economia italiana in frenata

Perché l’economia italiana è in frenata?

I dati sull’economia italiana nel secondo trimestre dell’anno sono negativi, soprattutto in quanto inattesi. Quali dinamiche interne e internazionali spiegano il rallentamento della crescita?


Negli articoli di economia pubblicati di recente dalla nostra testata, specialmente negli ultimi tempi, si è frequentemente messo in guardia dalla corposa probabilità di un peggioramento dell’economia italiana nei prossimi mesi. Era opinione di chi scrive – opinione empiricamente erronea alla luce dei nuovi dati – che nell’ultimo trimestre dell’anno molti dei nodi e delle difficoltà sarebbero venuti al pettine, con un dato negativo della crescita. Del tutto inatteso è stato il calo del prodotto interno lordo nel trimestre aprile-giugno, che ha sostanzialmente anticipato la dinamica dei prossimi mesi e arrestato l’abbrivio di crescita, eredità di un biennio che potremmo definire quasi irripetibile.

Andando a visionare il dato pubblicato dall’Istat nel dettaglio, è necessario evidenziarne alcune righe in particolare: «Questo risultato, di cui va messa in evidenza la natura preliminare, è dovuto ad una flessione sia del settore primario, sia di quello industriale, a fronte di una moderata crescita del comparto dei servizi. Dal lato della domanda la flessione proviene dalla componente nazionale al lordo delle scorte, con la componente estera netta che ha fornito un apporto nullo».

La caduta dello 0,3% del pil è quindi il prodotto di una decrescita nel settore primario e secondario e di una tenuta del settore dei servizi; la provenienza della flessione è poi determinata dal calo della domanda interna e dalla stagnazione delle esportazioni. Analizzando il dato sulle cause del rallentamento delle nostre esportazioni, due dati saltano all’occhio: la stagflazione cinese e la debolezza dell’economia tedesca

Per quel che concerne le difficoltà del gigante asiatico, è indubbio che la debolezza del consumo interno, la disoccupazione in crescita, affiancati alla spinta deflazionistica in atto, stiano fortemente influenzando le importazioni che hanno effetti sul nostro Paese attraverso due canali: diretto, sulla nostra produzione, e mediato, a causa dell’impatto che esso esercita sull’economia tedesca di cui l’Italia è un fornitore centrale. 

A queste difficoltà si affianca, inoltre, una situazione del mercato immobiliare sempre più incandescente, con una forte esposizione nel settore delle amministrazioni periferiche, le difficoltà dei colossi (si pensi alla dichiarazione di fallimento di Evergrande negli USA) e le crisi a catena del sistema bancario “ombra” che sul settore immobiliare aveva costruito buona parte della sua ricchezza. Sembra di assistere a una sorta di riedizione, in salsa cinese, della crisi del settore immobiliare americano che innescò la Grande Recessione.

cina mercato immobiliare economia italiana

Tornando in Europa, la stagnazione tedesca sta ulteriormente aggravando il quadro internazionale. L’economia teutonica mostra non solo i segni di una forte difficoltà a esportare, effetto del suo riallineamento in chiave anti-russa, da una parte, e di un allontanamento dell’economia cinese, dall’altra, ma mostra cedimenti anche nella componente della domanda di consumo interna, sintomo di una forte difficoltà di fronte ai morsi dell’inflazione.  

Non stupisce come a soffrire delle difficoltà di due dei principali partner industriali sia il settore manifatturiero dell’economia italiana che, come indicato nel comunicato dell’Istat, presenta una contrazione. Nel medio periodo, non è lecito attendersi evoluzioni positive da parte della domanda estera che possano far recuperare il terreno perduto. Al contrario, con l’unica eccezione degli Stati Uniti che mostrano una ripartenza, è lecito attendersi che il peggioramento contagi le altre maggiori economie europee, la Francia in primis, e le economie in via di sviluppo, per ora solo parzialmente intaccate dal rallentamento globale.

