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Aborto in Italia, un diritto fin troppo violato

Con l’emendamento al PNRR presentato da Fratelli D’Italia che incentiva l’accesso delle associazioni anti-abortiste nei consultori, il diritto all’aborto in Italia subisce un nuovo duro colpo e, con esso, anche i diritti delle donne.


Anche se essere una donna fosse un gioco da ragazzi, e non lo è, perfino se l’Italia fosse un posto in cui nascere femmina non fosse una condanna di sottomissione, e non è così, la violazione che il genere femminile sta subendo non dovrebbe passare inosservata.

Parliamo di violenza di genere, ci chiediamo come crescere uomini in grado di rispettare il volere femminile, anche se contrario al proprio, ma nel frattempo, in televisione, cinque maschi disquisiscono amorevolmente dei diritti di un corpo che non è il loro.

In un momento in cui la televisione pubblica è accusata di censura, in cui non si può parlare di “Liberazione”, imprigionare la volontà delle donne sembra un compito da uomini.

D’altronde il Presidente Giorgia Meloni, ha chiarito fin da subito la grammatica del suo mandato, come se essere la prima donna Presidente del Consiglio nella nostra storia fosse un semplice incidente di percorso. 

Aborto in Italia, un diritto fin troppo violato

Nessuno si aspettava una lotta per i diritti delle donne, per carità, ma una guerra contro ciò che ci eravamo guadagnate con lacrime e sudore, forse è un po’ troppo pure per il Sig. Presidente.

L’emendamento al PNRR presentato da Fratelli D’Italia prevede che le regioni, nell’organizzare i servizi dei consultori, possano “avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità”.  Questo di permetterà l’intervento di associazioni antiabortiste nei consultori, sollevando interrogativi sul possibile impatto sulle donne che cercano supporto e consulenza in situazioni delicate e spesso vulnerabili. 

È innegabile l’influenza negativa che questa disposizione avrebbe sul panorama dei servizi sanitari e sociali, mettendo in discussione la neutralità e l’imparzialità delle istituzioni pubbliche rispetto a questioni etiche e religiose.

Tuttavia, diversi movimenti femministi hanno evidenziato che, nonostante l’emendamento rappresenti un significativo gesto politico, la sua attuazione non comporterebbe un cambiamento sostanziale rispetto alla situazione attuale. Infatti, in alcune regioni italiane, le associazioni antiabortiste operano già all’interno dei consultori, ricevendo finanziamenti pubblici e partecipando ai colloqui precedenti al rilascio del certificato medico per l’aborto presso gli ospedali.

Questo fenomeno, già presente in diverse parti d’Italia, solleva interrogativi sulle pratiche effettive all’interno dei consultori e sulla reale tutela dei diritti delle persone che cercano assistenza sanitaria e consulenza in materia di salute riproduttiva. 

Il diritto all’aborto viene già violato, nella sostanza, a causa delle mancanza di strutture adeguate (solo 1.800 in tutta Italia) e dell’enorme incidenza di medici obiettori di coscienza (sette specialisti su dieci), e la politica continua a porre ostacoli lungo una strada già sufficientemente dura da percorrere per qualsiasi donna. 

Anche se essere donna fosse un gioco da ragazzi, e non lo è, la libertà di scegliere per noi stesse ci dovrebbe essere garantita, senza obbligarci a sentire l’opinione di chi non vive nel nostro corpo e nella nostra vita.

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