Croazia, le violenze sui migranti non si fermano

La rotta balcanica continua ad essere teatro di violenze. In Croazia sono stati sospesi tre agenti per abusi nei confronti dei migranti alla frontiera.


Qualche settimana fa un’inchiesta del Lighthouse Report ha fatto luce su avvenimenti estremamente gravi avvenuti sul confine tra Croazia e Bosnia: uomini col volto coperto da un passamontagna hanno malmenato, torturato e derubato uomini, donne e bambini che cercavano di transitare oltre il confine. L’inchiesta riporta i dati relativi a 11 di questi eventi, evidenziando che fatti della stessa natura sarebbero stati registrati anche in Grecia e Romania.

I respingimenti violenti sono organizzati da squadre che appaiono legate alle autorità locali, delle quali maneggiano le armi. La polizia croata non è nuova alle accuse di violenza e maltrattamenti e, nonostante Zagabria abbia sempre negato, sono molte le testimonianze che confermano le accuse. 

Un poliziotto croato, ad esempio, ha riferito ai giornalisti che, nonostante non esista un ordine ufficiale, è generalmente noto che i migranti che sconfinano sul territorio croato debbano essere riportati in Bosnia

Il progetto di giornalismo collaborativo Lighthouse Report è riuscito a puntare i riflettori su una situazione estremamente grave che per troppo tempo ha visto l’Europa cieca. 

Un primo risultato, benché poco consolatorio, è stato la sospensione di tre agenti dell’antisommossa croata, accusati di aver preso parte ai respingimenti denunciati. 

La rotta balcanica è teatro di uno dei più imponenti fenomeni migratori, in cui migliaia di persone tentano di sopravvivere al Game – così è chiamato il tentativo di attraversare le frontiere per arrivare alla destinazione finale. 

L’inverno sta per arrivare e, purtroppo, non è raro che i migranti arrivino ai campi profughi senza indumenti né scarpe a causa degli abusi subiti dalla polizia durante la traversata. 

Benché le rivelazioni dell’inchiesta contengano accuse forti e inequivocabili, la risposta della Croazia fa riflettere sull’impreparazione dell’Unione Europea in materia di accoglienza.

Il ministro dell’Interno, Davor Bozinovic, ha dichiarato: «Molti studi da istituzioni croate e internazionali avvertono del possibile arrivo di un gran numero di migranti come effetto della situazione in Afghanistan. L’Europa deve prepararsi per questo. Eppure, detto francamente, l’Ue non è pienamente preparata». 

L’attuale sistema di gestione dei flussi migratori si basa sul Regolamento di Dublino, il quale sancisce che prima della valutazione delle domande di asilo, sono i Paesi di primo arrivo a doversi prendere cura dei migranti, aumentando la pressione su Paesi come Croazia, Grecia e Italia.

In risposta alle accuse derivanti dall’inchiesta, Bozinovic ha affermato: «Se quello di cui stiamo parlando venisse provato in un procedimento giudiziario, si tratterebbe comunque di un comportamento inaccettabile, ma non lo collegherei esclusivamente alla repressione dell’immigrazione clandestina. Questo è un comportamento inaccettabile di un agente di polizia in qualsiasi situazione, allo stadio o in qualche altro intervento».

Il premier croato Plenkovic, tuttavia, ci tiene a sottolineare come la protezione dei confini sia una prerogativa dello Stato sovrano: «La Croazia rispetta le proprie leggi e i regolamenti internazionali […] abbiamo il compito di proteggere il nostro confine e di prevenire l’immigrazione clandestina e pertanto apprezziamo il ruolo della polizia croata che protegge il confine».

Lecito? No. I respingimenti alla frontiera sono illegali e violano l’articolo 14 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra. In particolare, l’articolo 14 sancisce il diritto degli individui di cercare asilo dalle persecuzioni, e l’articolo 33 vieta agli Stati di respingere  un individuo verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate.

Denunciare queste azioni è necessario ma non sufficiente, l’Unione Europea dovrebbe prendere atto della posizione tenuta ormai da anni dai Paesi di primo arrivo e concordare un metodo che tuteli prima di tutto gli individui ma anche gli Stati che se ne fanno carico anche se temporaneamente.


Immagine in copertina di Gémes Sándor/SzomSzed