Van Gogh: l’uomo, l’artista, il genio

Van Gogh non è certamente un personaggio che si possa descrivere facilmente, tuttavia è facile immergersi nelle sue opere ed in ognuna di esse trovare un pezzetto di Vincent. Scopriamo dunque qualcosa di più su di lui (da Inchiostro Virtuale).

Vincent Willem nacque nel 1853 a Zundert e il suo nome non fu scelto a caso: i coniugi Van Gogh infatti, esattamente un anno prima, avevano seppellito il loro primogenito, a cui avevano dato il nome di Vincent Willem Maria. Come disse il critico d’arte Rainer Metzger: «Fin dal primo giorno, quindi, la vita di Vincent fu segnata da una triste coincidenza».

Già in tenera età Vincent Van Gogh prova una profonda tristezza e sente di non essere compreso dal resto del mondo e da suo padre in particolare, che osteggia la sua passione per il disegno, unico sfogo che l’artista sente di avere. A dispetto dell’opinione del genitore, Van Gogh, sente che la sua strada conduce verso il mondo dell’arte e si cimenta nei suoi primi lavori, tutti autoritratti.

Poco dedito allo studio, ben presto iniziò a lavorare presso una casa d’arte specializzata nella riproduzione di stampe. Grazie a questo lavoro, Van Gogh ebbe modo di crescere artisticamente e di viaggiare. Si trasferì infatti prima a Bruxelles e poi a Londra, dove incontrò la giovane Eugenye, suo primo amore, che però lo rifiutò, facendolo piombare in una profonda depressione che alla fine lo portò a lasciare il lavoro.

Eugenye non sarà l’unica donna nella vita di Van Gogh, ma nessuna di loro riuscirà a dargli la felicità. L’unica persona che sembra comprenderlo, ed amarlo per ciò che è, è l’amato fratello Theo al quale scrive lunghe lettere dove racconta se stesso.

È ancora una volta la pittura che lo salva ed è da quel momento che la sua produzione artistica acquista importanza. Trasferitosi ad Arles, in Francia, Van Gogh sembra ritrovare la serenità, seppur passeggera. In quel periodo dipinge La casa gialla. Il suo rifugio, il posto dove si sente al sicuro e dove sogna, un giorno, di riunire una comunità di artisti per scambiarsi idee e vivere di arte.

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La casa gialla (1888)

Paul Gaugain era un suo grande amico: i due spesso si intrattenevano a parlare d’arte oppure visitando mostre, scambiandosi impressioni e opinioni. Il loro rapporto, però, s’incrinò considerevolmente quando le condizioni di salute di Van Gogh peggiorarono: Vincent iniziò, infatti, ad avere allucinazioni che lo portavano al delirio. Fu a causa di ciò, probabilmente, che, a seguito di un violento litigio con Gaugain, Van Gogh prese un rasoio e si tagliò il lobo dell’orecchio. In realtà c’è anche chi ha speculato sulla possibilità che fosse stato proprio Gaugain a mutilarlo, ma nessuna prova è mai stata trovata in merito. Dopo quell’efferato episodio, la precaria salute mentale di Van Gogh andò via via peggiorando.

Venne infatti ricoverato in ospedale, dove in molti nel campo della medicina tentarono di diagnosticare il disturbo che lo affliggeva. In realtà si arrivò a molte, moltissime diagnosi, tra cui schizofrenia, bipolarismo ed epilessia per citarne alcune allora conosciute. Ad oggi si aggiungono, tra i disturbi ipotizzati per Van Gogh, autismo e dislessia.

Uscì dall’ospedale per tornarci poco tempo dopo, a causa di un’altra crisi ancora più violenta, a seguito della quale lo stesso Van Gogh comprese la portata della sua malattia e si recò di sua volontà in una clinica psichiatrica. Straordinario è come, proprio a quel periodo, risalgano alcune delle sue opere più celeberrime come Notte stellata. O, ancora, Campo di grano con volo di corvi. 

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Notte stellata (1889)

Una volta dimesso dalla clinica, si trasferì ad Auvers-sur-Oise, dove si dedicò interamente alla pittura. La sua malattia, tuttavia, si ripresentò presto e con violenza: il 27 luglio del 1890 venne ritrovato nella sua camera d’albergo, sanguinante; ancora vivo confessò di essersi sparato un colpo di pistola al petto. Giacché fu impossibile estrarre il proiettile, venne medicato, fasciato e nulla più. Morì due giorni dopo, all’arrivo del fratello Theo.

Le sue ultime parole furono: «La mia tristezza non avrà mai fine». Tragicamente, la stessa sorte toccò a Theo. Non superò mai la morte di Vincent e venne ricoverato in una clinica psichiatrica, consumato dal senso di colpa per non aver salvato l’amato fratello. Morì anche lui a pochi mesi di distanza da Vincent. Entrambi sono sepolti ad Auvers, l’uno accanto all’altro.

Dal punto di vista pittorico, osservando i quadri, ci viene subito da dire: Van Gogh è decisamente un impressionista! Beh, non è esattamente vero. La tecnica pittorica di Van Gogh viaggia a cavallo tra il post-impressionismo ed il pre-espressionismo; il suo stile perciò è pressoché unico e inconfondibile. Van Gogh è stato certamente un precursore, senza nemmeno rendersene conto.

La storia di Van Gogh lascia sempre tanta tristezza, ed anche un po’ l’amaro in bocca, per ciò che questo straordinario uomo avrebbe potuto continuare a fare se non fosse stato consumato dalla malattia fino alla morte. Ha certamente sofferto molto e, ma proprio nella sua sofferenza, ci ha regalato alcuni dei capolavori artistici più importanti della storia dell’arte. Decisamente troppo difficile, impossibile forse, raccontare e comprendere Van Gogh, un’anima tormentata che ha trovato solo nell’arte un po’ di sollievo.

Di Serena Aiello


 

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