L’unica nota positiva è il mantenimento di una parvenza di resilienza nel settore dei servizi. Proprio questo settore, al netto di sviluppi negativi poco probabili ma pur sempre nel novero delle possibilità, dovrebbe continuare a rimanere positivo nel terzo trimestre sotto il traino del turismo

Per il settore dei servizi i nodi probabilmente arriveranno al pettine nel quarto trimestre, quando il traino turistico sarà scemato e si renderanno visibili le difficoltà in cui si dibatte l’economia italiana ed europea. Al riguardo, continuano a confermarsi dati negativi sugli ordinativi e sulla fiducia delle imprese nel settore industriale e il settore dell’edilizia comincia a mostrare il rallentamento dopo il ritiro dei provvedimenti di sostegno al medesimo da parte del Governo.

Anche dal settore dei consumi non è lecito attendersi rimbalzi: l’inflazione sta mordendo profondamente il reddito disponibile delle famiglie, che stanno tagliando in modo drastico quanto non necessario. Alcune di queste, inoltre, stanno andando incontro alla fine delle misure di sostegno al reddito che, seppure con tutti i limiti mostrati, hanno rappresentato un volano della domanda negli scorsi anni. Il settore bancario mostra segni di vivacità ma al contempo, per mantenere bilanci sani, evita di esporsi al rischio tagliando, di fatto, il credito all’economia reale.

Anche dal punto di vista della stabilità dei prezzi, le novità non sono buone: l’inflazione continua il suo rallentamento, ma in modo non troppo marcato. In effetti, analizzando i dati provenienti dall’Eurostat, a rallentare è l’inflazione nel suo complesso, mentre la cosiddetta “inflazione di fondo” tende a rimanere stabile. Data la stabilità dell’inflazione “core”, non è lecito attendersi un cambio di rotta nella politica monetaria della Banca Centrale Europea, che con buona probabilità continuerà con misure restrittive il cui impatto economico sarà indubbiamente un ulteriore rallentamento della crescita, se non addirittura una recessione.

Il problema principale per il Governo rimane sostanzialmente come fronteggiare gli effetti sociali dell’andamento negativo dell’economia. Nel recente passato, il Governo Draghi aveva messo in atto, o aveva mantenuto, misure il cui effetto era mitigare e sostenere l’economia italiana, come il taglio delle accise sui carburanti, il superbonus edilizio o il reddito di cittadinanza (RdC). Il Governo attuale ha cancellato queste misure, indubbiamente costose per le casse dello Stato, eliminando dei paracadute sociali e rafforzando come misura alternativa esclusivamente il taglio del cuneo fiscale, i cui effetti si stanno evidenziando da questo mese e la cui platea, però, è diversa da quella dei vecchi percettori del RdC. 

Le misure cancellate sopracitate, pur nella loro complessità e nelle loro distorsioni (se non proprio illegalità), avevano il pregio di rallentare il costo della vita (taglio delle accise), rilanciare il settore edilizio e il suo effetto volano per l’economia italiana (superbonus edilizio), nonché sostenere la domanda delle fasce più disagiate della popolazione (reddito di cittadinanza). In assenza di queste misure, i cui effetti stanno cominciando a essere visibili (si pensi al dato Inps sulla Cassa integrazione ordinaria nel settore dell’edilizia esplosa del 133% dal luglio dello scorso anno), una recessione economica avrà effetti molto più pesanti sulla popolazione meno abbiente e meno tutelata.

Infine, valutando la probabile riduzione della crescita complessiva per l’anno 2023, sarà importante capire quali saranno gli effetti della recessione sulle casse dell’Erario. Una diminuzione del gettito renderà più complessa la copertura delle misure temporanee attualmente previste, la cui scadenza è fissata per la fine dell’anno, la più importante delle quali è proprio la riduzione del cuneo fiscale. Oltre alle misure eventualmente da prorogare, casse dello Stato più leggere creeranno difficoltà per le coperture della legge finanziaria dell’anno prossimo, il cui iter comincerà proprio dal prossimo mese.

Quello alle porte sarà un autunno complicato da gestire sia per il Paese che per il Governo.

(Foto di copertina – Ümit Yıldırım)


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