, donando speranza anche per la generazione futura di donne di colore, capaci di mettere nuove radici e prendere nuovi riferimenti.

Si ritirò dalla produzione di fumetti nel 1956, lavorando comunque in ambienti artistici

(produsse murales, ritratti e nature morte) finché l’artrite reumatoide non la fermò definitivamente. Ha contribuito alla sua comunità di South Side a Chicago offrendo volontariato per la produzione di sfilate di moda e intrattenimento. È nota la sua passione per il fashion design grazie ai cut-off della bambola di carta “Torchy Togs”, dove si potevano ritagliare dei bellissimi vestiti disegnati dall’autrice e vestire la protagonista della storia.

Morì di emorragia cerebrale nel 1985. Più di due decenni dopo, la University of Michigan Press pubblicò il libro Jackie Ormes: The First African American Woman Cartoonist, di Nancy Goldstein (2008). Inoltre il DuSable Museum of African American History, che Ormes ha contribuito a fondare, ospita anche le sue creazioni. Solo nel 2014 è stata inserita nella National Association of Black Journalists Hall of Fame.


2 commenti

I commenti sono chiusi