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Migranti, l’Europa riparte dai rimpatri volontari

La Commissione europea ha presentato la nuova strategia per la gestione delle migrazioni, puntando sui rimpatri volontari e la reintegrazione dei migranti nei Paesi d’origine o di transito.


Lo scorso 27 aprile, la Commissione europea ha adottato la prima strategia dell’UE sui rimpatri volontari e la reintegrazione, volta a favorire la riammissione volontaria e la reintegrazione dei migranti nei Paesi d’origine o di transito, nell’ottica della creazione di un sistema comune europeo sui rimpatri – uno degli obiettivi fondamentali del Patto sulle migrazioni e l’asilo. La nuova strategia introduce misure pratiche finalizzate «a rafforzare il quadro giuridico e operativo per i rimpatri volontari dall’Europa e dai Paesi di transito, migliorare la qualità dei programmi di rimpatrio e reintegrazione, stabilire un miglior collegamento con le iniziative di sviluppo e rafforzare la cooperazione con i Paesi partner».

La «tragedia europea» – così l’ha definita la commissaria per gli Affari interni e la Migrazione, Ylva Johansson, nel giorno della presentazione della nuova strategia – consumatasi a largo della Libia il 22 aprile scorso, e che è costata la vita a 130 persone, ha riportato al centro del dibattito europeo l’urgenza di addivenire a un accordo sul Patto su migrazioni e asilo presentato dalla Commissione lo scorso settembre e tuttora ostaggio dei veti incrociati degli Stati.

L’impasse sul Patto sulle migrazioni e l’asilo

I Paesi dell’Unione europea, infatti, stanno ancora negoziando i contenuti del nuovo Patto che dovrebbe superare l’inefficienza del sistema di accoglienza previsto dal Regolamento di Dublino.

Il nuovo Patto propone essenzialmente tre pilastri: il rafforzamento della collaborazione con i Paesi terzi, d’origine e di transito, dei richiedenti asilo, col fine di combattere il traffico di migranti; l’adozione di procedure veloci per l’esame delle richieste di protezione internazionale, per individuare immediatamente i soggetti che hanno diritto di richiedere asilo e quelli che invece devono essere rimpatriati; e la predisposizione di un meccanismo di solidarietà obbligatoria, fondato sulla redistribuzione dei migranti irregolari e, in alternativa, su un sistema di rimpatri sponsorizzati a carico degli Stati membri, da attivare nel caso in cui uno Stato di frontiera dovesse trovarsi a gestire ingenti crisi migratorie.

L’impasse – come era prevedibile – riguarda principalmente il meccanismo di redistribuzione, con gli Stati in prima linea (Italia, Spagna, Grecia, Malta, Cipro) che spingono per una ricollocazione obbligatoria, e quelli del blocco orientale (Polonia e Ungheria, in primis) che invece ribadiscono la loro contrarietà alla redistribuzione dei richiedenti asilo. Del resto, tutti i tentativi di riforma del sistema di distribuzione previsto dall’attuale normativa UE, che si sono susseguiti in questi anni (dal meccanismo di ricollocazione temporanea proposto dalla Commissione Juncker nel 2015 fino al cosiddetto “compromesso Bulgaria” del 2018) hanno trovato il muro degli Stati dell’est, e in generale degli Stati periferici, che hanno sempre promosso una forma di solidarietà volontaria e mai obbligatoria.

Preso atto del fallimento della strategia della redistribuzione, e stante la necessità, per l’Europa, di «fare di tutto per salvare le vite», la Commissione sta provando quindi ad accelerare l’approvazione, in seno a Parlamento e Consiglio, del Patto sulle migrazioni e l’asilo, puntando piuttosto sul pilastro dei rimpatri e sul loro carattere volontario.

Perché i rimpatri volontari

L’idea è che, in quanto «rimpatrio assistito e indipendente di una persona che non ha il diritto di soggiornare nell’UE nel paese di origine o di transito, in base alla propria libera volontà», il rimpatrio volontario sia più efficace del rimpatrio forzato, specie se accompagnato da un sistema di reintegrazione del rimpatriando nel Paese di rinvio. «Il rimpatrio volontario è sempre la soluzione migliore: mette al centro l’individuo», ha detto a proposito la commissaria Johansson, durante la conferenza stampa in cui, assieme al vice presidente della Commissione europea, Margaritis Schinas, ha presentato la nuova strategia.

Inoltre, se anche gli Stati membri assistessero il rimpatriando, incentivandone la reintegrazione nel Paese di rinvio, «con la copertura delle spese di viaggio e fornendo aiuto, in contanti o in natura, per un breve periodo all’arrivo», un sistema di rimpatri volontari e reintegrazione sarebbe comunque meno costoso. Secondo uno studio del Parlamento europeo, i costi di gestione sarebbero di gran lunga inferiori: ne resterebbero esclusi, ad esempio, quelli per la detenzione amministrativa dei migranti prima dell’allontanamento fuori dai confini dell’UE. 

