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Israele, le proteste contro la riforma della giustizia continuano

Dopo trentadue settimane di proteste contro la riforma della giustizia, qual è la situazione di Israele in questo momento?


Sono stati raggiunti in questi giorni gli otto mesi di proteste in Israele, a seguito dell’approvazione della nuova riforma della giustizia. L’obiettivo prioritario della riforma è l’aumento dei poteri della Knesset, il parlamento israeliano, a sfavore della Corte Suprema, che ha in mano il potere giudiziario.

 Il fuoco della disapprovazione sembra ormai coinvolgere tutte le aree della società israeliana, tanto che perfino i riservisti militari si rifiutano di presentarsi in servizio in segno di protesta, creando così notevoli disagi all’esercito.

La riforma giudiziaria è stata proposta a gennaio di quest’anno e il primo passaggio è stato approvato il 24 Luglio dal parlamento, col boicottaggio dell’opposizione che ha abbandonato l’aula in segno di protesta. 

Allo stato attuale, Israele non ha una vera costituzione e il ruolo della Corte è quello di contraltare al governo, per impedire l’approvazione di leggi contrarie ai principi democratici. Per questo le frizioni tra il premier Benjamin Netanyahu e i giudici sono forti, sia in campo strettamente politico che in ambito giudiziario. Il premier, infatti, è ancora sotto accusa per corruzione e il processo non si è ancora risolto.

La situazione era tesa già prima di questo primo passaggio della riforma, con una serie di proteste accolte dalla polizia con idranti sulla folla e arresti. Nonostante la forte opposizione e nonostante la debolezza politica della sua coalizione, tuttavia, il premier sembra deciso ad andare avanti nel suo tentativo di ribaltare le decisioni della Corte Suprema con una semplice maggioranza di voti.

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Questa maggioranza, però, potrebbe crollare al minimo segno di debolezza del premier, vista anche la situazione in cui si trova nei sondaggi. Se si andasse a votare oggi, la coalizione di Netanyahu otterrebbe un massimo di 55 seggi su 120, contro i 61 necessari per avere la maggioranza in generale e per la nuova riforma in particolare.

Le ripercussioni delle proteste si stanno facendo sentire anche sul piano economico. Sui mercati, Israele sembra aver ricevuto un segnale piuttosto netto, con la moneta nazionale, lo shekel, che è scesa di valore rispetto al dollaro e all’euro. Morgan Stanley e l’agenzia di rating Moody’s hanno rivalutato la situazione economica del paese in negativo, segnalando che l’eccessiva incertezza e il muro contro muro istituzionale che dura da più di sei mesi potrebbero provocare ulteriori tensioni sul piano monetario.

La controversia sulla legge sta riecheggiando anche a livello internazionale. Gli Stati Uniti, per bocca del Presidente Joe Biden, hanno espresso preoccupazione per la situazione divisiva che la legge verrebbe a creare se venisse approvata, nonostante le rassicurazioni del Ministro della Giustizia Yariv Levin sul fatto che la proposta sia stata aggiustata per assorbire le critiche.

Il prossimo campo di prova sarà a Settembre, con ben sette ricorsi fatti alla Corte Suprema, che si trova sotto pressione nel valutare una proposta che potrebbe benissimo trasformare Israele in una forma di autocrazia non dissimile da quella dei vicini della Turchia o degli Stati europei della Polonia e dell’Ungheria.


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