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Giorgia Meloni e la strumentalizzazione dello stupro

Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia strumentalizzano uno stupro per parlare di ordine pubblico e politiche securitarie disumanizzando la vittima della violenza sessuale a favore di un nemico comune: lo straniero.


I leader dei partiti di destra hanno sempre utilizzato fatti di cronaca al fine di stigmatizzare intere categorie di persone, quali migranti, richiedenti asilo, stranieri con permesso di soggiorno, migranti di seconda generazione, e così via. 

Possiamo affermare che negli ultimi anni la tattica più amata dalle destre per parlare direttamente alla pancia del Paese è quella del “tutto fa brodo”, soprattutto quando l’argomento principale è l’attuazione di politiche migratorie e securitarie più restrittive di quelle già vigenti. Ma con la pubblicazione sui canali social di un video di uno stupro avvenuto qualche giorno fa a Piacenza è stato superato ogni limite.

Il video, nel quale era possibile vedere e udire le urla della donna che subisce la violenza, è diventato virale grazie alla condivisione nelle pagine ufficiali dei leader di destra candidati alle politiche e possibili futuri premier – prima tra tutti Giorgia Meloni e successivamente da Matteo Salvini – fino a quando il video non è stato segnalato ed eliminato dai social perché in violazione con i cosiddetti standard di comunità.

Due categorie di persone vulnerabili, donne e migranti, messe alla gogna con un solo tweet: le prime disumanizzate e sfruttate come un oggetto durante la campagna elettorale; i secondi stigmatizzati e criminalizzati come categoria a causa dell’azione di un singolo individuo.

«Non si può rimanere in silenzio» ha scritto la Meloni nel post ormai eliminato «davanti a questo atroce episodio di violenza sessuale ai danni di una donna ucraina compiuto di giorno a Piacenza da un richiedente asilo». Infine, ha aggiunto «un abbraccio a questa donna» al quale promette «sicurezza nelle nostre città».

La strumentalizzazione a fini politici dello stupro

Una violenza sessuale spettacolarizzata per fini politici, per acchiappare like e voti il 25 settembre, dove la vittima (una donna di 55 anni) è stata letteralmente utilizzata per portare avanti un programma politico che non ha nulla a che fare con il fenomeno della violenza sulle donne (fenomeno che oltretutto necessiterebbe maggiori attenzioni dalla politica e da tutti i candidati) ma per parlare di sicurezza nelle città, ordine pubblico e di invasione di migranti.

La strumentalizzazione di un dolore atroce, fisico e psicologico, che la vittima ha subito domenica scorsa e che ha dovuto subire nuovamente quando il video è stato pubblicato senza il suo consenso, violando anche la sua privacy.

Una donna disumanizzata da una narrazione che non la rappresenta più come una persona, ma diviene mero strumento per porre l’attenzione sull’uomo non tanto come autore della violenza bensì in quanto straniero, mettendo così in atto una razzializzazione della violenza sessuale che, secondo questa inconsistente narrazione, è esercitata maggiormente (se non solamente) da stranieri al fine di dipingere la totalità dei migranti come probabili stupratori.

La razzializzazione della violenza sessuale sembra quasi attuare un doppio standard di criminalizzazione degli stupratori a seconda della loro nazionalità ed etnia: infatti se il presunto stupratore è straniero esso ha alte probabilità di essere ritenuto dall’opinione pubblica colpevole; se invece si tratta di un italiano, vengono spesso sollevati dubbi sulla veridicità dell’accaduto e non raramente si è tentato di screditare la vittima della violenza.

Questa narrazione ignora volutamente per fini politici che la violenza sulle donne, in particolare la violenza sessuale, è un fenomeno strutturale messo in atto maggiormente – come riportato dai dati ISTAT – da partner, parenti o amici: gli stupri sono commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 9,4% da amici e nel 3,6% da parenti. A differenza della narrazione proposta dalle destre, non è stabilita statisticamente alcuna particolare connotazione etnica, religiosa o culturale a stupratori e molestatori.

Cosa ci resta di questi tre giorni di spregevole campagna elettorale?

La Procura di Piacenza ha aperto un fascicolo per la diffusione illecita di immagini senza consenso pubblicate dalle testate giornalistiche Libero, Stopcensura, Rassegna Italia e Voxnews e da Giorgia Meloni. Tuttavia, la cancellazione del video e il suo sequestro sono avvenuti troppo tardi e purtroppo la vittima è stata riconosciuta. Giorgia Meloni continua ad affermare di aver espresso solidarietà alla vittima e non ritiene debba scusarsi nonostante con la pubblicazione del video ha offerto la vittima dello stupro in pasto ai suoi seguaci, rendendola vittima due volte e negandole, ancora una volta, la possibilità di esprimere il suo consenso.

Si osserva che per Giorgia Meloni le violenze sessuali si riducono a semplici questioni di ordine pubblico e “consola” la vittima e i suoi elettori promettendo città sicure invece di, ad esempio, pensare a nuove politiche di prevenzione o al potenziamento di strumenti di tutela per le vittime, come i centri antiviolenza o le Case Rifugio. «Il suo interesse» spiega in modo chiaro Nadia Terranova su La Stampa «non era la violazione del corpo – di quel singolo corpo, che appartiene a quella donna e a nessun’altra – ma il decoro della città con l’individuazione squadrista del nemico».


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