La scuola e l’istruzione colpite dal Covid-19

L’istruzione a tutti i suoi livelli tenta di ripartire dopo lo stop causato dal lockdown, ma le conseguenze economiche dovute al Coronavirus non sono ancora definibili. 


La pandemia COVID-19 non si è fermata lungo i confini nazionali e ha colpito le persone a prescindere da nazionalità, livello di istruzione, reddito o sesso. Ma lo stesso non è stato vero per le sue conseguenze, che hanno colpito vari settori dell’economia in modo più o meno forte e l’istruzione non fa eccezione. L’OCSE, con il suo recente studio intitolato “The Impact of COVID-19 on Education”, mette in evidenza l’impatto che ha avuto e sta avendo il Coronavirus sull’istruzione dei Paesi che ne fanno parte.

Vari sono gli aspetti che la pandemia ha messo in luce in termini di inadeguatezze ed iniquità nei nostri sistemi educativi: dall’accesso alla banda larga e computer necessari per l’istruzione in linea, al supporto di ambienti necessari per concentrarsi sull’apprendimento, fino al disallineamento tra risorse e bisogni.

A ciò, si unisce la riduzione delle risorse a disposizione delle famiglie appartenenti a contesti socio-economici più fragili e la relativa considerazione del costo opportunità di un’immatricolazione a fronte di un inserimento nel mondo del lavoro. Infatti, studenti che hanno un background privilegiato e sono stati supportati dai genitori hanno avuto sicuramente una prospettiva migliore in termini di studio durante il lockdown, mentre chi proviene da ambienti svantaggiati non ha potuto proseguire il percorso di apprendimento, rimanendo in casa durante il periodo di chiusura delle istituzioni scolastiche.

Per mantenere la continuità di apprendimento durante questo periodo, infatti, i bambini e gli studenti di tutto il mondo hanno dovuto fare affidamento sulle loro risorse per continuare a imparare a distanza, usando, appunto, Internet, televisione o radio. Anche gli insegnanti hanno dovuto adattarsi a nuovi concetti pedagogici e modalità di erogazione dell’insegnamento per cui non erano stati addestrati. Sicuramente l’uso della didattica online è stata comunque una fondamentale contromisura temporanea, ma probabilmente potrebbe anche esserlo nel lungo periodo.

Una soluzione di questa portata, come prospettata da alcune Università (l’Università di Cambridge ha annunciato che tutto l’anno accademico 2020-2021 si terrà online), rischierebbe di ridurre considerevolmente le future iscrizioni. Il motivo è che, se questa decisione storica fosse emulata anche da altri atenei a livello globale, il rischio sarebbe proprio quello di un cospicuo calo delle immatricolazioni. Ciò comporterebbe la crisi del settore universitario, con la possibile creazione di un bacino di giovani lavoratori meno istruiti.

Infatti, il mondo dell’insegnamento universitario è stato investito da innumerevoli cambiamenti. Come riporta l’articolo del sole 24 di Azzurra Rinaldi per Econopoly, citando le stime dell’Osservatorio Talents Venture, se le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI) si riveleranno corrette, il numero di immatricolati nelle università italiane per l’anno accademico 2020-2021 potrebbe ridursi di circa 35mila unità rispetto all’anno precedente, ovvero dell’11%.

Il risultato potrebbe essere un’enorme perdita per gli atenei italiani, pari a circa 46 milioni di euro, dovuta al minor gettito da tasse universitarie. Inoltre, è plausibile pensare che nella scelta di non immatricolarsi confluirà anche la ridotta mobilità internazionale, sia per gli studenti italiani che intendevano recarsi all’estero che per coloro che avrebbero scelto il nostro Paese come meta di studi.

In Italia, invece, Talents Venture ipotizza una contrazione della domanda estera di immatricolazione, che nell’a.a. 2018-2019 era pari a 15.600 unità, in aumento dello 0,5% rispetto all’anno precedente. Ricordando cosa è stato detto in un nostro precedente articolo, il futuro della cosiddetta “generazione lockdown” rischia di essere compromesso a causa di shock sistemici in vari settori concatenati a quello del lavoro che comporteranno a loro volta una diminuzione del capitale umano in seno ai giovani e la possibile marginalizzazione degli stessi nel mercato del lavoro.

Di conseguenza, poiché un alto livello di istruzione è strettamente connesso ai miglioramenti nel mercato del lavoro in termini di produttività e guadagni (teoria del capitale umano di Schultz), la perdita di capitale umano della “generazione lockdown” renderà molto difficoltoso il loro inserimento nel mondo del lavoro.

