Patto di Stabilità e Crescita, le nuove regole dell’UE

Lo scorso 26 aprile, la Commissione europea ha presentato alcune proposte legislative volte a riformare il Patto di Stabilità e Crescita e la governance economica dell’UE.


Il dibattito politico-giuridico sulla riforma del quadro normativo che regola la governance economica dell’Unione Europea (UE) costituisce uno dei principali punti nell’agenda comunitaria. Gli shock finanziari del passato – la Grande Recessione del 2007-2008 e la crisi dei debiti sovrani del 2011 – e il fenomeno pandemico da COVID-19 hanno rivelato le criticità di un sistema troppo imperniato sulla rigida applicazione delle norme, nonché indifferente alle diverse condizioni economiche che caratterizzano i Paesi UE.

Proprio per tale ragione, a partire dal febbraio del 2020, è stato avviato un riesame del tessuto normativo sopra citato, anche attraverso una consultazione pubblica on-line, i cui risultati sono stati successivamente riportati dalla Commissione europea in una relazione finale, pubblicata il 28 marzo 2022; relazione, questa, che ha condotto tale Istituzione comunitaria a proporre, nel successivo novembre, degli orientamenti volti a rafforzare la sostenibilità del debito e promuovere una crescita sostenibile e inclusiva attraverso investimenti e riforme.

Le proposte della Commissione sul Patto di Stabilità e Crescita

Muovendo dagli orientamenti sopra richiamati, lo scorso 26 aprile la Commissione europea ha presentato tre proposte legislative, volte rispettivamente a sostituire il Regolamento (CE) n. 1466/97 relativo al rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche; a modificare il Regolamento (CE) n. 1467/97 concernente l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; e, da ultimo, a emendare la Direttiva 2011/85/UE sui requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

Tali strumenti normativi costituiscono il fondamento giuridico del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) e della procedura per gli squilibri macroeconomici, ambedue perni significativi della governance economica dell’UE. Per tali motivi, la necessità di prevederne delle modifiche che ne garantiscano la piena efficacia in relazione alle continue sfide che l’Unione è chiamata ad affrontare rappresenta una questione centrale per incrementarne la resilienza.

La revisione del quadro legislativo in esame si è basata su un’ampia consultazione che ha visto coinvolti un notevole novero di soggetti interessati, quali Istituzioni UE, cittadini, Governi e Parlamenti nazionali, parti sociali, nonché Istituzioni non governative e Università.

Una consultazione, questa, che ha rivelato – accanto ai punti di forza della disciplina in disamina – anche diversi elementi di carenza, come la grande complessità del relativo funzionamento, la necessità di una maggiore efficacia nel ridurre il debito pubblico laddove risulta elevato e di creare ammortizzatori per i futuri shock, nonché l’esigenza di aggiornare gli strumenti esistenti in modo da integrare gli insegnamenti tratti dalle risposte politiche delle precedenti crisi, compresa l’interazione tra le riforme e gli investimenti nell’ambito del Next Generation EU e dei Recovery Plan nazionali. 

Le novità sulla governance economica dell’UE

Entrando nel dettaglio delle modifiche proposte dalla Commissione europea nell’ambito del proprio pacchetto legislativo, il nuovo novero normativo mira a rendere la governance economica più semplice, migliorando la titolarità nazionale e rafforzando l’applicazione di norme contenute nell’ambito di un quadro comune trasparente dell’Unione.

Nel dettaglio, secondo quanto elaborato dalla Commissione europea, l’obiettivo di ridurre i livelli di debito pubblico – notevolmente cresciuti a seguito della pandemia da COVID-19 – verrà perseguito attraverso piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine, nei quali gli Stati membri avranno il compito di definire i rispettivi target, le misure per contrastare gli squilibri macroeconomici, nonché le riforme e gli investimenti ritenuti prioritari per un periodo di almeno quattro anni.

