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L’economia globale si impegna, ma potrebbe fare di più

Analizziamo insieme le stime in termini di crescita dell’economia globale e l’inflazione pubblicate lo scorso ottobre dal Fondo Monetario Internazionale.


La resilienza dell’economia globale agli avvenimenti che hanno segnato l’economia mondiale – quali la pandemia, l’invasione russa dell’Ucraina e la crisi del costo della vita – è stata notevole. Nonostante lo sconvolgimento dei mercati energetici e alimentari e una politica monetaria restrittiva senza precedenti per combattere elevati livelli di inflazione, l’attività economica ha rallentato, ma non si è fermata. 

Tuttavia, la crescita stimata per il 2023 e il 2024 rimane lenta e disomogenea, con divergenze sempre più ampie. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dal World Economic Outlook pubblicato lo scorso ottobre dal Fondo Monetario Internazionale (anche “FMI” o “Istituto internazionale”). Riprendendo le parole di Pierre-Olivier Gourinchas, Economic Counsellor e Direttore della Ricerca del Fondo Monetario Internazionale, «the global economy is limping along, not sprinting».

Nonostante l’importante risposta dell’economia globale osservata nel corso del 2023, con una significativa ripresa e importanti progressi nella riduzione dell’inflazione rispetto ai picchi dello scorso anno, ancora è troppo presto per pensare che la tempesta sia passata. 

L’attività economica è ancora distante dal periodo pre-pandemico, soprattutto nei mercati emergenti e nelle economie in via di sviluppo, e continuano ad aumentare le divergenze tra le varie regioni del mondo. Le motivazioni di un ritmo così tanto compassato della ripresa economica non sono da ricercare esclusivamente nelle conseguenze a lungo termine della pandemia, della guerra in Ucraina e della crescente frammentazione geoeconomica, ma anche tra ragioni di natura puramente ciclica, quali ad esempio gli effetti dell’inasprimento della politica monetaria necessario per ridurre l’inflazione, il ritiro del sostegno fiscale in presenza di un debito elevato e gli eventi meteorologici estremi.

Le previsioni 2023-24

Il FMI stima che la crescita globale dal 3,5 per cento del 2022 si contragga fino al 3,0 per cento nel 2023 e subisca un’ulteriore riduzione nel 2024, attestandosi al 2,9 per cento. Quest’ultimo dato è stato rivisto al ribasso (-0,1) dall’Istituto internazionale rispetto all’aggiornamento fornito a luglio 2023 dall’Istituto internazionale (anche “le precedenti previsioni del FMI”). Tali stime sono ben al di sotto della media storica (2000-2019) del 3,8 per cento.

Rispetto al tema dell’inflazione complessiva, il FMI stima un significativo rallentamento che porti, su base annua, dal 9,2 per cento del 2022 al 5,9 per cento per l’anno in corso, fino al 4,8 per cento nel 2024. Anche l’inflazione di fondo, che esclude i prezzi dei generi alimentari e dell’energia, dovrebbe diminuire, anche se più gradualmente rispetto all’inflazione globale, contraendosi, su base annua, dal 6,5 per cento del 2022 al 4,5 per cento nel 2024 (-0,2 punti percentuali rispetto alle precedenti previsioni del FMI). Tali proiezioni sono sempre più coerenti con uno scenario di “soft landing”, in cui la riduzione dell’inflazione non comporti un’importante flessione dell’attività. 

Tuttavia, va precisato che sono presenti importanti divergenze fra le varie regioni del mondo. Infatti, portando l’analisi a un livello più granulare, possiamo notare che il rallentamento è più evidente nelle economie avanzate che in quelle emergenti e in via di sviluppo. Nello specifico:

con riferimento alle economie avanzate, si stima che la crescita economica dal 2,6 per cento del 2022 si contragga fino all’1,5 per cento nel 2023, per ridursi ulteriormente fino all’1,4 per cento nel 2024. I motivi di tale contrazione, coerente quanto stimato nell’aggiornamento fornito a luglio 2023 dall’Istituto internazionale, sono da ricercare in una crescita dell’area dell’euro più debole del previsto, parzialmente compensata dallo slancio degli Stati Uniti che hanno sorpreso in positivo, con una ripresa dei consumi e degli investimenti;

con riferimento alle economie dei mercati emergenti e in via di sviluppo, si prevede un modesto calo della crescita che dal 4,1 per cento del 2022 si dovrebbe attestare al 4,0 per cento sia nel 2023 che nel 2024. La stima per il 2024, rispetto alle precedenti previsioni del FMI, è stata rivista al ribasso (-0,1) in quanto se da un lato numerose economie dei mercati emergenti si sono dimostrate abbastanza resistenti e hanno sorpreso al rialzo, dall’altro la Cina continua ad affrontare i crescenti venti contrari derivanti dalla crisi del settore immobiliare e dall’indebolimento della fiducia. 

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Il caso italiano

La crescita economica del Bel Paese, in coerenza a quanto si assiste per il resto d’Europa, continua a frenare. Il FMI, rispetto a quanto stimato nell’aggiornamento fornito a luglio 2023, ha rivisto al ribasso le stime del PIL dell’Italia, che dovrebbe attestarsi al +0,7 per cento sia nel 2023 (-0,4 rispetto alle precedenti stime del FMI) che nel 2024 (-0,2 rispetto alle precedenti stime del FMI). 

Tali previsioni sono ancora più severe di quanto stimato dal Governo Meloni, il quale, nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, prevede un incremento del PIL italiano pari al +0,8 per cento nel 2023 e dello +1,2 per cento nel 2024.

Decisamente migliori sono le stime che riguardano l’inflazione. Gli esperti del FMI prevedono che l’inflazione crescerà al 6 per cento nel 2023, per poi contrarsi in modo significativo fino ad attestarsi al 2,6 per cento nel 2024. 

Positivi anche i dati che riguardano il mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione, rispetto all’8,1 del 2022, godrà sia nel 2023 che nel 2024 di una lieve contrazione attestandosi, rispettivamente, al 7,9 e all’8,0 per cento. Torna in terreno positivo anche la bilancia delle partite correnti, che, calcolata come percentuale del PIL, passa dal -1,2 del 2022 allo +0,7 nel 2023 e allo +0,9 nel 2024.

Rispetto all’annoso tema italiano del rapporto tra debito pubblico-PIL, il FMI stima che nei prossimi anni tale KPI, seppur lentamente, seguirà la via della riduzione. Il dato del 144,4 per cento osservato nel 2022 si contrarrà fino al 143,7 per cento nel 2023 e si ridurrà ulteriormente nel 2024, attestandosi al 143,2. Tuttavia, dato il ritmo molto compassato di tale riduzione, si raggiungerà una soglia prossima al 140 per cento solo a partire dal 2028, dove si stima che il rapporto tra debito pubblico-PIL sarà pari al 140,1 per cento.


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