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Venticinque anni con l’Euro in tasca

Venticinque anni fa, il primo gennaio 1999, l’Euro faceva il suo ingresso fra le valute mondiali, cambiando radicalmente la storia del Vecchio Continente.


Sembra passato ben più di un quarto di secolo dalla nascita della moneta unica e, fra luci ed ombre, questi anni sono stati un successo, anche per la sola ragione che la Moneta Unica è sopravvissuta. L’Euro ha rappresentato un radicale cambio di paradigma nel mondo valutario e ha costretto le autorità bancarie e finanziarie nazionali a un nuovo ordine di sfide e di difficoltà.

L’Euro ha sostituito valute nazionali storiche e prestigiose come il Franco francese e il Marco tedesco, senza sfigurare al loro cospetto; al contrario ha rappresentato, sotto molti punti di vista, un rafforzamento per le nazioni che ne sono parte.

Come descritto su questo stesso giornale nel 2022, a vent’anni dal conio della valuta fisica: “Nonostante le evidenti falle nella chiglia della moneta unica, la barca ha continuato a navigare in questi venti anni, anche col mare in tempesta. Non bisogna dimenticare come, nel bene e nel male, si siano superate ben tre enormi crisi in venti anni senza che nessun membro del “club dell’euro” abbia abbandonato la valuta comune per tornare alla divisa nazionale. Con l’euro in tasca abbiamo superato la Grande Recessione del 2008, la Crisi del Debito Sovrano del 2010 e stiamo faticosamente superando la crisi economica provocata dalla pandemia iniziata nel 2020.” 

Rispetto ad allora, l’Euro ha sostenuto altre sfide: un conflitto sul territorio europeo come la guerra in Ucraina e l’esplosione dell’inflazione, uno scenario che quasi nessuno era in grado di potere prevedere appena due anni or sono.

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Il successo della Moneta Unica è rappresentato, inoltre, dall’allargamento degli Stati che ne fanno parte: nell’anno del lancio erano soltanto undici, adesso sono diventati venti e nuove richieste di adesione sono in programma in futuro. Non tutto è stato facile, anzi le difficoltà sono state spesso notevoli; per questo la storia dell’Euro è fatta anche di strappi e di salti, e di “cassette degli attrezzi” originariamente scarne, gradualmente riempite con strumenti neanche lontanamente immaginati venticinque anni fa.

Nessuno avrebbe scommesso sull’emissione di debito comune come avvenuto per contrastare la pandemia e finanziare il Next Generation EU; nessuno avrebbe mai pensato a politiche monetarie fatte da tassi assenti così tanto a lungo, accompagnate, peraltro, da uno strumento come il “Quantitative Easing” considerato da molti come una sorta di “eresia” monetaria, specialmente dalle parti di Berlino.

Questo non significa che non ci siano stati errori. Una pagina indelebile di sofferenza inutile è stata rappresentata dalle politiche di “austerity” imposte ai Paesi mediterranei e, in particolare, alla nazione ellenica sulla quale scellerate politiche hanno presentato un conto salato alla popolazione senza raggiungere gli obiettivi inizialmente indicati.

Proprio alla luce di quella storia, di quegli errori, parte del messaggio di celebrazione condiviso dalla Banca Centrale Europea non è condivisibile da chi scrive: “Negli anni abbiamo dovuto affrontare sfide estremamente ardue, che hanno anche messo in questione il futuro stesso dell’euro. Ma ogni volta abbiamo reagito nel modo giusto”. Non sempre si è reagito nel modo giusto. Quanto raggiunto finora non basta in ogni caso ad assicurare la sopravvivenza per i prossimi venticinque anni dell’Euro. Si rende necessario continuare la politica di armonizzazione delle Istituzioni nazionali e della politica fiscale degli Stati membri. 

Anche in questo caso riprenderò quanto scritto nell’articolo del 2022: “Oggi, a venti anni dalla nascita della moneta unica e dalla sua introduzione, si è fatta chiarezza: la moneta, per essere sostenibile, ha bisogno che vengano integrati e armonizzati altri settori come ad esempio il mercato del lavoro, l’istruzione, il prelievo fiscale e le politiche di sostegno. Per fare tutto questo, però, è necessario del tempo, poiché è un processo lungo che richiede impegno e pazienza. Diversamente, ci sarebbero altre scelte anche se improbabili: tornare indietro con la naturale conseguenza di dover affrontare le crisi da soli, in un mondo sempre più globalizzato, oppure, quella estremamente difficile, se non impossibile, di rimanere a metà del guado sottoposti alle piene del fiume. I cittadini possono valutare da soli i vantaggi e gli svantaggi di una valuta comune, tenendo conto però, che coloro che decisero di gettare “il cuore oltre l’ostacolo” non erano semplicemente dei visionari, molto più spesso erano figli di una generazione che aveva visto le macerie della “discordia” europea e avevano l’intenzione di legare i popoli a un destino comune che evitasse un nuovo conflitto”. 

Il rischio di non portare a termine le necessarie riforme europee è quello di porre le condizioni per una dissoluzione dell’Euro, con il probabile corollario fatto di conflitti e di politiche egoistiche poco utili per il continente, se non prodromiche per un nuovo conflitto. Questa è la sfida dei prossimi anni.

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