L’influenza russa in Africa preoccupa l’Occidente

Mentre il conflitto ucraino è lontano dalla sua risoluzione, la Russia rafforza la sua influenza in Africa, destando preoccupazione nella NATO.


Il 2022 è stato denominato dall’élite della politica estera russa “l’anno dell’Africa”, in virtù dei legami sempre più stretti con molti Paesi del continente. L’influenza e l’attività della Russia in Africa, nel corso di una conferenza stampa congiunta a Madrid, sono state definite “preoccupanti” dai ministri della Difesa spagnolo e britannico.

Margarita Robles, ministra delle Difesa spagnola, ha lanciato accuse molto pesanti contro le operazioni del governo russo e delle società di sicurezza private (come il Gruppo Wagner, appaltatore di sicurezza privato che utilizza ex militari russi e strettamente legato all’Agenzia Militare Russa) avvenute in particolare in Mali e in Libia. Secondo Robles, l’espansionismo russo sarebbe diretto a fomentare la criminalità organizzata e il terrorismo attraverso interventi mercenari e sostegno ai leader di Paesi geograficamente strategici dotati di risorse minerarie o di idrocarburi.

Cooperazione militare 

Dal 2015 la Russia ha firmato diversi accordi di cooperazione militare. Si sono susseguite nel continente africano regolari missioni di addestramento delle forze armate locali e schieramento di truppe nei luoghi di crisi, con conseguente vendita di armi da parte della Russia.

Inoltre, mercenari del Gruppo Wagner sono stati schierati in diversi Paesi africani, come Libia, Repubblica Centrafricana, Sudan e Mozambico. Ufficialmente la Russia nega di avere avuto un ruolo in questi Paesi ma i fatti la contraddicono. In Sudan, ad esempio, la Russia ha sostenuto militarmente il dittatore Omar al-Bashir, consigliandogli di reprimere i manifestanti in occasione delle proteste scoppiate nel 2019, in cambio del libero accesso alle miniere d’oro nell’ovest del Paese. 

La Russia è riuscita a mantenere la sua influenza all’interno del Paese anche quando i leader militari hanno rovesciato il governo in carica di Bashir, conservando gli accordi minerari precedentemente negoziati.

Milizie Wagner sono state schierate anche nella Repubblica Centrafricana in sostegno del presidente eletto Faustin-Archenge Touadéra, dove il legame con la Russia è tanto potente da aver portato alla nomina di un russo, Valery Zakharov, come consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente. Anche in questo caso al sostegno militare è seguito un importante risultato negoziale, ossia il controllo delle redditizie miniere di oro e diamanti nel nord del Paese.

Campagne di disinformazione

Non solo interventi militari. La Russia ha accresciuto il suo potere nel continente africano attraverso una scaltra opera di disinformazione mirata a condizionare gli apparati democratici dei singoli Paesi. L’esempio più eclatante di quest’opera di disinformazione è rappresentato dalla Libia.

Dallo scoppio della guerra civile, sui social network libici si sono moltiplicate le critiche alle Nazioni Unite, al governo sostenuto dalle Nazioni Unite e all’Occidente mentre, viceversa, veniva elogiata la Russia ed esaltato il suo ruolo di stabilizzatore. Le sistematiche violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di Haftar sono state oscurate dai profili filorussi, i quali hanno sostenuto le responsabilità di tutte le parti coinvolte.

Il medesimo approccio è stato osservato in altri Paesi africani, come Angola, Repubblica Democratica del Congo, Guinea Bissau, Madagascar, Mozambico, Zimbabwe. Il modello di informazione russo non è passato inosservato. 

Nel 2019 Facebook ha rimosso dozzine di account sospetti operanti in otto Paesi africani, accusati di essere coinvolti in una campagna di disinformazione e influenza volta a promuovere gli interessi russi. Secondo le indagini condotte da Facebook, sotto la guida della dottoressa Shelby Grossmann, ricercatrice presso l’Osservatorio Internet di Stanford, tutti gli account rimossi sono collegati allo stesso oligarca russo, Yevgeny Prigozhin. Prigozhin, stretto amico di Vladimir Putin, è a capo di quello stesso Gruppo Wagner presente con le sue milizie in numerosi Stati africani.

«Le pagine hanno avuto alti livelli di coinvolgimento. Le 73 pagine non autentiche che abbiamo analizzato hanno pubblicato contenuti 48.000 volte, hanno ricevuto più di 9,7 milioni di interazioni e sono state apprezzate da oltre 1,7 milioni di account. Ciò suggerisce che il contenuto creato dalle campagne ha fatto presa sulle persone le quali, per contro, hanno risposto ad esso», ha spiegato la dottoressa Grossmann, evidenziando la pericolosità di simili campagne di disinformazione all’interno dei paesi africani più vulnerabili.

I risultati di questa campagna africana sono apparsi evidenti con lo scoppio della guerra in Ucraina. Lo scorso aprile, se avesse votato solo l’Africa, la risoluzione ONU con la quale è stata sospesa l’adesione della Russia al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite non sarebbe stata approvata: dei 24 voti contrari alla decisione ben 9 sono africani. 12 paesi africani non hanno partecipato al voto mentre 24 si sono astenuti.

Secondo l’analista Anau Adeoye, membro del programma Russia-Eurasia alla Chatham House di Londra, questi numeri non devono stupire: sono il risultato della politica di espansione russa operata in Africa negli ultimi anni attraverso alleanze difensive in sostegno dei governi locali contro gli insorti armati.

Foto di Copertina Sergei Chirikov/Pool via REUTERS


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