Sebbene tali piani saranno sottoposti al vaglio della Commissione europea e approvati dal Consiglio dell’UE sulla base di criteri comuni, gli Stati membri conseguiranno – con le nuove regole – una titolarità nazionale rafforzata, poiché a tali Paesi verrà riconosciuto un margine nella definizione dei percorsi di aggiustamento di bilancio e degli impegni in materia di riforme e investimenti.

Una flessibilità che verrà contemperata dalla redazione e successiva presentazione di una relazione annuale sui progressi compiuti, al fine di rendere più agevole il monitoraggio e il controllo da parte delle Istituzioni comunitarie.

Un quadro comune trasparente e basato sul rischio

Gli shock finanziari del passato hanno rivelato l’inadeguatezza del PSC a far fronte alle differenti situazioni di bilancio, nonché alle diverse prospettive economiche che caratterizzano i Paesi UE, mostrando l’inefficacia di un approccio unico, rigido e non flessibile.

Proprio in tale ottica, le modifiche proposte dalla Commissione europea intendono porre al centro del sistema un quadro di sorveglianza maggiormente basato sul rischio, che abbia quale fulcro nevralgico la sostenibilità del debito pubblico e la crescita sostenibile e inclusiva.

Ursula von der leyen patto di Stabilità
La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen [ANSA/EPA]

In particolare, la realizzazione di un tale quadro comune e trasparente muoverà dalla predisposizione dei piani nazionali sopra menzionati, che saranno formulati in termini di obiettivi di spesa pluriennali, con la Commissione europea che guiderà gli Stati membri attraverso traiettorie o informazioni tecniche, a seconda che il Paese UE preso di esame abbia o meno un disavanzo pubblico e un debito pubblico superiori rispettivamente al 3% e al 60% del PIL.

In tale prospettiva, attraverso le traiettorie tecniche, l’Istituzione comunitaria tenterà di supportare gli Stati membri nel garantire un debito orientato verso un percorso di riduzione plausibile o che lo stesso rimanga a livelli prudenti, nonché nell’assicurare un disavanzo fermo o portato e mantenuto al di sotto del valore previsto del 3 per cento.

Con le informazioni tecniche, invece, la Commissione europea fornirà ai Paesi UE le indicazioni necessarie per stabilizzare il suddetto disavanzo alla percentuale sopra indicata.

A completamento di quanto sopra descritto, inoltre, al fine di garantire la sostenibilità del debito, il nuovo quadro normativo prevederà l’applicazione di garanzie comuni.

Nel dettaglio, pur rimanendo invariati i valori del 3 per cento e del 60 per cento sopra indicati, il rapporto debito pubblico/PIL alla fine del periodo coperto dal piano dovrà essere inferiore rispetto a quello registrato all’inizio dello stesso, e finché il disavanzo rimarrà al di sopra del 3 per cento del PIL dovrà essere attuato un aggiustamento di bilancio minimo dello 0,5 per cento del PIL all’anno come parametro di riferimento.

Il Patto di Stabilità e le clausole di salvaguardia

Quanto riportato sopra in materia di garanzia comuni costituisce la regola generale. A completamento, tuttavia, va precisato che la normativa proposta dalla Commissione europea tiene conto anche delle eventuali situazioni di crisi future.

In tale prospettiva, infatti, si prevede una clausola di salvaguardia generale e clausole specifiche per Paese che consentiranno deviazioni dagli obiettivi di spesa in caso di grave recessione economica nell’UE o nell’Eurozona nel suo complesso oppure di circostanze eccezionali al di fuori del controllo dello Stato membro che abbiano un forte impatto sulle finanze pubbliche.

Il pacchetto legislativo in esame, inoltre, introdurrà un regime di applicazione più rigoroso, così da garantire che gli Stati membri non manchino agli impegni assunti attraverso i rispettivi piani strutturali nazionali di bilancio a medio termine. Per tale ragione, verrà automaticamente attivata la procedura per i disavanzi eccessivi – prevista dall’art. 126(2) del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e al relativo Protocollo (N. 12) – nel caso di deviazioni dal percorso di aggiustamento concordato, con riferimento a quei Paesi UE che fronteggiano sfide significative in materia di debito pubblico.


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