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Eurostat, crescita deteriorata e inflazione in discesa

Secondo i dati dell’Eurostat, le prospettive europee di crescita risultano deteriorate, nonostante l’inflazione sia ancora in fase discendente.


Nelle passate giornate del 28 e 29 settembre, l’Eurostat ha rilasciato i propri dati sia sull’inflazione, sia sulle prospettive europee di crescita, basate sull’Indicatore di Sentimento Economico (Economic Sentiment Indicator o ESI), rilevando un rallentamento nella crescita economica futura, nonché una riduzione – seppur marginale – dell’andamento inflazionistico.

Com’è noto, l’Eurostat rappresenta l’Ufficio statistico dell’UE, svolgente funzione di pubblicare e rendere note statistiche di qualità a livello comunitario, in grado di facilitare i confronti non solo tra gli Stati membri dell’Unione, ma altresì tra le rispettive Regioni.

Pur rimanendo quanto descritto sopra la principale competenza dell’Eurostat, il relativo ventaglio di funzioni risulta più ampio. Se, da un lato, l’Ufficio UE in esame si occupa di elaborare definizioni, classificazioni e metodologie armonizzate per la produzione di statistiche ufficiali europee, in collaborazione con le autorità statistiche nazionali (per l’Italia, l’ISTAT), dall’altro calcola dati aggregati per l’Unione e l’Eurozona, usufruendo di quelli raccolti negli Stati membri secondo criteri armonizzati; un’operazione, questa, che consente di mettere a disposizione dei responsabili politici e dei cittadini le risultanze statistiche, attraverso il sito web dell’Eurostat stesso.

I dati dell’ESI sulla crescita deteriorata

L’ESI può essere definito quale indicatore composito che, attraverso le stime preliminari avallate dalla Direzione Generale degli Affari economici e finanziari (DG ECFIN) della Commissione europea, mira a monitorare la crescita del PIL a livello degli Stati membri, dell’UE e dell’Eurozona, nonché le opinioni sulla stessa. Si tratta, nel dettaglio, di una media ponderata dei saldi delle risposte a domande formulate alle imprese in cinque settori coperti dalle indagini UE, riguardanti altresì i consumi e i consumatori.

Ci si riferisce, nello specifico, ai settori che ricoprono un peso determinato nel calcolo dell’ESI e, rispettivamente: industria (40 %), servizi (30 %), consumatori (20 %), commercio al dettaglio (5 %) e edilizia (5 %). Va precisato che i saldi sopra menzionati vengono costruiti come differenza tra le percentuali degli intervistati che danno risposte positive e negative.

Per quel che concerne i dati presentati dall’Eurostat il 28 settembre scorso, la Commissione europea ha rilevato un deterioramento del sentimento economico sia nell’UE che nell’area dell’euro, espressione di una percezione negativa degli intervistati sulle prospettive comunitarie di crescita. In particolare, l’ESI risulta leggermente in riduzione: per l’Unione, si assiste ad un calo di 0,4 punti, giungendo a quota 92,8; per l’Eurozona, invece, la diminuzione si attesta a 0,3 punti, determinando un valore di 93,3.

A quanto precisato, vanno aggiunti i dati relativi all’indicatore della fiducia dei consumatori sulle aspettative economiche, anch’esso in sofferenza per secondo mese consecutivo: nel dettaglio, per l’UE si registra un decremento di 1,6 punti percentuali (punteggio finale di -18,7), mentre per la zona euro di 1,8 punti percentuali (punteggio di -17,8). Solo l’indicatore delle aspettative di occupazione risulta in controtendenza e in ripresa, con +0,6 punti a 102,4 nell’UE e +0,5 punti a 102,7 nell’Eurozona.

L’inflazione dell’Eurozona secondo l’Eurostat

Secondo quanto riportato dall’Eurostat, il tasso di inflazione annuale della zona euro è ulteriormente diminuito rispetto ai precedenti mesi, attestandosi al 4,3% dopo aver raggiunto il 5,2% di agosto; un dato, questo, che può apparire incoraggiante ma che risulta ancora distaccato dalla soglia del 2% prefissato dalla Banca Centrale Europea (BCE).

Si tratta di una percentuale che risulta più che dimezzata rispetto al corrispondente dato dell’ottobre del 2022, dove si raggiunse il picco del 10,6%; una progressione in positivo, questa, già preannunciata nelle Previsioni economiche di estate 2023, pubblicate dalla Commissione lo scorso 11 settembre, e che dipende dal miglioramento, rispetto al mese di agosto, di tutte le componenti in cui l’indicatore preso in esame si articola: prodotti alimentari, alcool e tabacco (dal 9,7% all’8,8% su base annua); servizi (dal 5,5% al 4,7%); beni industriali (dal 4,7% di agosto al 4,2%); calo dei prezzi dell’energia (dal -3,3% al -4,7%).

Sotto il profilo dei singoli Stati membri dell’Eurozona, performance notevoli sono state realizzate dai Paesi Bassi (dal 3,4% di agosto al -0,3%), dal Belgio (dal 2,4% di agosto al 0,7%), nonché dalla Germania (dal 6,4% di agosto al 4,3%). Registrano i tassi di inflazione più alti, invece, la Francia (dal 5,7% di agosto al 5,6%), la Croazia (dall’8,4% di agosto al 7,3%), l’Austria (dal 7.5% di agosto al 5,8%), la Slovenia (dal 6,1% di agosto al 7,1%) e la Slovacchia (dal 9,6% di agosto all’8,9%).

Sembrerebbe, in linea di massima, che la morsa derivante dalla crisi energetica provocata dal conflitto russo-ucraino – con conseguente applicazione di una politica monetaria restrittiva da parte della BCE – si stia allentando, sebbene la strada ancora sia lunga.


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