Instagram, OnlyFans e crack, cambia la forma ma la sostanza è la stessa

Cosa hanno in comune due piattaforme digitali ed una sostanza stupefacente? Tutte quante vanno di tendenza tra i giovani.


Definire la fascia di età giovanile oggi risulta alquanto complicato. Di fatto, il periodo adolescenziale si è allungato a dismisura ed oggi ritroviamo comportamenti puerili in giovani adulti over 30, o viceversa comportamenti eccessivamente “maturi” in bambini di 10 anni. Sostanzialmente la problematica gira intorno ai “riti di iniziazione”, tappe fondamentali all’interno dei gruppi di esseri umani ma che negli ultimi secoli hanno perso sempre più potere. 

Nelle più antiche tribù sparse negli angoli più “oscuri” del Pianeta, il rito di iniziazione rappresenta ancora una tappa fondamentale che sancisce la fine della vita infantile o adolescenziale e l’inizio della vita adulta. Nelle civiltà sviluppate socio-economicamente, il concetto del rito di iniziazione è stato abbandonato, senza curarsi di sostituirlo con delle altre tappe, senza considerare i danni che questo avrebbe causato alle generazioni future. 

Guardando la struttura sociale occidentale le crepe più grandi si iniziano a vedere dalla generazione Y in poi con un aumento esponenziale di suicidi giovanili, di malattie psichiatriche, nella fattispecie disturbi di ansia, di condotte a rischio e comportamenti al limite della sicurezza. 

Alcuni comportamenti messi in atto da pre o tardo adolescenti assumono la funzione di rito di iniziazione. Divenendo i limiti transgenerazionali labili e poco chiari, i ragazzi cercano di trovare nuovi stimoli per rendersi indipendenti ed autonomi nel gestire i propri bisogni. 

Nell’ultima edizione del manuale dei disturbi psichiatrici, nella sezione dei disturbi in fase di studio, sono elencate le dipendenze senza sostanze, ossia comportamenti o strumenti di uso quotidiano che diventano elementi centrali di comportamenti dipendenti. 

Una dipendenza che sta sicuramente spopolando e che risulta essere intergenerazionale è sicuramente quella da internet e social. Oggi gli iscritti ai social superano il miliardo di utenti e la quantità di giochi online è diventata smisurata. I produttori di questi format, soprattutto dei social, come viene spiegato chiaramente – peccando a volte di presunzione – nel documentario The Social Dilemma, hanno l’assoluto interesse a tenere i propri utenti collegati alla rete, proponendo dei contenuti accattivanti, che possano attirare l’attenzione dell’utente sfruttando i suoi interessi e, quando la motivazione cala, stimolarlo al fine di trovare nuovi elementi con cui “incastrarlo”. 

Non è raro oggi assistere a persone che nei momenti di noia o anche durante le ore di lavoro, prendono il cellulare in mano e scorrono quasi con disinteresse la home del proprio social preferito. Questo è il tipico comportamento di un soggetto con una dipendenza, esattamente come il fumatore che ha bisogno dei suoi dieci minuti per fumare la sigaretta. 

Apparentemente il comportamento assume una funzione innocua, ma approfondendo un po’ di più l’aspetto patologico ci si accorge di come una maggiore esposizione ai contenuti social contamina la qualità del sonno, la percezione della realtà e di se stessi, altera i propri interessi ed obiettivi personali. All’interno dei social i soggetti diventano fragili, diventano merce di tutti e di scambio e questo causa problemi oggi già abbastanza conosciuti come le diverse forme di psicosi e i disturbi d’ansia. 

Il XXI secolo è segnato dalle dipendenze, soprattutto dalle droghe: oggi sono milioni i giovani che assumono sostanze di abuso come cocaina e crack. Le dipendenze senza sostanze causano le stesse alterazioni psicofisiologiche delle dipendenze con le sostanze. Per questo motivo cocaina, crack, Instagram e OnlyFans possiamo azzardare e metterli sullo stesso piano. Se per le prime sostanze la dipendenza e, quindi, il piacere è delegato a qualcosa di esterno al nostro corpo, con Instagram e OnlyFans lo strumento, oltre alla piattaforma, diventa il corpo. 

OnlyFans è il format che negli ultimi mesi sta conquistando la piazza, facendo guadagnare parecchi soldi a ragazze e ragazzi che mettono a disposizione le proprie foto ed i propri contenuti “hot”. Dall’altro lato si trova una platea di gente disposta a sborsare anche molto denaro per poter ottenere sempre nuovo materiale caldo. Da una lato c’è una facilitazione a “vendere” il proprio corpo, come esperienza estrema, incuranti di dove possano andare a finire le foto ed i video, dall’altro lato c’è la ricerca di un piacere attraverso vie alternative e “proibite”. 

Il problema è profondo. Oggi gira tutto intorno ai social, le relazioni, formali e informali, il proprio aspetto fisico, le proprie idee. Bisognerebbe, forse, domandarsi quale sia la direzione intrapresa, sotto questo aspetto, dalla società, perché la conclusione della narrazione è un dilemma: siamo tutti malati o siamo tutti sani? 

La risposta, attualmente, è impossibile raggiungerla. Sicuramente il mondo virtuale assumerà delle forme sempre più simili a quello reale, confondendo ciò che è lecito e ciò che non lo è. Una soluzione c’è, come sempre nei dilemmi: pensare di considerarsi tutti malati è un concetto che va contro il principio stesso di esistenza della società, una società malata muore. 

Bisognerebbe, piuttosto, riconoscere il problema, analizzarlo, sviscerarlo in maniera seria e scientifica e normalizzarlo, renderlo un nuovo aspetto della moderna società. Educare, adulti e ragazzi, al corretto uso dei social, utilizzarli in maniera proficua e utile, iniziare a farlo già da bambini. 

Le abitudini cambiano e così la nostra genetica, che influenzata dall’ambiente viene alterata e modificata per potersi adattare al meglio (è il concetto di epigenetica), più veloci sono i cambiamenti più velocemente il nostro genoma si modificherà, nel frattempo possiamo stare a guardare e soffrire e vedere soffrire milioni di persone, oppure intervenire per accelerare questo cambiamento e renderlo realtà, come quando si strappa via un cerotto.


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