NADEF, quali scenari per l’economia italiana?

La Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) del Governo certifica le difficoltà in cui si trova l’economia nazionale.


«La presente Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) vede la luce in una situazione economica e di finanza pubblica più delicata di quanto prefigurato in primavera. Dopo una buona partenza nei primi mesi del 2023, nel secondo trimestre la crescita dell’economia italiana ha subìto una temporanea inversione di tendenza, risentendo dell’erosione del potere d’acquisto delle famiglie dovuto all’elevata inflazione, della permanente incertezza causata dalla guerra in Ucraina, della sostanziale stagnazione dell’economia europea e della contrazione del commercio mondiale».

Le prime righe della NADEF sono chiare rispetto alla sfida rappresentata dalle condizioni esogene ed endogene dell’economia italiana. I dati economici, in particolare il prodotto interno lordo e il rapporto deficit/pil, mostrano un forte deterioramento che, difficilmente, potrà invertirsi nella fase finale di quest’anno. Ne consegue, a cascata, il peggioramento dei saldi di finanza pubblica e la necessità di una riduzione della spesa per evitare eccessivi disavanzi. Vediamo nel dettaglio le cifre riportate. 

I dati della NADEF

Il pil quest’anno dovrebbe crescere soltanto dello 0,8%, contrariamente alle previsioni già al ribasso dello scorso Documento di Economia e Finanza, che prevedevano l’1%. La riduzione risulta ancora più marcata per il prossimo anno, in cui la previsione di crescita passerebbe dall’1,5% all’1%. Invariate, infine, risultano le stime per i successivi due anni, all’1,3% nel 2025 e all’1,2% nel 2026.

Il calo del pil non può non avere un impatto sui due rapporti principali della finanza pubblica: il deficit/pil e il debito/pil. Il primo mostra un marcato deterioramento dal 4,5% previsto per quest’anno al 5,2% reale. Le cause di questo peggioramento sono indicate dal Governo nella maggiore spesa non prevista del provvedimento sul superbonus edilizio e dagli effetti che l’aumento dei tassi di interesse ha provocato e sta provocando sulla spesa per interessi del nostro debito pubblico. Le prospettive sono di un rientro graduale all’interno del rapporto deficit/pil al 3%, previsto dal Patto di Stabilità e Crescita (PSC), soltanto entro la fine del decennio.

Il secondo parametro, il rapporto debito/pil, dopo aver mostrato un calo marcato anche grazie all’inflazione inattesa, non mostrerà riduzioni nel triennio 2024-26, restando al di sopra della soglia del 140%. Per ridurlo al di sotto di tale livello, il Governo metterà in campo una serie di dismissioni pari a circa l’1% del pil. Queste misure, insieme alla riduzione dell’impatto degli effetti del Superbonus e ad ulteriori entrate straordinarie, dovrebbero portare il parametro al 139,6% nel 2026.

Dato il quadro di finanza pubblica, è evidente come la spesa per i Ministeri dovrà mantenersi grosso modo invariata. Non a caso, il Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, ha già lanciato l’allarme sul finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, che vedrebbe una crescita in termini nominali, ma che in termini reali e in percentuale sul pil resterebbe sostanzialmente invariata o in lieve decremento.

I rischi

Altra nota dolente nella Nadef è rappresentata dagli scenari “avversi” indicati. Il principale rimane il conflitto tra Ucraina e Russia, il cui impatto economico per il sostegno delle forniture belliche o nuove fiammate sul costo del petrolio potrebbero provocare forti variazioni nelle previsioni. Il secondo è l’andamento dell’economia cinese e dell’economia globale: variazioni della crescita del gigante asiatico provocherebbero, a cascata, una diminuzione della domanda mondiale e, quindi, delle nostre esportazioni.

A questo, va aggiunta la guerra commerciale strisciante in corso, il cosiddetto decoupling, fra economia americana e cinese, che sta incidendo fortemente sul commercio internazionale e creando forti turbolenze che potrebbero influenzare l’economia nazionale. Vi sono, infine, gli effetti della debolezza economica europea determinati, oltre che dalle condizioni internazionali già indicate, dalle decise restrizioni ai tassi d’interesse applicati dalla BCE.

La spesa

Il maggior indebitamento in deficit previsto per il 2023, il 2024 e il 2025 ha aperto alcuni margini di manovra di spesa per il Governo. Per il 2023, il maggiore disavanzo consente una spesa di 3,2 mld che verranno impiegati nelle misure in materia migratoria, nell’anticipo degli adeguamenti pensionistici del 2024 e per finanziare il pubblico impiego.

Nel 2024 e nel 2025 il maggiore disavanzo apre margini di spesa ulteriori di 15,7 mld (2024) e 4,6 mld (2025), il cui principale utilizzo sarà il mantenimento della misura del taglio del cuneo fiscale e il finanziamento delle prime fasi della riforma fiscale. Nel concreto, però, bisognerà attendere la prossima legge di Bilancio per capire la reale consistenza e destinazione di questo “tesoretto”, oltre che le eventuali ulteriori coperture.

In conclusione, come dichiarato fin dall’inizio dal Ministro Giorgetti, la Nadef varata è improntata alla cautela. Lo scenario che si delinea per la fine di quest’anno e per il prossimo potrebbe, però, essere meno ottimistico di quanto previsto dal Governo e provocare ulteriori difficoltà. Un fattore di crisi poco considerato potrebbe essere rappresentato dal ritorno in auge delle vecchie regole del Patto di Stabilità e Crescita, attualmente sospese e i cui margini di riforma si fanno giorno dopo giorno sempre minori.

Un ritorno dei vecchi parametri dal prossimo anno potrebbe creare tensioni a livello comunitario, con conseguenti corollari negativi di procedure di infrazione, e sui mercati, con un peggioramento del differenziale di finanziamento fra i titoli di stato italiano e tedesco. Il futuro potrebbe essere tutt’altro che roseo.


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