Il caos delle banche europee

La banca è un’azienda che opera sul mercato dei capitali. Oltre a svolgere svariate operazioni non solo nel settore dell’intermediazione creditizia e degli investimenti finanziari, ricopre un ruolo chiave nel processo di sviluppo economico e sociale di un Paese poiché svolge anche una funzione di politica economica attuando le decisioni ad indirizzo monetario e creditizio.

Proprio per il ruolo fondamentale che queste svolgono nella stabilità e prosperità di una nazione è importante capire cosa sta succedendo in questi giorni nel mondo bancario europeo ed in particolare in quello italiano.

 La Banca Centrale Europea in un bollettino rilasciato ieri 4 agosto, ha affrontato tra le altre cose,  la situazione della solidità delle banche europee. La Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ha sicuramente avuto un impatto sul settore finanziario del vecchio continente, anche se è ancora presto determinarne esattamente gli effetti. Nonostante ciò i mercati finanziari dell’Eurozona hanno mostrato un’alta capacità di tenuta. Alla luce dell’incertezza attuale dovuta alla Brexit e ad una serie di altri fattori che vanno dal vacillare delle economie emergenti al terrorismo, è fondamentale che il sistema bancario e soprattutto il canale dei finanziamenti continui a funzionare in maniera efficiente.

Per tali ragioni in queste settimane alcune delle più importanti banche europee sono state oggetto di analisi e severe valutazioni per verificarne la stabilità, l’efficienza e l’affidabilità, sia in termini di prodotti offerti che di trasparenza. Lo scorso 29 luglio cinque istituti di credito italiani , Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Popolare, Ubi Banca e Monte dei Paschi di Siena, sono stati coinvolti in un sistema di valutazione chiamato stress test.

Gli stress test sono stati introdotti dopo la crisi finanziaria del 2008 allo scopo di ristabilire la fiducia degli investitori negli istituti di credito. Questo particolare tipo di valutazione simula diversi scenari economici e finanziari e si svolge in due fasi. In una prima fase viene valutato lo stato di salute di una banca in condizioni ordinarie, mentre in una seconda fase vengono valutate le prestazioni della stessa banca in condizioni negative o critiche. Attraverso gli stress test si cerca di stabilire quanto capitale sia a disposizione della banca, nel caso in cui si verifichi la necessità di dover assorbire perdite improvvise determinate da una crisi economica. Tra le condizioni ipotizzate c’è un calo del pil nel biennio 2016/2018, un peggioramento del rating dei titoli di stato e dei prezzi degli immobili residenziali e commerciali[1].

Per anni le banche italiane sono state oggetto di preoccupazione per gli analisti finanziari poiché detengono una quota di crediti deteriorati. Questa tipologia di crediti è frutto in parte della crisi economica, che ha fatto sì che diversi privati e imprenditori non fossero più in grado di ripagare gli interessi sui prestiti ricevuti, e per un’altra parte  sono il frutto di scelte imprudenti e sconsiderate  degli amministratori delle banche, che hanno operato in maniera sconsiderata, elargendo credito ad amici o alleati politici che difficilmente avrebbero potuto onorare l’impegno. Una fetta significativa del totale dei crediti deteriorati è detenuta da un numero relativamente ridotto di debitori. Oggi, circa il 17 per cento del totale dei crediti erogati dalle banche italiane rischia di non essere restituito.

 Delle cinque banche esaminate, quattro hanno superato positivamente la valutazione. Monte Paschi di Siena, invece con 47 miliardi di crediti deteriorati, è stata bocciata  e si è classificata come la peggior banca d’Europa.

Al di là degli stress test, i  problemi del settore bancario italiano sono noti  da anni e hanno un’origine soprattutto locale: dirigenti e sistemi di governance antiquati, frequenti collusioni con la politica che ha portato alla nascita di decine di istituti minuscoli e spesso poco efficienti.

La Banca d’Italia, l’associazione delle banche, Confindustria, il Fondo Monetario Internazionale e persino  l’Economist, nell’articolo di questa settimana, dice che l’unica soluzione per le banche italiane è quella di mettere in campo soldi pubblici. Il problema è come farlo. Le nuove regole europee concedono agli stati la possibilità di salvare le banche, ma  la concedono solo nella misura in cui parte del salvataggio viene fatta pagare ai proprietari (cioè gli azionisti) e agli investitori della banca (cioè gli obbligazionisti) e, in casi estremi, anche a coloro che hanno depositato nella banca grosse somme di denaro (i depositi fino a 100 mila euro sono assicurati e in teoria non rischiano nulla, tranne in caso di eventi enormemente negativi)[2].

 Quelli italiani non sono gli unici Istituti di Credito in difficoltà. Anche le tedesche Deutsche Bank e Commerzbank saranno sotto stessa osservazione. Deutsche Bank ha a bilancio 30mila miliardi di derivati di e ha annunciato di aver dimezzato i profitti. In Spagna preoccupa la situazione di Santander e Banco Popular.

L’Unione Europea ancora una volta si trova a dover affrontare una situazione difficile per la quale è necessario un lavoro unanime per consolidare le basi di una Unione, in questo caso finanziaria, che è ancora in continuo divenire.

Piera Lazzano

 [1] Internazionale “Cosa sono gli stress test e qual è la situazione delle banche italiane del 28/07/2016

[2] www.ilpost.it  “I guai delle banche italiane, spiegati” del 09/07/2016


 

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