Questa non è l’America: recensione dell’ultimo libro di Alan Friedman

Xenofobia e discriminazione diffusa, povertà sempre più in crescita, l’incubo delle assicurazioni sanitarie e un presidente controverso e imprevedibile. Questi sono tra i temi che il giornalista e scrittore americano Alan Friedman affronta nel suo ultimo libro, “Questa non è l’America “, un’analisi approfondita degli Stati Uniti d’America prima e dopo l’elezione del suo 45esimo presidente, Donald Trump.

“Che cosa è successo all’America? Che fine ha fatto il sogno americano? E qual è il vero significato dell’arrivo di Donald Trump?”. Sono domande che molti di noi si sono posti ancor prima delle elezioni presidenziali, quando si stava svolgendo una delle campagne elettorali più velenose della storia degli Stati Uniti, con i suoi scandali, i suoi toni decisamente aggressivi e due candidati che non hanno escluso alcuna mossa pur di denigrare il rispettivo avversario. Il libro muove i suoi passi proprio da queste domande, e si pone l’obiettivo di spiegare, comprendere e interpretare le molteplici problematiche che affliggono oggi gli Stati Uniti, attraverso interviste condotte da Friedman sul campo. E se Friedman, come ammesso alla presentazione del libro svoltasi a Palermo a cui ho partecipato, ha detto che il libro non è su Donald Trump, è evidente come egli sia il fantasma di tutta la narrazione, forse il prodotto ultimo di una nazione che dalla narrazione appare lacerata, rabbiosa, piena di tensioni.

Nel primo capitolo l’autore ci introduce nel mondo di Trump, con una sua intervista di Giugno del 2016 proprio al futuro presidente, a bordo del suo Trump Force One. Donald è carico, fresco della nomination repubblicana, e da lì a breve egli sarà a Phoenix inondato dai cori “Costruiamo il muro! Costruiamo il muro!” (lungo il confine col Messico). Parla degli scandali della Fondazione Clinton, della sua amicizia con Putin, delle disfatte di Obama ma anche del suo nuovo golf resort in Scozia: è lui, l’affarista newyorkese che, così come quando aspirava a vivere a Manhattan essendo nato nella periferia del Queens, riuscendoci, adesso aspirava alla più importante carica della sua nazione, e ce la stava mettendo tutta. Friedman dipinge bene il suo personaggio, non risparmiandosi nel raccontare le sue più controverse dichiarazioni, tra cui quelle più tristemente famose sui “modi” di trattare le donne.

Friedman, sulla base di dati del 2015, ci indica anche le cifre dell’occupazione americana. 43 milioni di americani vivevano sotto la soglia di povertà e 100 milioni guadagnavano poco più al di sopra di essa. In un paese di 319 milioni di abitanti, si tratta di un terzo della popolazione. L’America del benessere diffuso, delle possibilità per tutti è soltanto un’utopia ed è in quelle fasce di popolazione in cui maggiormente si accende l’incendio del populismo che ha fatto la fortuna di Trump.

Nei capitoli successivi l’autore si concentra sull’analisi delle varie facce della sua nazione, tra cui la discriminazione razziale, l’enorme diffusione di armi da fuoco, l’obamacare e di quello che (non) ne resterà, e del gabinetto di Trump in cui spiccano delle figure politiche altamente coerenti con quello che Trump ha mostrato in campagna elettorale e sta già mostrando nel primo anno della sua presidenza. Ne esce un racconto a tratti triste, quando l’autore ci spiega come in realtà ben pochi progressi si siano visti nella questione razziale e di come la situazione sia peggiorata drasticamente negli ultimi anni a causa di vari casi di neri uccisi a sangue freddo dalle forze dell’ordine, o come quando evidenzia che a causa della armi da fuoco ogni anno in America muoiono decine di migliaia di persone. Sono fatti e cifre impressionanti che mostrano in modo tangibile le divisioni e le questioni annose che affliggono il popolo americano.

Come porsi, quindi, davanti a tutto ciò? Il tono dell’autore è evidentemente pessimistico, e sembra esserlo su ogni fronte. Come mai? Il neo presidente Donald Trump ha assegnato numerosi incarichi a precise personalità dell’establishment finanziario, energetico e politico della nazione. Ma facciamo qualche nome: Tom Price, Segretario alla Sanità, ha già iniziato a smantellare l’obamacare rigettando milioni di americani nella paura dell’impossibilità di accedere alle cure, anche quelle di base; Rick Perry all’energia, negazionista del riscaldamento globale e nemico giurato delle norme a tutela dell’ambiente; Steven Mnuchin al Tesoro, banchiere di Goldman Sachs e gran sostenitore dei mutui subprime che porteranno poi alla crisi del 2008. E i nomi sono ancora tanti, figure che fanno ben presagire le intenzioni dell’amministrazione Trump. Friedman fa notare che molte persone hanno votato Trump poiché in lui vedevano l’unica speranza di giustizia verso una nazione su più fronti ingiusta, ma la sua amministrazione sta già operando per diminuire ulteriormente la spesa per il welfare americano. Appena approdato nello studio ovale, il neo presidente eletto ha subito firmato un ordine esecutivo che in pratica dava il via allo smantellamento, da parte delle agenzie federali, dell’obamacare. Insomma, le premesse non sono alquanto buone e il tono pessimistico dell’autore è supportato da ciò.

Il libro rappresenta una interessante finestra sull’America odierna, specialmente per chi vuole comprendere a fondo le motivazioni dell’elezione di Donald Trump. Tuttavia, è giusto notare che seppur di stampo giornalistico (le interviste alla gente comune sono veramente preziose e interessanti) l’autore è palesemente schierato contro Donald Trump e la sua amministrazione e ciò lo si nota in tutta la narrazione.

Davide Renda