Le agenzie di rating, i “giudici” del mercato

Di Francesco Paolo Marco Leti – Le principali agenzie di rating riconosciute, o almeno quelle riconosciute dalla BCE nello svolgimento delle sue funzioni, sono quattro: due statunitensi, la S&Poor’s e la Moody’s; una francese, la Fitch; una canadese, la Dbrs. Tali istituti emettono un giudizio di affidabilità nei confronti di ogni strumento finanziario presente sul mercato; giudizio, questo, che si riflette nei confronti dell’emittente.

Sono oggetto di valutazione, quindi, tutte le società quotate, quelle che si finanziano emettendo obbligazioni sul mercato e, ovviamente, i Paesi che emettono sul mercato titoli di Stato per finanziare il proprio debito pubblico. Titoli, questi, ai quali viene affidato, in base alla solidità, un voto che, di solito, si muove fra la famosa tripla A – per emissioni con alta sicurezza sul capitale investito – alla D (per Fitch, S&P e Dbrs) o alla C (per Moody’s), che indicano i cosiddetti titoli “spazzatura”.

Le valutazioni di queste agenzie hanno un grosso peso sul mercato, specialmente per operatori poco esperti. Spesso, nelle strategie d’investimento, il rating è il parametro principale nella scelta di acquistare un determinato titolo: quanto appena affermato è riscontrabile nel fenomeno del trading automatico – che, secondo recenti stime, rappresenta il 75% delle operazioni negli Stati Uniti –, con riferimento al quale alcuni dei criteri presi in esame riguardano proprio la valutazione di queste agenzie; valutazione, questa, che incide immediatamente sul mercato e sulla volatilità dei valori dei titoli.

L’effetto “privato” che il rating ha sul mercato è affiancato dalla sua influenza nei confronti delle istituzioni pubbliche. La Banca Centrale Europea, ad esempio, non accetta come collaterale per il finanziamento bancario titoli che siano inferiori al livello investment grade – cioè intorno alla B – da parte di una delle quattro agenzie di rating. Una discesa della valutazione dei titoli, da parte delle quattro agenzie riconosciute, potrebbe portare ad una chiusura della liquidità per il settore finanziario del Paese coinvolto. Il costo del finanziamento, inoltre, varia se il titolo di Stato presentato come collaterale possieda una valutazione prime (intorno alla A) o investment grade (intorno alla B), con una forte penalizzazione per i secondi.

La funzione più controversa offerta da questi istituti riguarda l’attività di consulenza in favore di altre società; società, queste, che, qualora intendano quotarsi in borsa, o emettere nuove azioni, o strumenti di debito, chiedono assistenza al fine di ottenere una valutazione positiva, da parte delle agenzie stesse, in merito a tali emissioni. Come è evidente, vi è un palese conflitto di interessi nello svolgimento di queste due diverse funzioni da parte dello stesso soggetto.

L’ultimo punto della trattazione sin qui condotta concerne le valutazioni sulle quali si fonda il rating di un prodotto finanziario o di un Paese. La base principale da cui prender le mosse riguarda le condizioni politiche di un Paese e, in particolare, la stabilità delle sue istituzioni, della sua linea di politica economica e l’affidabilità nell’onorare i propri impegni. Superata questa prima analisi, vi è quella inerente alle condizioni economiche congiunturali e strutturali del Paese e alla loro possibile evoluzione nel breve-medio termine.

L’affidamento, da parte delle istituzioni pubbliche, a società private per la valutazione sugli acquisti di titoli, risulta quantomeno anomalo. Il potere che questa scelta assegna ad organismi non democraticamente eletti, la cui affidabilità tecnica è stata fortemente incrinata dalla recente crisi finanziaria globale, è inaccettabile per le Istituzioni europee e, in particolare, per la BCE. All’interno di tali strutture non mancano uffici e personale atti a svolgere queste funzioni, evitando di lasciare ad entità poco trasparenti l’opportunità di stabilire se e quanta liquidità destinare ai Paesi dell’Eurozona. In ultima analisi, anche in questo settore, sarebbe auspicabile una riforma delle Istituzioni europee.