giornalisti a rischio nei conflitti armati

Giornalisti a rischio, il pericoloso mestiere di dire la verità

In un mondo in cui i conflitti armati continuano a moltiplicarsi, la voce dei giornalisti è sempre più a rischio, strozzata dalla violenza di chi non vuole che la verità sulle proprie azioni venga rivelata.


In questo momento, nel mondo, si stanno svolgendo centoquattordici conflitti armati, con un aumento nello scorso anno del 21 per cento rispetto al precedente. 

Oggi, nel mondo, una persona su sei vive in prossimità di un conflitto, anche se noi sentiamo parlare solo di quelli che rappresentano un interesse diretto o indiretto per il nostro Paese.

Per ognuno di questi conflitti ci sono giornalisti che si impegnano perché la verità di ciò che accade intorno a loro venga raccontata. Per ognuno di questi giornalisti, quello di dire la verità è un mestiere estremamente pericoloso.

Secondo il World Press Freedom Index  del 2023, la situazione è “molto seria” in 31 paesi, “difficile” in 42, “problematica” in 55, e “buona” o “soddisfacente” in 52 paesi. In altre parole, l’ambiente per il giornalismo è “cattivo” in sette paesi su dieci.

giornalisti a rischio nei conflitti armati

Trenta giorni per la libertà di stampa, i giornalisti a rischio

Fino al 3 maggio, Giornata mondiale della libertà di stampa, Amnesty International ha indetto una maratona di raccolta firme a sostegno per la libertà di informazione. L’iniziativa è dedicata a quattro giornalisti che hanno messo a rischio la propria vita solo per svolgere il loro lavoro: Alberto Amaro Jordán, Maria Ponomarenko, Nidal al-Waheidi e Haitham Abdelwahed.

Il primo, Alberto Amaro Jordán, direttore della testata digitale La Prensa de Tlaxcala, si è distinto per le sue coraggiose inchieste sul traffico di esseri umani nel paese, in particolare per quanto riguarda donne e ragazze destinate alla schiavitù sessuale.

Negli ultimi anni, il suo impegno investigativo ha l’ostilità di gruppi criminali e persino alcune forze dell’ordine. Nel 2019 ha ottenuto l’inclusione nel Programma per la protezione dei difensori dei diritti umani e dei giornalisti. Tuttavia, dopo quattro anni, le autorità hanno concluso che il pericolo è cessato e potrebbero revocargli la protezione in qualsiasi momento. Questa decisione è particolarmente preoccupante in un paese classificato tra i più pericolosi al mondo per i giornalisti. 

Maria Ponomarenko invece, è una giornalista russa impegnata con la testata online “RusNews”, ed è stata arrestata il 23 aprile 2022 con l’accusa di diffondere “informazioni consapevolmente false sulle Forze armate russe”. 

Il 17 marzo 2022, Maria ha condiviso un video su Telegram (rimosso poco dopo) che mostrava il bombardamento del teatro di Mariupol, in Ucraina. Il 15 febbraio 2023, un tribunale di Barnaul, ha condannato Maria a sei anni di reclusione e le ha imposto il divieto di praticare il giornalismo per cinque anni successivi al suo rilascio. 

La sua storia rappresenta un tragico esempio delle sfide che affrontano i giornalisti e gli attivisti in molte parti del mondo, dove l’esercizio della libertà di stampa è spesso minacciato e perseguitato.

Nidal al-Waheidi e Haitham Abdelwahed, sono due tra i centinaia di giornalisti che hanno subito ingiustizie durante il conflitto in corso nella striscia di Gaza, durante in quale ne sono morti già 95, arrestati 25 e scomparsi 4. In quest’ultima categoria rientrano Nidal e Haitham, entrambi sono stati arrestati dalle forze israeliane il 7 ottobre 2023 mentre documentavano l’attacco guidato da Hamas in territorio israeliano. Da allora le autorità israeliane si rifiutano di rivelare il luogo in cui si trovano o le ragioni del loro arresto.

Questi nomi sono solo un piccolo campione rappresentativo del costo intrinseco dell’impegno necessario a raccontare il presente. I loro nomi ci ricordano quanto la libertà di ognuno di noi sia costantemente in percolo, perchè è la verità a renderci liberi e senza il loro lavoro non c’è verità.

vignetta di Giuseppe Castiglione
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