Germania, bandiera

La Germania e la recessione economica

Il 2023 ha svelato le carenze della Germania, da sempre considerata potenza economica nell’Unione Europea e nel panorama mondiale. 


C’è stato un tempo in cui il solo ipotizzare un crollo della Germania sotto il profilo economico e industriale risultava impensabile; c’è stato un tempo in cui si guardava alla locomotiva tedesca come modello da cui prendere spunto per migliorare le politiche nazionali degli altri Stati, soprattutto all’interno dell’Unione Europea (UE); un tempo nel quale Berlino, forte della propria solidità in termini di crescita, di Pil e di deficit, esprimeva il proprio peso politico nel panorama comunitario, imponendo la rigida applicazione dei valori di riferimento previsti dal diritto dell’UE ai Paesi in difficoltà finanziarie. Ad oggi, dando un sguardo al trascorso 2023, sembrerebbe che anche la più potente delle economie comunitarie soffra le criticità derivanti dalle crisi transnazionali.

Ad onor del vero, nel corso della sua storia, la Germania ha patito la morsa della recessione in diverse occasioni, l’ultima delle quali risalente nel 2000, periodo nel quale la moneta unica faceva il suo ingresso tra le valute mondiali, divenendo espressione di un’identità comunitaria che – pur avendo i suoi valori fondanti contemplati nei Trattati UE – presenta tutt’oggi delle criticità applicative. 

economia in germania

A partire dal 1951, lo Stato tedesco ha vissuto solo pochi anni di crisi in cui il relativo Pil è andato in contrazione, sino ad arrivare nel 2023, in cui da modello trainante si è trasformato nell’inseguitore arrancante, classificandosi quale peggiore Paese industriale dell’annata passata, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI); e il 2024 sembrerebbe avere, in prospettiva, gli stessi caratteri tetri dell’anno precedente, con evidente rischio di contagio per le economie degli Stati maggiormente legati alla Germania, tra cui l’Italia.

Nella rispettive Previsioni economiche d’autunno 2023, la Commissione europea riportava i seguenti dati relativi alla Germania, prendendo in analisi l’ultimo trimestre dell’anno passato e le stime per il 2024 e il 2025. 

Fonte: Commissione europea

Come si evince dal grafico di cui sopra, la Germania avrebbe chiuso il 2023 con un rallentamento della crescita nel quarto trimestre, pur prospettandosi un miglioramento delle condizioni economiche del Paese negli anni successivi. La crisi energetica provocata dal conflitto russo-ucraino, tuttavia, ha fortemente compromesso le ambizioni di ripresa dello Stato tedesco e ha svelato le crepe della sua storica resilienza economica.

Basti pensare all’effetto sull’inflazione – adesso nuovamente in rialzo al 3,8%, dopo un drastico calo nel 2022 – prodotto dal blocco dei sussidi governativi alle bollette dell’energia o alla contrazione dell’export, della spesa pubblica e delle vendite al dettaglio. Come se non bastasse, anche il settore dell’industria ha segnato un trend negativo (-2%), facendo prospettare il timore di una possibile “deindustrializzazione”.

Ad aggravare ulteriormente il contesto sin qui descritto, anche il barometro IFO sull’occupazione – volto a misurare le condizioni di salute del mercato del lavoro – ha subito un crollo, raggiungendo un nuovo punto minimo dal 2021, provocando diversi scioperi dei lavoratori. Nel dettaglio, i dati forniti dall’IFO (l’istituto di ricerca economica tedesca) hanno rivelato un trend decrescente, con un’attuale situazione di 95,5 punti, rispetto ai 96,5 del mese di dicembre; segno evidente, questo, del momento di stagnazione economica e di recessione che Berlino sta attraversando in questi mesi.

Il panorama sopra descritto ha aperto lo spiraglio allo spettro di possibili licenziamenti futuri e al conseguente blocco delle assunzioni da parte delle imprese tedesche, stante il pessimismo che sta minando la fiducia dei vari settori economici dell’economia della Germania. In tale prospettiva, l’IFO ha registrato una riduzione del c.d. business climate ad 85,2 punti a gennaio, rispetto gli 86,3 di dicembre.

La crisi energetica, tuttavia, è solo una delle possibili cause poste a fondamento del tracollo economico tedesco. Bisogna tenere in debita considerazione, infatti, che un ulteriore fattore esterno ha potenzialmente contribuito ad incrementare gli effetti negativi sull’economia della Germania, ossia il rallentamento subito dal partner d’Oriente cinese, dopo anni di forte crescita economica.

A completare il quadro, è plausibile ritenere che anche il ritardo nell’uso della tecnologia digitale nelle Istituzioni nazionali e nelle imprese, così come le lunghe tempistiche relative all’approvazione dei progetti di energia rinnovabile, abbiano contribuito a smascherare le fragilità – per anni rimaste celate – della locomotiva tedesca.

Un’ultima riflessione a corredo dell’analisi sopra riportata riguarda la prospettiva comunitaria. Se è vero che c’è stato un tempo in cui l’economia tedesca era modello ed esempio per gli Stati membri dell’UE, il relativo tracollo attuale è la manifestazione di una verità celata, ma presente nel progetto europeo: appartenere allo stesso mercato unico vuol dire influenzare le economie degli altri Paesi. 

Bisognerebbe smettere di guardare all’UE come un grande oceano in cui navigano le navi nazionali e cominciare ad immaginarla per ciò che realmente è: un unico vascello il cui equipaggio è composto dagli Stati membri e che naviga in un oceano che rappresenta il panorama geopolitico globale. Solo mediante la cooperazione si può evitare il rischio di affondare.

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