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In un mondo in ripresa, l’economia in Europa arranca

I dati pubblicati dal World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale mostrano un quadro in lento miglioramento con la notevole eccezione dell’Europa.


Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha di recente rilasciato il suo aggiornamento di aprile del “World Economic Outlook” (WEO), il cui titolo “Steady but Slow: Resilience amid Divergence” già dichiara come, in un quadro di crescita lenta, ma costante, si allarghi la divergenza fra aree del pianeta. 

Scendendo nel dettaglio dei dati forniti, è possibile notare come, nell’arco del triennio, le economie avanzate mostrino una maggiore resilienza e capacità di ripresa rispetto alle altre aree del pianeta. La tabella in basso, presente nella pubblicazione, esemplifica chiaramente le differenti tendenze delle aree globali e la maggiore divergenza in atto.

World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale su Europa

I dati presenti nella tabella mettono in evidenza la discrepanza del dato dell’Europa e dell’Eurozona, in particolare rispetto all’andamento mondiale e alle altre economie avanzate. Il contrasto risulta ancora maggiore, mettendolo in paragone con la forte crescita presente negli Stati Uniti, che mostrano un passo invidiabile, e tenendo nella dovuta considerazione che, nel dato dell’Eurozona, è presente quello della Spagna che, con la sua crescita annuale intorno al 2%, tende a deformare, verso l’alto, il magro dato della zona Euro.

A peggiorare ulteriormente il quadro è una tabella presente nel documento, riportata in basso, che mostra come, nel corso delle pubblicazioni periodiche del WEO, sia presente una forte tendenza alla riduzione delle prospettive di crescita in Europa.

World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale su Europa

Come si evince, Italia, Germania, Francia e Regno Unito sembrano andare in contro tendenza rispetto alla crescita globale e a peggiorare il dato in ogni pubblicazione successiva.

Spostando nuovamente il focus a livello globale, il FMI mette in guardia circa i possibili rischi di erosione della crescita che potrebbero portare a una variazione peggiorativa delle previsioni. Il principale potrebbe essere una nuova esplosione di prezzo di una o più materie prime, a causa delle tensioni geopolitiche internazionali. In particolare, gli scenari tenuti sotto controllo sono quelli legati al Medio Oriente – e all’impatto che costituisce sulla sicurezza delle rotte commerciali sul Mar Rosso – e quelli legati al conflitto in Ucraina. 

Ulteriori fonti di rischio potrebbero essere rappresentate da una persistenza dell’inflazione legata all’innescarsi della dinamica prezzi-salari, da un rallentamento della crescita dell’economia cinese causato con buona probabilità dalle difficoltà del settore immobiliare e da un possibile rafforzamento della dinamica attuale di rallentamento della globalizzazione, con la conseguente diminuzione della produttività e un rischio di maggiore volatilità dei prezzi delle materie prime.

Infine, due potrebbero essere i rischi che riguardano principalmente il Vecchio Continente e che si legano alle dinamiche di rafforzamento dei conti pubblici conseguenti alla fine del picco inflattivo e all’inizio di politiche di consolidamento fiscale. Questi rischi riguarderebbero un eccesso nell’aggiustamento delle politiche fiscali – con le conseguenti potenziali tensioni sul mercato del debito pubblico – e l’erosione della credibilità e della fiducia nelle Istituzioni che possano portare al tramonto di qualsiasi riforma strutturale e a tensioni interne. 

Per quel che riguarda in particolare il primo rischio, l’eccesso di consolidamento fiscale e i suoi effetti sulla crescita, il WEO presenta l’interessante tabella in basso che mette in guardia sull’applicazione di “dosi di austerity” simili a quelli imposti in seguito alla Crisi del Debito Sovrano, che ebbero un impatto sulla crescita decisivo, peggiorando le economie sulle quali furono applicate.

World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale su Europa

In conclusione, il quadro dipinto dal Fondo Monetario non è per nulla roseo per l’Europa nel suo complesso e per l’Eurozona in particolare. Sembra che tutti i nodi sulla strategia di sviluppo europea, molto simile a quella tedesca, fondata su una prassi mercantilista, stiano venendo al pettine in una fase di frammentazione economica mondiale e di rinascita tariffaria.

Se si seguissero strade già percorse in passato fatte di consolidamento fiscale per raggiungere il pareggio di bilancio e la compressione salariale per recuperare competitività internazionale (cioè, per intenderci, la vecchie ricette tanto care ai vari economisti di scuola ordoliberale, oggi ancor più difficilmente applicabili e costose in termini sociali, in un mondo frammentato dalle crisi geopolitiche e dalla rinascita delle barriere commerciali), i rischi prospettati dal FMI potrebbero concretizzarsi: cioè l’acuirsi della caduta del pil, con una potenziale recessione alle porte, e una perdita di credibilità delle Istituzioni democratiche che potrebbe portare a una decisa instabilità politica nel Vecchio Continente. 

Per ripartire sarebbe molto più logico ricominciare a creare un reale mercato interno integrato con regole del gioco sempre più condivise e, al contempo, stimolare la domanda interna per fare ripartire la produzione, difendendosi da politiche commerciali estere aggressive. La ricetta che, più o meno, viene applicata in questo momento dall’altra parte dell’Atlantico con discreti risultati.

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