Pubblicità su Amazon Prime Video: era davvero necessaria?

Pubblicità su Amazon Prime Video: era davvero necessaria?

Con la recente introduzione di annunci pubblicitari, Prime Video segue il trend dei concorrenti nel mondo dello streaming. Tuttavia, questa decisione potrebbe suscitare reazioni contrastanti tra gli utenti abituati all’esperienza senza pubblicità


Seguendo la scia dei competitors come Netflix, Disney+ e Now, che già da qualche anno hanno introdotto le adv durante, anche Amazon Prime Video ha deciso di implementare le pubblicità all’interno della piattaforma. Dal una settimana, infatti, in tutti i film, serie e programmi televisivi su Prime Video saranno presenti annunci pubblicitari dello stesso: sarà possibile rimuoverli con un supplemento di 1,99€ al mese. 

Alla nascita di siti streaming on demand regolamentati – quindi non illeciti – molti utenti appassionati scelsero di appoggiare le piattaforme per diversi fattori: disponibilità immediata, nessun rischio legale in quanto non considerata pirateria, e un fattore non proprio piccolo come quello dell’assenza di pubblicità

Lo streaming pirata, infatti, è noto per essere ospite di siti carichi di banner e ad invalidanti, fuori contesto e potenzialmente dannosi per il proprio computer. La possibilità di usufruire di un prodotto senza limiti e senza pubblicità, pagando (ai tempi) una piccola quota, contribuì in modo concreto a combattere la pirateria e impostare un modello di streaming sicuro e, soprattutto, legale. 

Pubblicità su amazon prime video

Quando si parla del web è davvero complesso basarsi su dati e statistiche effettive: quello che l’utente medio vive è solo una micro porzione dell’immensità di informazioni e contenuti presenti sulla rete. Secondo un report di Euipo, nel 2020 la pirateria cinematografica in Europa è diminuita del 51%, mentre solo in Italia è stata dimezzata dal 2017 (il periodo d’oro di Netflix in Italia). Hanno continuato a restare in vetta però gli streaming sportivi, a cui il pubblico italiano non riusciva a rinunciare vista la scarsa reperibilità sulle piattaforme. 

Si può dire, quindi, fatta eccezione per alcuni casi (considerando che le proposte delle attuali piattaforme sono limitate e selezionate) che lo streaming a pagamento è stato di grande supporto nella lotta alla pirateria, insieme alle normative aggiornate e ai controlli massicci degli ultimi anni che hanno chiuso celebri siti pirata. Il passaggio da fisico (gli ormai quasi obsoleti dvd) a digitale ha inoltre permesso un maggiore controllo sulla diffusione di materiale coperto da copyright come un prodotto audiovisivo. 

Dal punto di vista del fruitore di streaming, quindi, il problema non sussiste visto che ha scelto da tempo di abbonarsi ad una piattaforma dove sentirsi sicuro e protetto. Una piattaforma che paga mensilmente o annualmente, in cui gli viene assicurata una safe-zone in cui può intrattenersi senza limiti di tempo e con il minimo sforzo: basta un click

Era quindi necessario inserire le pubblicità? Pensando a lungo termine, sì: nonostante ancora oggi non ci siano effettivi interventi da terze parti, infatti, quello delle piattaforme streaming è una vetrina più che allettante per le aziende, con oltre 6 miliardi di ore di contenuti streammati al giorno (secondo la stime del sito Kill The Cable Bill): non è assolutamente da escludere l’ipotesi che nell’arco di questi anni venga implementato un sistema pubblicitario più “aperto” a proposte di varia natura. 

Anche Facebook, piattaforma gratuita dalla nascita, ha introdotto la possibilità di eliminare le pubblicità pagando dai 9,99€ al mese (per la versione web) ai 12,90€ (per quella Android/iOS). Stessa cosa vale per Instagram

Insomma, non si scappa dal bombardamento pubblicitario, o meglio: puoi farlo, ma è un lusso che ha un costo mensile e ti protegge solo da una piattaforma.

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