Sempre l’OCSE, citando il lavoro di Hanushek e Woessman sull’analisi di regressione storica della crescita, ha messo in risalto come, nel lungo periodo, l’impatto economico di una perdita equivalente ad un terzo di anno di scolarizzazione possa essere determinante per il Prodotto interno lordo (Pil) mondiale. Infatti, poiché la perdita di apprendimento porterà alla perdita di competenze che le persone hanno in relazione alla loro produttività, il Pil potrebbe essere in media inferiore dell’1,5% per il resto del secolo. Inoltre, il valore attuale del totale del costo ammonterebbe a circa il 69% del Pil corrente per nazione.

La pandemia quindi ha avuto un notevole impatto sull’istruzione e, sebbene gli istituti di istruzione superiore e le università siano state veloci nel sostituire le lezioni frontali con l’apprendimento online, le chiusure hanno avuto impatto sull’apprendimento e sugli esami, nonché sulla sicurezza e lo status giuridico degli studenti internazionali nel Paese ospitante. Le università, pertanto, avranno bisogno di reinventare i loro ambienti di apprendimento in modo che la digitalizzazione ampli ed integri studenti-insegnanti, ma per far ciò sono necessari investimenti nel settore.

In questo senso, nel breve periodo, alcuni Paesi hanno attuato immediatamente misure finanziarie a sostegno degli studenti e dei sistemi educativi nell’affrontare le interruzioni e l’impatto economico della scuola e delle chiusure universitarie. Fra questi ricordiamo:

  1. Il pacchetto di aiuti per l’istruzione superiore, lanciato ad aprile 2020 dal governo australiano, che ha fornito finanziamento agli australiani che sono stati sfollati come a risultato della crisi COVID-19 e che stavano cercando di migliorare le proprie capacità o riqualificarsi. Questo pacchetto ha ridotto il costo della partecipazione a brevi corsi online, previste esenzioni da canoni di prestito per studenti domestici per un periodo di sei mesi a partire da maggio e finanziamento garantito per gli studenti domestici, anche se le iscrizioni sono diminuite.
  1. Il lancio del Canada Emergency Student Benefit annunciato nell’aprile 2020 che cerca di fornire finanziamenti a sostegno degli studenti post-secondari che non sono riusciti a trovare un lavoro, a causa del Covid-19, durante i mesi estivi.
  2. Relativamente al Governo italiano, la cui scuola è ripartita proprio ieri. Non bisogna dimenticare tra le misure quelle per il sostegno all’apprendimento a distanza nel marzo 2020 per dotare le scuole con piattaforme digitali e strumenti per l’apprendimento a distanza, prestare dispositivi digitali a studenti meno abbienti e formare personale scolastico in metodologie e tecniche per apprendimento a distanza. Nel maggio 2020, nuove misure con cui si cerca di fornire finanziamenti aggiuntivi per coprire i costi associati a servizi speciali, sicurezza attrezzature e materiale per la pulizia necessari nelle scuole e università per il prossimo anno accademico. Inoltre, sono state approvate risorse finanziarie aggiuntive, reclutati nuovi insegnanti per il livello primario e secondario per il prossimo anno scolastico.
  1. I pacchetti di sostegno per gli studenti dell’istruzione terziaria, annunciati dal Governo della Nuova Zelanda nell’aprile 2020, per aiutare gli studenti con misure che includano l’aumento della quantità di prestiti agli studenti.
  2. Supporto finanziario dell’Inghilterra (Regno Unito) per le scuole, lanciato nell’aprile 2020, per fornire finanziamenti aggiuntivi alle scuole al fine di sostenerle con i costi associati al Coronavirus.
  3. L’annuncio del Act Higher Education Fund per i soccorsi di emergenza da parte delle autorità educative negli Stati Uniti.

Concludendo, si può notare come è stato fatto molto a livello mondiale in termini di investimenti economici, in particolare nel breve periodo, per affrontare questa crisi, ma nel lungo periodo è necessario un cambio di rotta in virtù proprio delle conseguenze incerte della pandemia. In tal senso, sono da monito le parole di Mario Draghi, il quale sostiene che «la visione di lungo periodo deve sposarsi con un’azione immediata» proprio sui giovani e sull’istruzione, andando oltre le discussioni di queste settimane su banchi a rotelle e metri quadrati.

C’è una ragione logica ed etica alla base di questo concetto: «il debito creato dalla pandemia dovrà essere ripagato da coloro che oggi sono giovani, ed è nostro dovere fare in modo che abbiano le capacità per farlo», perché «privare un giovane del futuro è una delle forme più gravi di diseguaglianza».


 

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