La nuova strategia si propone, poi, di prevenire il rischio di fuga e di porre un freno agli spostamenti irregolari, abbandonando il sistema delle redistribuzioni (cui neppure fa cenno) e promuovendo, appunto, la politica dei rimpatri volontari direttamente dai Paesi di primo approdo dei migranti. Dei migranti irregolari che ogni anno approdano in Europa, e che quindi non hanno il diritto di soggiornarvi, infatti, «solo un terzo rientra nel paese d’origine e meno del 30 per cento lo fa di sua spontanea volontà». Molte delle persone che ricevono un provvedimento di espulsione, infatti, riescono a spostarsi dal Paese di primo approdo verso altri Stati Membri, soprattutto nel nord Europa. 

In tal senso, la prima strategia sui rimpatri volontari e la reintegrazione aiuterà i rimpatriati, sia dall’UE che dai Paesi terzi, a cogliere le opportunità disponibili nel loro Paese d’origine, contribuire allo sviluppo della comunità e rafforzare la fiducia nel nostro sistema migratorio così da renderlo più efficace», ha dichiarato ancora la commissaria per gli Affari interni.

Cosa prevede la nuova strategia

Il piano della Commissione si propone di promuovere i rimpatri volontari, incentivando le azioni degli Stati membri, con l’ampliamento del fondo di spesa a esse destinato già a partire dal bilancio 2021-2027, e rafforzando la cooperazione tra l’Unione e gli Stati partner.

In quest’ottica, un ruolo fondamentale è affidato, ancora una volta, a Frontex, l’Agenzia europea di frontiera che – a dispetto dell’inchiesta del Parlamento europeo che la vede coinvolta con riferimento ai presunti respingimenti illegali attuati nell’Egeo e nella frontiera orientale, nonché delle accuse di irregolarità nella gestione delle sue risorse finanziarie – vedrà il suo mandato rafforzato, al fine di sostenere gli Stati membri in tutte le fasi del processo di rimpatrio volontario e di reintegrazione, «anche per quanto riguarda l’attività di consulenza prima del rimpatrio, il sostegno successivo all’arrivo nel paese di destinazione e il monitoraggio dell’efficacia dell’assistenza al reinserimento».

Il piano istituirà, inoltre, la figura del coordinatore per i rimpatri, che sarà nominato dalla Commissione e verrà supportato da una nuova rete per i rimpatri, costituita dai rappresentanti degli Stati membri. «Il coordinatore per i rimpatri e la rete ad alto livello per i rimpatri, composta da rappresentanti degli Stati membri – si legge nel comunicato della Commissione – forniranno supporto tecnico agli Stati membri per portare maggiore coerenza tra le diverse politiche che influenzano l’efficacia delle politiche di rimpatrio, basandosi sulle esperienze positive degli Stati membri».

La nuova figura «si concentrerà anche sull’assistenza al reinserimento in specifici paesi partner, assicurandosi in particolare che le diverse parti interessate lavorino insieme per utilizzare appieno il sostegno disponibile. Il lavoro sia del coordinatore che della rete ad alto livello formerà parte integrante del quadro di governance stabilito dalla proposta di regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione».

Il punto nodale del piano è dato, comunque, dalla necessità, per l’UE, di fortificare – e non di poco – il coordinamento per la riammissione dei migranti con gli Stati di transito e i Paesi d’origine. Proprio tale coordinamento costituisce «un aspetto fondamentale dei partenariati nel settore della migrazione che l’UE rafforzerà nell’ambito del nuovo patto sulla migrazione e l’asilo».

In questi anni, l’UE ha concluso numerose intese vincolanti sui rimpatri e sta già lavorando «per creare partenariati reciprocamente vantaggiosi con i paesi terzi utilizzando tutti gli strumenti politici necessari disponibili». Tuttavia, occorre ricordare anche come l’incapacità di trovare una visione comune con riferimento a una politica europea delle migrazioni, abbia condotto alla sottoscrizione di accordi di riammissione con Paesi che si sono, nel tempo, rivelati irrispettosi dei diritti fondamentali degli individui: si pensi all’accordo con la Turchia di Erdoğan o all’accordo dell’Italia con la Libia.

Per questo, se è vero che risulterà determinante, per la (eventuale) buona attuazione della nuova strategia, intensificare il sostegno ai Paesi di origine e favorire una piena reintegrazione in patria dei migranti, ancora più importante sarà per l’UE garantire la tutela dei diritti degli individui, assicurando in concreto il rispetto del principio di non respingimento.