Un bilancio del vertice tra Joe Biden e Xi Jinping

Il presidente americano Biden e il presidente cinese Xi si incontrano a San Francisco per delineare nuove linee guida nei loro rapporti. Segnali di disgelo arrivano da entrambi i fronti.


Il vertice tra Biden e Xi del 15 novembre 2023, avvenuto a margine del meeting dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) è un segnale di disgelo tra i due paesi. A un anno dal loro ultimo incontro a Bali, l’incontro tenutosi a San Francisco sembra mettere in evidenza come entrambi i paesi siano consapevoli della loro competizione ma, come detto dallo stesso Xi al termine del summit, “il pianeta è grande abbastanza per consentire il successo di entrambi”. Parole che indicano la volontà di trovare un modus vivendi tra i due colossi che non degeneri in un conflitto caldo.

Durante il colloquio, durato circa quattro ore, diverse sono state le tematiche discusse: dall’immancabile Taiwan alla questione Fentanyl, dall’intelligenza artificiale alla lotta al cambiamento climatico, fino alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente e alle relazioni commerciali.

Sulla questione del Fentanyl sono stati raggiunti accordi per ostacolarne le esportazioni. Il Fentanyl – un derivato della morfina – è utilizzato come anestetico e antidolorifico. Tuttavia, negli ultimi anni, i pazienti ai quali veniva prescritto per dolori cronici o post-operatori hanno continuato a farne uso, dando vita allo spaccio illegale della sostanza e ad una vera e propria emergenza sanitaria negli USA.

Come riportato dal New York Times, i principali produttori – tra cui ad esempio Purdue Pharma – avevano dichiarato che tale antidolorifico non causasse dipendenza, con l’obiettivo di farne aumentare la produzione. La Cina è il principale esportatore di fentanyl negli USA e, in virtù degli accordi raggiunti, si impegnerà ad esercitare maggiore controllo verso le aziende chimiche che lo esportano illegalmente. L’accordo raggiunto è di fondamentale importanza per il presidente americano Biden, il quale ha sostenuto con decisione la lotta all’epidemia da oppiacei sintetici.

Un altro accordo molto importante riguarda il tema dell’emergenza climatica, con il rilascio della dichiarazione di Sunnylands per il potenziamento della cooperazione tramite il dialogo e azioni concrete. L’accordo consiste nella creazione di un programma per agevolare lo scambio di informazioni su politiche, misure e tecnologie per la riduzione di emissioni inquinanti, per condividere esperienze e valutare opportunità di attuazione della suddetta dichiarazione.

Il tutto sarà guidato da inviati speciali sul clima della Cina e degli USA – rispettivamente, Xie Zhenhua e John Kerry. In aggiunta, sarà costituito un “gruppo di lavoro tecnico di cooperazione” per la riduzione del metano, che interessa soprattutto la Cina, considerata il principale produttore di questo gas. Con riferimento all’Accordo di Parigi del 2015, i due presidenti Joe Biden e Xi Jing ping si impegnano a collaborare, prendendo atto del loro ruolo nel raggiungimento degli obiettivi del Cop28 di Dubai. 

Vago, invece, rimane l’accordo sull’intelligenza artificiale che non ha previsto nessuna governance e nessun accordo sulle limitazioni in ambito di sviluppo militare.

Per quanto riguarda le due guerre in Ucraina e Medio Oriente, maggiore attenzione è stata rivolta a quest’ultima. Biden ha chiesto al presidente cinese Xi di impegnarsi affinché la sua influenza sull’Iran possa contenere il dispiegamento della crisi nel resto del Medio Oriente. Dal canto suo, Xi ha chiesto maggiore riguardo rispetto alle richieste di sicurezza della Corea del Nord, applicando a Pyongyang una formula ricorrente utilizzata per la Russia.

Argomento delicato rimane Taiwan. L’isola è un attore chiave su diversi fronti, da quello tecnologico nel campo dei semiconduttori a quello geografico e storico, essendo sia un punto di accesso verso il Pacifico sia il tassello mancante per Xi per la riunificazione e la creazione di una sola Cina. Da registrare è la riapertura delle comunicazioni militari, interrotte nel 2022 a seguito della visita dell’allora speaker della camera usa Nancy Pelosi a Taiwan. “Gli errori di calcolo da entrambe le parti possono causare problemi seri con un Paese come la Cina”, commenta Biden.

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Nonostante questo, il presidente cinese Xi ha cercato delle rassicurazioni, chiedendo di evitare l’invio di armi a Taipei e di ostacolare il raggiungimento della riunificazione pacifica. La Cina, dichiara Xi, non intende annettere l’isola con azioni militari ma attraverso una “riunificazione pacifica”. Il presidente USA Biden, invece, ha chiesto di limitare le azioni sullo Stretto e di non interferire nelle elezioni presidenziali di gennaio 2024, dato che qualche giorno dopo il vertice “l’opposizione dialogante con Pechino ha trovato un accordo per una candidatura unitaria che può ribaltare i pronostici sul voto, nonché gli equilibri del triangolo scomposto Usa-Cina-Taiwan”. 

Abbiamo deciso di istituire una linea di comunicazione diretta in cui ognuno di noi potrà alzare il telefono e chiamare l’altro immediatamente”, dichiara il presidente USA.

Risulta dunque evidente come i due paesi, benché abbiano visioni e interessi molto lontani, intendano ridefinire le “regole d’ingaggio” nella loro competizione strategica, trovando nelle relazioni economiche uno strumento di lotta politica che possa rafforzare l’indipendenza nella produzione di prodotti quali semiconduttori, prodotti farmaceutici e materiali critici.

Una strategia che trova il suo punto di riferimento nella teoria della economic security, descritta da Jake Sullivan. Attuando tali principi, si assicurano investimenti per incrementare la produttività interna del paese, si creano reti per alleanze industriali e si utilizza il proprio vantaggio competitivo per impedire al concorrente di colmare il gap tecnologico. 

Il vertice Biden-Xi avviene inoltre in un momento in cui la situazione economica della Cina vive un calo negli investimenti esteri che probabilmente, secondo il Fondo Monetario Internazionale, è stato causato dalle politiche di de-risking occidentali – in base alle quali si predilige la produzione domestica o in Paesi amici per evitare il “rischio” di essere esposti ad azioni di coercizione economica.

Dall’altro lato, il presidente Biden – accusato dai repubblicani di non essere stato in grado di contenere la Russia, fino allo scoppio della guerra in Ucraina – si prepara ad affrontare un anno difficile in vista delle prossime elezioni presidenziali, dove ci si attende la ricandidatura di Donald Trump. Da questo punto di vista, le relazioni con la Cina sono un elemento strategico per Biden.

Dopo un anno di tensioni su più fronti tra le due superpotenze e in una fase geopolitica come quella attuale, segnata da competizione e squilibri internazionali, è dunque fondamentale che le due superpotenze comunichino sul fronte economico, politico e militare, al netto delle difficoltà legate alle diverse visioni e alle diverse esigenze dei due paesi, per evitare lo scoppio di una nuova guerra fredda.

“Il passare del tempo è come un fiume impetuoso: molto viene spazzato via, ma ciò che è più prezioso rimane. La tendenza storica della coesistenza pacifica tra Cina e Stati Uniti non cambierà, così come il desiderio dei nostri due popoli di scambi e cooperazione”, ha detto Xi alla fine dell’incontro, un messaggio che va nella direzione opposta a quella di una nuova guerra fredda.


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