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TPI, come funziona lo scudo anti-spread della BCE

Per limitare gli eccessi nella divaricazione degli spread, la BCE ha ideato un nuovo strumento: il Transmission Protection Instrument (TPI).


La riunione del Consiglio dei Governatori della Banca Centrale Europea (BCE), avvenuta lo scorso 21 luglio, ha preso diverse decisioni importanti per il futuro della politica monetaria dell’Eurozona.

Innanzitutto ha innalzato i tre tassi d’interesse principali dell’Eurozona di mezzo punto, più del quarto di punto atteso, per mostrare una forte determinazione ad arrestare l’esplosione dell’inflazione: «Il Consiglio direttivo ha deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale saranno innalzati rispettivamente allo 0,50 per cento, allo 0,75 per cento e allo 0,00 per cento, con effetto dal 27 luglio 2022».

Le ragioni che spiegano la scelta effettuata dalla BCE sono indicate all’inizio del documento: «Ciò sosterrà il ritorno dell’inflazione verso l’obiettivo di medio termine del Consiglio direttivo rafforzando l’ancoraggio delle aspettative di inflazione e assicurando che le condizioni della domanda si adeguino in linea con il conseguimento dell’obiettivo di inflazione nel medio periodo».

La seconda decisione importante è stata la creazione dello strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, il Transmission Protection Instrument (TPI). Nonostante l’obiettivo reale sia contrastare gli effetti della divaricazione dei differenziali fra i titoli di debito pubblico degli Stati membri dell’Eurozona, esso è indicato come strumento ideato «al fine di sostenere l’efficace trasmissione della politica monetaria». 

Il Transmission Protection Instrument (TPI)

Quali sono le ragioni che hanno spinto la BCE alla creazione di questo strumento? Sostanzialmente la valutazione circa l’inefficacia dei due strumenti attualmente presenti e la consapevolezza che l’innalzamento dei tassi di interesse avrebbe delle ripercussioni sulla divaricazione dei rendimenti dei titoli di stato dei Paesi dell’Eurozona. I due strumenti attualmente eleggibili per ridurre gli spread sono il Pandemic Emergency Purchase Program (PEPP) e il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES). 

Relativamente al primo, si potrebbe dire che non è sufficiente in caso di un forte attacco speculativo contro un Paese, in quanto avrebbe la capacità di reinvestire soltanto quanto ottenuto dalla scadenza dei titoli già posseduti, sebbene in modo non proporzionale al principio della “capital key”, cioè in base alla quota di partecipazione di ciascuno Stato al capitale della BCE stessa. 

In merito al secondo, si può dire che non è considerato un’alternativa valida per il costo politico che dovrebbe sostenere il Paese che lo richiede: si tratterebbe di adeguarsi a una serie di regole fiscali dure, con impatti sociali pesanti, per ottenere l’intervento a sostegno dei propri titoli da parte dei fondi del MES. Nessuno Stato ne farebbe richiesta, salvo essere già in condizioni disperate e, quindi, avere già determinato una situazione esplosiva per il mercato finanziario dell’Eurozona. Proprio per evitare questo rischio di tempesta finanziaria, la BCE ha messo a punto questo nuovo strumento col quale potrebbe agire in autonomia. 

Come funziona il TPI 

Il funzionamento di questo strumento prevede la possibilità della BCE di agire sul mercato secondario dei titoli, in particolare quello dei titoli di Stato. I titoli acquistabili sono quelli che vedono una scadenza fra uno e dieci anni. Il direttivo della BCE agirà, però, solo sotto particolari condizioni: nello specifico, nel caso in cui un Paese presenti un deterioramento delle condizioni di finanziamento sul mercato non dipendenti dai suoi fondamentali e che soddisfi i quattro parametri di intervento stabiliti nel documento. I quattro parametri sono molto stringenti e prevedono il rispetto delle regole fiscali comunitarie: 

– il Paese non deve avere una procedura per disavanzo eccessivo aperta e deve essersi adeguato alle raccomandazioni in materia da parte della Commissione; 

– il Paese non deve avere una procedura per squilibri macroeconomici eccessivi aperta e deve essersi adeguato alle raccomandazioni in materia da parte della Commissione;

– il debito pubblico deve collocarsi su una rotta considerata sostenibile da parte non solo della BCE e della Commissione, ma anche del MES e del Fondo Monetario Internazionale (FMI);

– il Paese deve avere politiche macroeconomiche sane e, in particolare, deve essere in linea con quanto previsto per l’erogazione dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e con le osservazioni fatte dalla Commissione nell’ambito del semestre europeo.

Le critiche al TPI 

Come è facile intuire, siamo in presenza di indicazioni che sono contemporaneamente stringenti e fumose. In particolare, mentre i parametri uno e due sono facilmente identificabili e permettono di conoscere la posizione di un Paese in anticipo, il parametro tre risulta poco chiaro e soggetto a interpretazioni parziali, in quanto la sostenibilità di un debito non è materia di semplice deduzione e dipende dalle circostanze esterne. Anche il parametro quattro può essere soggetto a interpretazione nella parte in cui fa riferimento a politiche macroeconomiche sane, a meno che non consideri come parametro esclusivamente l’adeguamento alle indicazioni della Commissione e il rispetto dell’attuazione del PNRR. 

Molti analisti vedono nella struttura del TPI un modo per la BCE di mantenere le mani libere e decidere sul momento la propria linea di azione, cioè il mantenimento di una forte discrezionalità e del ritorno di una netta divaricazione, dopo gli anni straordinari della pandemia, fra autorità di politica monetaria e autorità di politica fiscale, che comunemente è indicata come “indipendenza del banchiere centrale”.

Altri analisti sono ancora più maliziosi e vedono nello strumento qualcosa che è discrezionalmente utilizzabile, ma che verrà usato soltanto nel caso in cui, come indicato nel documento, il costo di finanziamento eccessivo richiesto dal mercato non rispecchi i fondamentali del Paese in esame. In questa formulazione può essere rintracciata la continua lotta fra falchi e colombe del Direttivo, fra Paesi del nord e del sud Europa. I primi vedono nell’agire dei mercati l’arma per irreggimentare le politiche fiscali delle cicale del sud; i secondi vedono da parte dei primi un tentativo di intromissione nelle proprie scelte di politica fiscale, accompagnato da una solidarietà assente in presenza di un attacco speculativo.

In conclusione, su questo equilibrio europeo, e in sede del direttivo della BCE, si giocherà l’utilizzo del nuovo strumento, nella speranza che il solo annuncio del suo varo sia sufficiente a disincentivare qualunque volontà di speculazione nella riedizione di un “whatever it takes” draghiano. Qualora così non fosse e i mercati decidessero di vedere quello che potrebbero considerare un “bluff” da parte della BCE, potrebbero scatenarsi forti turbolenze. Fra i primi candidati, con la nostra endemica instabilità politica e con le elezioni alle porte nel mese di settembre, sul banco delle potenziali vittime di un attacco speculativo potremmo essere proprio noi. Il Direttivo della BCE interverrebbe per salvarci?


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