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Cambio di rotta nelle relazioni tra Italia e Cina

Quali saranno i nuovi progetti del partenariato strategico con la Cina, definito il “faro” delle nuove relazioni italo-cinesi, che andranno a sostituire la Via della Seta?


L’Italia ha annunciato l’uscita dagli accordi per la Nuova via della Seta, uno dei programmi avviati da Xi Jinping nel 2013 per facilitare i collegamenti tra la Cina e il resto del mondo. Il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha rassicurato che questo non comprometterà i rapporti tra i due paesi, i quali guardano ad una nuova concezione di “partenariato strategico”.

L’espressione ‘Nuova via della Seta‘ è stata coniata dalla stampa per indicare la Belt and Road Initiative (BRI) del 2013. Il governo cinese, attraverso lo stanziamento di 1.000 miliardi di dollari, mira alla realizzazione e al potenziamento di infrastrutture commerciali come porti, strade, ponti, ferrovie, aeroporti e impianti per la diffusione di energia e il miglioramento delle comunicazioni.

I paesi aderenti sono circa 70 tra Europa, Medio Oriente e nord Africa, Sud e sud-est asiatico, Asia centrale e Asia dell’est. Il progetto ha previsto la realizzazione di sei corridoi di trasporto, via terra e via mare, che consentiranno alla Terra del dragone di diversificare le sue rotte commerciali e accedere a nuovi mercati. 

Il piano della BRI prevede due direttrici principali che riprendono la vecchia via della seta, quella terrestre e marittima. La direttrice terrestre, nota come Silk Road Economic Belt, connetterà sia i centri produttivi della Cina meridionale ai mercati di consumo europei tramite ferrovia attraverso l’Asia Centrale, sia la Russia alla Turchia e all’India attraverso il Sud-Est asiatico. 

La direttrice marittima, invece, nota come Maritime Silk Road apre le porte verso il mediterraneo – dal canale di Suez sino alle coste dell’Africa Orientale e al Maghreb – e il resto dell’Asia tramite il mar cinese meridionale.

Nel 2018 il governo di Pechino si è spinto sino al Polo Nord, proponendo una Via della Seta Polare che si svilupperebbe in tre rotte verso l’Artico: un passaggio a nord-est (Russia) uno centrale e uno a nord-ovest (Canada). 

“È un’estensione di ciò che la Cina stava perseguendo per il suo sviluppo interno e anche per dare contributi utilizzando i vantaggi competitivi che siamo stati in grado di accumulare nell’ultimo decennio”, ha detto Zhang Lanlan, CEO di CICC US Securities, Inc., una consociata controllata da China International Capital Corporation Limited (CICC). 

La partecipazione dell’Italia al progetto della Belt and Road Initiative è iniziata nel 2019 sotto il governo Conte attraverso la firma del Memorandum of Understanding tra i due paesi. L’inserimento cinese in settori strategici dell’economia europea ha suscitato una serie di preoccupazioni da parte degli stati europei che cercavano di avere atteggiamenti più cauti nelle relazioni sino-europee.

A livello commerciale, specie in ambito di import e export, la Cina è un partner importante per l’Italia. Ad esempio, nel 2018 il 3% dell’export italiano era destinato al mercato cinese (13,7 miliardi di euro). Invece, nell’ambito delle importazioni italiane la Cina era seconda solo all’Europa (7,1% del totale importato dall’Italia, ovvero 30,78 miliardi di euro nel 2018). La collaborazione sino-italiana non riguarda solo il commercio ma anche turismo, collaborazioni culturali, scientifico-tecnologiche e ambientali.

A quanto pare però l’accordo italo-cinese non ha portato agli esiti sperati tantoché le esportazioni italiane verso la Cina non hanno subito nessuna variazione e gli investimenti diretti cinesi in Italia sono diminuiti da 650 milioni nel 2019 a 91 milioni lo scorso anno. 

Per di più, in Europa negli ultimi anni è cambiata la prospettiva sulla terra del Dragone a seguito delle politiche adottate per l’emergenza COVID-19, per le violazioni di diritti umani nello Xinjiang e la repressione a Hong Kong. E anche l’Italia sembra aver seguito i compagni europei negli ultimi anni. Con l’ex primo ministro Mario Draghi furono bloccate una serie di acquisizioni di aziende nell’ambito della sicurezza. Tale atteggiamento non è cambiato con l’arrivo del nuovo primo ministro Giorgia Meloni che ha cercato di fermare Sinochem (società statale cinese che si occupa di prodotti chimici e fertilizzanti) nel controllo sulla Pirelli.

Tutto questo sembrerebbe aver portato la Premier alla decisione di uscire dagli accordi con Pechino per quanto riguarda il programma BRI il prossimo anno. L’adesione alla BRI non fu ben accolta dai membri del G7, creando contrasti con le politiche europee adottate nei confronti della Cina. L’attuale ministro della Difesa Guido Crosetto durante un’intervista al Corriere della sera ha dichiarato che la decisione da parte della premier Meloni non comprometterà le relazioni tra i due paesi. Infatti, quest’ultima sostiene che la Via della seta non è l’unico collegamento tra Roma e Pechino.

