Il genio e l’arte di Walt Disney

Di Valentino Billeci – Chi non ha mai visto un cartone animato di Walt Disney o sentito parlare di lui? Intere generazioni sono cresciute con i suoi lavori, dai cartoni brevi ai lungometraggi. Dal 1923 (anno di fondazione dello studio cinematografico) sino alla sua morte nel 1966, Disney ha sempre cercato di rinnovare la sua formula artistica, mantenendo sempre la tradizione che contraddistingue la compagnia californiana.

Nato a Chicago il 5 dicembre del 1901, Walter Elias Disney si era sempre dimostrato intraprendente sin da ragazzo, distribuendo giornali per conto del padre e provando ad investire piccoli risparmi in una ditta di bibite gasate. Grande influenza ebbero su di lui le fiabe e i racconti popolari dell’Europa. La fantasia e l’ispirazione che portò nei suoi studi deriva anche da quelle storie folkloristiche raccontate dalla madre quando era bambino.

Durante la prima guerra mondiale falsificò i documenti per poter entrare nella croce rossa nel 1919. Ritornato negli USA, Walt decise di trasformare la sua passione per il cinema in realtà. Negli anni ’20, insieme ai film muti, godevano di discreto successo i cartoni animati, in particolare i cortometraggi. Radunando piano piano vari disegnatori, Disney intuì il loro forte potenziale. L’animazione doveva però riuscire a raggiungere un pubblico più vasto, oltre i bambini e i ragazzi. Il tema della fiaba rimase un elemento costante per Disney, che voleva renderlo adatto anche agli adulti inserendo elementi più profondi nei suoi cartoni.

Molti racconti popolari, nelle loro forme originali, servivano come monito per i bambini affinchè si comportassero bene. Nei primi anni di lavoro Walt Disney dovette evitare di chiudere i suoi studi a causa di numerosi debiti. Ambizioso e perseverante, lottò contro numerose difficoltà economiche per completare i suoi lavori. Venne spesso definito pazzo e presuntuoso per la sua insistenza, ma questa fu, secondo la sua visione, l’unica soluzione per proseguire il suo lavoro. Non a caso, egli affermò: «Prendi una buona idea, mantienila, inseguila, e lavoraci fino a quando non funziona bene». 

walt disney

Le sue visioni artistiche richiesero ingenti finanziamenti per sperimentare con le nuove tecniche che Disney voleva portare al pubblico americano. Il  live action di Alice’s Wonderland fu uno dei primi esempi di integrazione di cartoni animati con video cinematografici. Nonostante i primi guadagni, Walt Disney non riuscì a consolidare la situazione economica dello studio.

Tutto cambiò nel 1928, quando sull’orlo del fallimento lui e i pochi disegnatori rimasti fedeli cominciarono a disegnare un topo, inizialmente chiamato Mortimer. La moglie di Disney suggerì di cambiare il nome in Mickey Mouse. Così, Topolino divenne la mascotte ed il simbolo del successo di Walt. Con Steamboat Willie,  Disney creò il primo cartone con sonoro e musica sincronizzati con le immagini, facendo debuttare Topolino al Colony Theatre di New York il 18 novembre 1928. Walt fu un pioniere assoluto per i tempi, intuendo l’importanza del suono nei suoi lavori.

Disney decise di andare oltre, ordinando al suo team di lavorare ad un progetto speciale: Biancaneve ed i sette nani. Il 21 dicembre 1937 Biancaneve divenne il primo lungometraggio d’animazione in Technicolor della storia e il primo film d’animazione proiettato negli Stati Uniti. Il realismo, le animazioni dei personaggi, i colori e la precisione maniacale ricevettero numerose lodi dalla stampa e dalla critica. Per completare una semplice rotazione di un mano di Biancaneve erano necessarie numerose ore di lavoro, ponendo molti fogli in successione per raggiungere il risultato desiderato.

Ancora una volta Walt Disney sfidò l’industria cinematografica ed ebbe ragione. Da questo momento tutti i successivi lungometraggi col disegno a matita vennero catalogati come “Classici Disney”. Divenne fondamentale unire musica e animazione per elevare il cartone animato a vera e propria forma d’arte. Questo è sempre stato l’obiettivo principale di Disney, concretizzato nel celebre Fantasia.

