Se Giorgia Meloni è il nuovo che avanza

A questa tornata elettorale, astensione record a parte, è emerso il bisogno di vedere un cambiamento, uno qualsiasi, soprattutto se estremo nella confezione. Giorgia Meloni è la risposta all’ennesimo bisogno italiano, quasi fisiologico, di un nuovo apparente.


Il nuovo che avanza è lo stupore e l’orgoglio di avere la prima donna premier della storia italiana pronta a salire a capo del governo. Il nuovo che avanza è vedere, poi, in questo governo, sempre gli stessi dinosauri. Il nuovo che avanza è vedere una agenda politica “democristiana” spacciata per discontinuità estremista e patriottica, e vedere che questa mossa porta consensi. Il nuovo che avanza è la decadenza di diversi temi e valori sociali dopo una tornata elettorale che ha spinto l’estrema destra al primato tra i partiti italiani e con l’aiuto (anche) dei giovani.

È il 26 settembre 2022, sono appena state annunciate le proiezioni di risultato delle elezioni politiche italiane. Come i pronostici avevano già ampiamente annunciato, il primo partito d’Italia è Fratelli d’Italia, il partito più a destra d’Europa. Oltre FdI, tutti gli altri partiti sono usciti sconfitti, soprattutto la sinistra. 

Nei giorni immediatamente a seguire, la narrazione giornalistica è quasi allarmante, si racconta un ritorno repentino al passato, precisamente a cento anni fa, durante i preparativi della marcia su Roma. Ci si preoccupa della deriva fascista e della tenuta sociale, dei diritti sociali e delle politiche economiche, della politica interna e di quella estera. Ma cosa è successo in Italia? Perché tanta indignazione? 

La risposta alla seconda domanda è la più semplice. Sono note le posizioni estreme di Giorgia Meloni, sia dentro i confini italiani che fuori. C’è da dire che nelle ultime settimane ha portato avanti un grandissimo lavoro di “redenzione” delle proprie posizioni. 

Alla prima domanda è più complicato rispondere. Impazza in questi giorni il video dell’influencer Giulia Torelli che durante uno sfogo dà la colpa ai “vecchi” sostenendo e domandandosi la possibilità di impedirne il voto. 

Analizzando il fenomeno, che può risultare bizzarro a un primo sguardo, si può osservare un quesito che ciclicamente ritorna a presentarsi: la critica al suffragio universale. Si è tutti in grado di poter dare un giudizio consapevole e responsabile riguardo le scelte politiche del proprio Paese? La domanda è senza dubbio legittima, ma come si può distinguere chi è in grado e chi no? Come si può definire una fazione politica incapace di governare aprioristicamente? A queste domande è estremamente difficile rispondere, ma la storia ci insegna che la storia non insegna, per questo è ciclica. 

Considerando questo punto di vista però, si può pensare alla grossa fetta rappresentata dall’astensionismo che ha caratterizzato queste elezioni. Sorge spontanea la domanda: ma se la popolazione non adopera un proprio diritto e dovere, perché concederlo? Sono riflessioni da farsi, a cui gli analisti dovranno dedicarsi (e anche le commissioni) per le prossime riforme elettorali; ma anche i partiti devono chiedersi come mai questo distacco dalla “chiamata alle urne” ha raggiunto un nuovo record

Inoltre, analizzando le percentuali di voto, l’analisi dell’influencer risulta ancor più fallace: infatti FdI ha raccolto il 14 per cento dei voti all’interno della fascia d’età che va dai 18 ai 24 anni, una fetta molto giovane e molto grande per un partito sovranista. Anche questo dovrebbe fare riflettere molto le altre formazioni politiche. Alcuni partiti non si sono proprio visti tra le piazze italiane, creando ancor più distacco, e l’analisi delle percentuali fa pensare che forse basterebbe ascoltare e parlare alla popolazione giovane del nostro Paese.

Nessuno si sta preoccupando a sufficienza del primo vero partito d’Italia, l’astensionismo, che per la prima volta nella storia della Repubblica sfiora il 35 per cento. Questo fenomeno richiederebbe un’analisi separata e approfondita, ma una cosa sicuramente è chiara ai più. I cittadini, oltre a sentirsi disillusi e sfiduciati, percepiscono l’incapacità di cambiare le cose. 

Il parallelismo tra il messaggio gattopardiano per cui “tutto cambi affinché niente possa cambiare” e il fenomeno dell’astensionismo, è profondamente allarmante. Da un lato la sensazione è che tutte le fazioni politiche siano uguali e dall’altro è che effettivamente di legislatura in legislatura non è stato percepito un cambiamento, un’innovazione.

Spostando il punto di vista, si può pensare che questo attacco sfrenato delle sinistre e questa sensazione di “pericolo imminente” per il tessuto sociale sia solo il frutto della frustrazione di una parte politica (sconfitta) che è assolutamente sgretolata, frastagliata e inconcludente. Parliamo di una forza politica, il centrosinistra, che ha governato nelle ultime due legislature e che quindi ha avuto la possibilità di portare avanti, seppur singhiozzando, il proprio programma, ma non lo ha fatto. Questo genera disillusione, sfiducia e distanza. Quando le parole dei palazzi sono incomprensibili per molte persone, la politica fallisce. È un’ulteriore sconfitta della politica.

Ed eccolo il nuovo che avanza, un berlusconismo con gli occhi di ghiaccio e i capelli biondi, un’agenda economica scritta da chi, però, ha lasciato il governo, un pressapochismo su diritti civili e questioni di genere che è disarmante. Eccolo il nuovo che avanza, l’armageddon, il punto più alto della curva gaussiana. Il nuovo che avanza è questo futuro, dove d’ora in avanti sarà tutto probabilmente molto diverso, dove, in effetti, ci sarà la possibilità di un cambiamento, di un’innovazione.


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