Mattarella si affida a Gentiloni

Era stato tutto  ampiamente deciso nella giornata di sabato, al termine delle consultazioni con le varie forze politiche portate avanti dal capo dello Stato, Sergio Mattarella. Le indiscrezioni che vedevano Paolo Gentiloni il nome più probabile a formare il nuovo esecutivo, hanno trovato definitiva conferma nella mattinata di ieri, alle dodici, con l’ufficiale convocazione al Colle. Ricevuto l’incarico, il potenziale nuovo presidente del Consiglio si è subito messo al lavoro per la formazione della sua squadra di governo.

I tempi, come era naturale che fossero, sono serrati. Lo richiedono tanto i mercati, in stato di attesa dall’indomani del referendum, quanto i prossimi appuntamenti che vedono coinvolta l’Italia, a partire dal Consiglio Europeo del 15 dicembre. Per questo, le consultazioni di Gentiloni non dovrebbero andare per le lunghe e già da domani la squadra dovrebbe essere completata a livello di nomi. Gli unici dubbi riguardano l’entrata o meno nel governo di Ala, il gruppo parlamentare facente capo a Denis Verdini. Ma, per il resto la composizione dell’esecutivo non si discosterà troppo da quella che aveva visto protagonista Matteo Renzi. La speranza di Mattarella in primis è che si avvii quanto prima la nuova fase di governo, e che in questo senso parta il dibattito parlamentare sulla nuova legge elettorale di cui il paese necessita. Senza dimenticare che sullo sfondo restano altri nodi da sciogliere di non poco conto: la gestione del post terremoto, con la predisposizione dei container; il salvataggio di Montepaschi di Siena, dopo la bocciatura alla proroga da parte dell’Unione; e infine la trattativa con l’Unione sulla legge di bilancio approvata qualche giorno fa in Senato, e il cui futuro non appare certamente inossidabile.

Dure le  reazioni da parte delle opposizioni. Il Movimento Cinque Stelle e la Lega Nord hanno rifiutato l’invito dell’incaricato premier a partecipare alle consultazioni. “È il prestanome di Renzi”, ha detto Luigi Di Maio nel commentare la nomina dell’ex ministro degli Esteri, durante la trasmissione “1/2 hr” di Lucia Annunziata. E sulla stessa falsa riga si sono espressi gli esponenti del Carroccio. La volontà di Grillo e Salvini, d’altronde, dichiarata fin dal giorno successivo al referendum, è quella di andare immediatamente alle urne. Troppo ghiotta l’occasione di sfruttare l’onda emotiva del 4 dicembre e con se’ di approfittare dello stato di confusione regnante nel Pd e in Forza Italia. Al punto che da parte della Lega, non si pone neanche il problema con quale legge elettorale si dovrebbe andare al voto. Diversamente, invece, il M5s intende sfruttare a proprio vantaggio lo strumento del ballottaggio previsto dall’Italicum, e per questo ne ha proposto l’applicazione per il Senato. Elezioni sono state invocate anche da Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni, la quale, però, ha auspicato prima l’apertura di un tavolo di discussione con Fi e Lega Nord per presentarsi compatti su un’unica proposta. Idea che a ora sembra non interessare più di tanto Silvio Berlusconi, il quale sa bene che dall’eventuale legge elettorale dipenderà il destino del proprio partito e della propria leadership all’interno del centrodestra. Il Cavaliere, per l’appunto, ha sì bocciato le larghe intese ma è pronto a sostenere il governo che nascerà, fino alla nuova legge elettorale.

E il Partito Democratico? La nomina di Gentiloni ha accontentato più o meno le varie correnti. La storia politica dell’ex ministro agli Esteri, nonostante le accuse di “renzismo” da parte delle opposizioni, lo ha visto assumere ruoli istituzionali anche all’epoca dei governi dell’Ulivo. E quindi era lecito attendersi una congiuntura totale sulla spendita del suo nome. Piuttosto al Nazareno è ancora aperto il dibattito sulla durata eventuale del nuovo esecutivo: da una parte i renziani intendono accelerare verso il voto, dall’altra la sinistra dem preferirebbe arrivare al 2018 in modo da risolvere nel frattempo la delicata fase congressuale.

Il quadro politico italiano, insomma, si presenta tutt’altro che delineato sul da farsi. Quantomeno la scelta rapida di indicare il nuovo incaricato premier pone almeno temporaneamente fine alla crisi post referendaria. Ma, adesso dovrà venire il resto.

Mario Montalbano