Numerosi artisti e letterati da tutto il mondo visitarono la Walt Disney Company a Burbank, vicino Los Angeles nel corso degli anni. La compagnia crebbe sino a contare nel 1942 circa 1.200 persone. Disney considerava i suoi lavoratori come una grande famiglia. Voleva essere chiamato solo per nome e supervisionava sempre tutte le fasi di produzione e post-produzione. Era sempre rispettato e ascoltato da tutti. Col tempo però le eccessive richieste di lavoro portarono dissidi all’interno della compagnia. Nonostante la sua generosità e gentilezza, Disney aveva un visione fortemente gerarchizzata degli studios, tipica della mentalità fordista. Sul posto di lavoro Disney si consultava con tutti ma alla fine aveva sempre l’ultima parola.

La fase di tensione sindacale, che durò dagli scioperi del 1942 fino alla fine della guerra, fu il periodo più duro per Disney sia economicamente che dal punto di vista lavorativo. Solo Cenerentola, uscito nelle sale nel 1950, riuscì a rilanciare l’azienda. Da questo momento Walt ridurrà la sua presenza a lavoro a causa della fatica e alla differenza di vedute sui progetti futuri con gli altri amministratori della società. L’ultimo grande sogno di Disney, dopo aver fuso arte, musica e animazione, diventò la creazione di un parco divertimenti. Disneyland portò le famiglie a vivere l’esperienza dei suoi film direttamente nei parchi, creando un nuovo modo di interagire con le sue creazioni e col pubblico portandolo fuori dal cinema.

Il progetto venne anticipato da una forte campagna pubblicitaria in televisione curata personalmente da Walt. Il parco cancellò in maniera definitiva la situazione debitoria della società, dando così nuovamente ragione alle “pazze visioni” di Disney, come dissero vari critici. Purtroppo Walt non potè godere a lungo dell’impero finanziario ed economico che aveva creato.

Affaticato da anni di lavoro gli venne inoltre diagnosticato un tumore al polmone sinistro nell’ottobre del 1966 e morì un mese dopo, il 15 dicembre. Il papà di Topolino lasciò un’eredità preziosissima nel mondo del cinema e dell’animazione mondiale. Il celebre disegnatore giapponese Akira Toriyama, autore del manga Dragon Ball, affermava nel 1989: «Devo i miei primi approcci ai disegni proprio all’ammirazione per la bellezza di quelli de La carica dei 101 che vidi al cinema quando andavo all’asilo! Gli sono profondamente grato». Le influenze di Disney, tra citazioni nei film e tecniche di produzione, sono arrivate nel XXI secolo, elevando la Walt Disney Company tra i pilastri dell’industria cinematografica mondiale.

Grazie al Rinascimento Disney, ossia il periodo che va dalla Sirenetta (1989) a Tarzan (1999), gli studios di Burbank raggiunsero nuove vette nel disegno a matita, integrando personalità più definite per i personaggi ed ambientando le trame in vari periodi storici come in Pocahontas e Mulan. Dopo aver acquistato la Pixar,  la Marvel e la Lucasfilm nel 2012, la compagnia resta oggi uno dei più grandi finanziatori di film nel mondo.

I disegni a matita sono stati ormai abbandonati in favore della computer grafica che ha sostituito i vecchi metodi di lavoro da quando uscì Toy Story (1995), co-prodotto con la Pixar. Alcuni vecchi classici sono stati rivisitati negli ultimi anni e riprodotti sotto forma di film, recuperando in parte il principio del live action che Walt Disney utilizzò nei primi anni ’20. Anche se alcuni lavori possono apparire datati, non si può negare la bellezza e l’importanza di alcune produzioni storiche, purtroppo oggi non ben conosciute dalle nuove generazioni.

Il genio artistico e l’intuito di Disney risiede nell’essere riuscito a rendere le sue opere immortali sino a noi nostri giorni. Ma questa forma d’arte non si sarebbe mai affermata senza la sua insistenza nella ricerca del successo. Le parole di Walt Disney restano attuali e ci ricordano che nonostante le gravi difficoltà dobbiamo guardare sempre avanti, lavorando, lottando e dando ascolto ai nostri istinti. D’altronde, è cominciato tutto con un topo.


 

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