Così lo scorso 9 e 10 settembre la Premier Meloni, durante il G20 2023, ha tenuto un incontro con il capo del governo cinese Li Qiang in cui la premier ha espresso la sua intenzione di abbandonare il memorandum firmato nel 2019. Inoltre, nei giorni precedenti, era avvenuto un incontro a Washington tra la premier italiana Giorgia Meloni e il presidente americano Joe Biden durante il quale si era discusso anche della BRI. Questo incontro sembrerebbe aver accelerato le decisioni sull’uscita italiana dagli accordi sulla via della seta. Pechino sostiene che l’Italia abbia deciso sotto influenza americana ma Meloni dichiara che «Biden non avrebbe mai sollevato la questione direttamente con me». 

«Abbiamo parlato anche di Via della Seta e più in generale di Cina. Se pensate che l’approccio degli Stati Uniti sia chiedere o pretendere qualcosa dall’Italia non è così. Si fidano del ruolo dell’Italia, della nostra posizione e postura» queste le parole di Giorgia Meloni post incontro con Biden .“Sulla Cina – invece – io e Biden abbiamo parlato di come sia necessario garantire la nostra sicurezza economica e nello stesso tempo assicurare un dialogo con Pechino”.

L’obiettivo di tale decisione, dunque, sembra essere duplice: da un lato mantenere saldi i legami con Washington, ponendo fine a ciò che faceva dell’Italia l’unico paese del G7 ad avere firmato il memorandum con Pechino; dall’altro conservare i rapporti economici commerciali e diplomatici con Pechino.

A tal proposito il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani ha incontrato circa tre settimane fa il suo omonimo cinese Wang Yi per discutere dell’uscita dell’Italia dagli accordi BRI e porre le basi per un nuovo partenariato strategico. 

Il partenariato strategico è per Tajani più importante della via della seta perché sta a sottolineare come l’uscita dell’Italia dagli accordi BRI non sia una scelta strategica e quanto invece sia importante rafforzare i rapporti tra i due paesi. L’obiettivo è quello di riequilibrare la bilancia commerciale incrementando le opportunità di accesso al mercato cinese per le imprese italiane.

Jia Guide, Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese in Italia è stata intervistata dalla Stampa dopo il viaggio in Cina di Tajani. È emerso che la Cina ha valutato positivamente l’incontro tra i due paesi.

«Cina e Italia sono partner naturali nella costruzione congiunta della Belt and Road: le due parti hanno vantaggi economici complementari. I documenti di cooperazione sulla Belt and Road firmati da Cina e Italia sono i principali motori dei risultati degli ultimi anni. La Cina rappresenta un partner insostituibile e un’enorme opportunità di mercato e di sviluppo», queste le parole di Jia Guide. 

«Portare avanti la cooperazione per costruire congiuntamente la Belt and Road è una misura efficace e pragmatica per costruire insieme una strada verso la prosperità. I risultati ottenuti negli ultimi 20 anni sono dovuti all’adozione del Partenariato Strategico Globale. Sulla base di un suo ulteriore approfondimento, i due Paesi dovrebbero sviluppare lo “spirito della via della seta” attraverso pace e cooperazione, apertura e inclusività, apprendimento reciproco e mutuo vantaggio».

Dunque, la visita di Tajani a Pechino vuole sottolineare la volontà italiana di mantenere la cooperazione economica e commerciale tra i due paesi. Ma quali saranno le nuove mosse? Quali saranno i nuovi progetti del partenariato strategico, definito come il “faro” delle nuove relazioni italo-cinesi, che andranno a sostituire la via della seta?

Tajani ha sottolineato anche l’importanza della Cina nel conflitto tra Russia e Ucraina, sostenendo che una sua mossa potrebbe contribuire alla pace tra i due stati, come affermato recentemente in un’intervista anche da Romano Prodi

Pertanto, che la scelta dell’Italia sia stata affrettata e determinata dell’incontro con il presidente degli USA Joe Biden è una delle ipotesi più accreditate ma questo non deve sminuire l’importanza della Cina a livello mondiale. 

In conclusione, oggi la Cina non è soltanto un partner commerciale importante ma gioca un ruolo fondamentale anche a livello geopolitico su vari scenari – Russia e Ucraina, Balcani, Niger, Sahel – con cui l’Occidente deve interfacciarsi. Dunque, se la scelta di abbandonare del memorandum sia stata una buona mossa o meno lo scopriremo col tempo. Oggi però, davanti ad un mondo globalizzato e alla ricerca di un nuovo ordine, non si può di certo sottovalutare la terra del dragone.


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