Ada Lovelace, la madre dell’informatica

Di Ester Di Bona – Non tutti sanno che il primo programmatore della storia fu proprio una donna nell’epoca vittoriana. Nata a Londra nel 1815 dal breve matrimonio tra la matematica Anne Isabella Milbanke e dal poeta Lord Byron, Augusta Ada Lovelace fu costretta già dal primo mese di vita a separarsi dal padre che non ne rivendicò mai la custodia, andando a vivere con la madre nella casa dei nonni.

Il suo unico punto di riferimento fu la madre Anne Isabella (chiamata “principessa dei parallelogrammi” da Byron), che la istruisce nel mondo della scienza e della matematica, cercando di allontanarla il più possibile – con scarsi risultati – dall’ambiente poetico di Lord Byron, morto nove anni dopo senza aver mai più rivisto la figlia.

Il suo talento per la matematica è indiscutibile ed è ovvio agli occhi di tutti che si tratti di una bambina prodigio, ma la piccola Ada deve fare i conti con una salute cagionevole: a otto anni una forte cefalea le procura danni alla vista, a quattordici rimane paralizzata a causa del morbillo, restando a letto per quasi un anno, solo due anni dopo riprenderà finalmente a camminare.

Nonostante le difficoltà fisiche, Ada continua imperterrita i suoi studi (certamente non consoni per le donne dell’Ottocento): a diciassette anni riceve gli insegnamenti di uno dei migliori matematici in circolazione, Mary Somerville – la prima donna a diventare membro onorario della Royal Astronomical Society nel 1838 – che la sprona a continuare il suo percorso di studi. Contrariamente al volere della madre, Ada concilia scienza e matematica con la filosofia e la poesia, per cui la ragazza aveva un debole.

Nel 1833 avviene il suo primo incontro con Charles Babbage, matematico inglese che stava portando avanti gli studi sulla sua macchina differenziale: un marchingegno meccanico capace di fare calcoli automaticamente, somme e sottrazioni. Ada decide di dedicarsi con passione al progetto dell’uomo e studiare metodi di calcolo applicabili alla macchina. Affascinati fin da subito l’un l’altro per le idee e la passione per la scienza, da quel momento lavoreranno insieme.

Babbage è completamente rapito dal talento di Ada, che chiama rispettosamente “Incantratice di numeri”, come scrive durante una loro corrispondenza: «(…)Forget this world and all its troubles and if possible its multitudinous Charlatans—every thing in short but the Enchantress of Numbers

ada lovelace
credit: The New York Public Library

Nel 1835 Ada Lovelace  sposa il barone William King e per un breve periodo si allontana dal lavoro per dedicarsi alla vita coniugale. Lo spirito indipendente e la passione della donna, però, la riporta presto sui suoi passi e sul progetto con Babbage.

Per questioni economiche il loro progetto non vedrà mai luce, ma hanno entrambi visioni molto più vaste: prende posto l’idea della macchina analitica, ovvero una macchina capace di fare, oltre a somme e sottrazioni, anche calcoli molto più complessi.

Il progetto della nuova macchina viene presentato in Italia nel 1840, a Torino, dove Babbage conosce Luigi Federico Menabrea – successivamente Presidente del Consiglio del Regno d’Italia – che propone una pubblicazione del progetto in questione, in italiano. Ada si dedica quindi alla traduzione in inglese degli articoli di Menabrea, invitata a commentare e aggiungere le proprie note sul testo originale.

Nel 1843 Ada Lovelace pubblica l’articolo sulla rivista britannica Taylor’s Scientific Memoirs, firmandolo solo con le iniziali “AAL”, in cui descrive la macchina analitica come uno strumento programmabile possibilmente dotato, un giorno, di intelligenza artificiale, prevedendo che in futuro questa sarebbe diventata addirittura indispensabile per l’uomo. Allega inoltre un algoritmo relativo al calcolo dei numeri di Bernoulli, algoritmo che ad oggi è considerato il primo programma informatico di sempre.

La sua intuizione nel trasformare numeri in simboli (lettere, note musicali, ecc.), i suoi appunti e le sue note trasformarono la macchina analitica in una macchina in grado di essere programmata e di poter eseguire un qualsiasi programma, esattamente come farà successivamente il computer (che vedrà la luce solo un secolo dopo).

Ada Lovelace muore a trentasei anni nel novembre del 1852 per un cancro uterino e viene seppellita a Hucknall, nel Nottinghamshire, accanto alla tomba del padre che non ha mai conosciuto ma per cui ha sempre nutrito un affetto profondo.

Dopo la morte il suo nome ha vissuto nel silenzio senza prendere alcun merito, e solo recentemente è stato rivalutata la sua figura. Nel 1977 un gruppo di programmatori crearono un nuovo linguaggio di programmazione per il dipartimento, il DOD-1 (Department of decence 1) che più avanti cambiò nome in ADA. Ogni secondo martedì di ottobre, dal 2009, è stata indetto l’Ada Lovelace Day (ALD), giornata internazionale delle donne nel mondo della scienza, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, creata dalla blogger Suw Charman-Anderson.

È stata inoltre omaggiata con due fumetti, “Numeri e poesia. Storia e storie di Ada Byron” di Simona Poidomani e “The Thrilling Adventures of Lovelace and Babbage: The (Mostly) True Story of the First Computer” di Sydney Padua e da una pellicola cinematografica liberamente ispirata “Conceiving Ada” di Lynn Hershman Leeson.

Ada Lovelace è stata fondamentale per il progresso dell’umanità. È riuscita ad imporsi in una società maschilista e a portare avanti le sue idee, anticipando nell’Ottocento ciò che noi ora viviamo con quotidianità e senza alcuno stupore. È la prima programmatrice della storia, la madre dell’informatica e del computer, l’incantatrice di numeri, ma soprattutto una donna forte, geniale e fonte di ispirazione per tutti.

«Questo mio cervello è qualcosa di più che semplicemente mortale, e il tempo lo dimostrerà.»