Turchia: l’inizio del declino economico?

Di Francesco Paolo Marco Leti – La crescita economica turca del primo decennio del nuovo secolo è stata straordinaria. I tassi di crescita del pil hanno, in alcuni anni, toccato anche la doppia cifra e il pil complessivo del paese si è triplicato nel corso di poco più di un decennio.

La crescita straordinaria si è anche diffusa sulla popolazione, fatto che si evince dalla crescita del pil pro-capite. Questi anni di tumultuosa crescita hanno permesso di porre un freno ai mali storici dell’economia turca: il debito pubblico e il deficit dello stato. Il primo si è pressoché dimezzato arrivando intorno al 40%, il secondo ha virato verso percentuali “occidentali” dall’oltre 10% dei primi anni del secolo. Anche l’ultimo problema endemico turco, il deficit delle partite correnti, sembra essere in miglioramento con una diminuzione del deficit commerciale e l’afflusso di capitali esteri.

Questo quadro economico idilliaco ha cominciato ad incrinarsi qualche anno fa, con la crescita della tensione nell’area mediorientale. Molta parte dello sviluppo turco si basa sull’afflusso di capitali dall’estero fondamentali per sviluppare gli investimenti. La condizione necessaria per l’afflusso di capitali, in particolare per quelli di breve periodo (come per la maggior parte sono quelli diretti in Turchia), è la stabilità politica ed economica che la crisi siriana prima, lo sviluppo dell’Isis poi, hanno reso incerta. Il pil cresce in misura minore rispetto agli anni precedenti aggirandosi intorno al 3%. Quello che più preoccupa, assieme al rallentamento dell’afflusso di capitali esteri, è la crescita della disoccupazione (oltre il 10%) e in particolare della disoccupazione giovanile (18,5%). Il dato della disoccupazione giovanile è molto preoccupante tenendo in debito conto che quella turca è una popolazione con un’età media bassa nella quale i giovani hanno un peso determinante. L’inflazione nel paese è in aumento (8,8%) ben oltre il livello di riferimento indicato dalla banca centrale (5%). La competitività delle merci turche è in peggioramento e non è alleviata dal deprezzamento della lira che, al contrario, inasprisce la bolletta energetica.

Il quadro macroeconomico del paese è molto incerto. A peggiorare la situazione, anche se per un periodo limitato, sono state le “sanzioni” russe e l’embargo sui prodotti turchi. A pesare ulteriormente è stato il blocco imposto al turismo russo verso la Turchia, in un quadro turistico già difficile dopo la serie di attentati a Istanbul e Ankara. Il turismo rimane una delle voci in forte peggioramento nell’economia del paese.

L’ultimo settore che costituisce una fonte di incertezza per l’economia turca è quello immobiliare. Negli ultimi anni si è assistito ad una forte crescita del valore degli immobili, specialmente in alcune zone del paese come Istanbul, poco legato alla crescita dei redditi. La crescita del valore degli immobili è legata ad un’economia del debito cui si è assistito anche in altri paesi e che spesso ha portato all’esplosione di crisi. Il valore degli immobili è levitato anche grazie alla presenza di investimenti dall’estero e alle enormi opere edilizie messe in campo dal governo. Una fuga di capitali, determinata dall’instabilità del paese, potrebbe facilmente riverberarsi sul settore immobiliare e contagiare in un secondo momento quello finanziario, con dinamiche già osservate.

In conclusione, la forte crescita economica turca del decennio scorso sembra avere raggiunto una fase di stallo. I pericoli della crescita repentina del decennio scorso sono tutti sul tappeto e, in base alle contingenze, potranno realizzarsi o essere evitati. La vulnerabilità turca agli investimenti esteri (in maggioranza di breve periodo) e la bilancia dei pagamenti persistentemente in negativo non aiutano. L’andamento economico del paese rimane legato alla sua stabilità e alla stabilità dell’area.


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