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Un futuro poco rassicurante per l’economia europea

I recenti dati economici europei segnano un brusco rallentamento per l’economia, in particolare per il settore dei servizi.


La fine del mese d’agosto è stata fruttuosa nel consegnare agli analisti una serie di indicatori freschi circa lo stato dell’economia europea e di quella dei suoi principali Paesi. Questi dati, purtroppo, non disegnano un quadro idilliaco; al contrario, sembrano indicare un netto peggioramento, con potenziali ricadute nell’ultimo trimestre dell’anno, se non prima.

Partiamo dal dato pubblicato dall’Eurostat circa il Prodotto Interno Lordo dell’Unione Europea. Come si evince, sebbene il dato sia lievemente positivo, la crescita sia nell’Eurozona (0,3%) che nell’intera Unione si conferma essere anemica, al di sotto del mezzo punto percentuale. Anche confrontando il dato con quello dell’anno precedente, la crescita si ferma a poco più del mezzo punto percentuale, rendendo impietoso il confronto con gli Stati Uniti che hanno messo a segno una crescita su base annuale del 2,6%.

Spostandosi sull’andamento del costo della vita, anche in questo caso le notizie non sono esaltanti: nonostante la stretta monetaria, l’inflazione nell’Eurozona è invariata confermando il dato di luglio, 5,3%, ad agosto. Per altro, l’inflazione di fondo ha avuto una lieve variazione, passando dal 5,5% di luglio al 5,3% di agosto, trainata dall’incremento dei prezzi nel settore dei servizi.

Sempre a livello europeo, un dato interlocutorio proviene dall’occupazione, dove il tasso di disoccupazione si conferma identico a quello del mese precedente al 6,4%. Sebbene i dati possano sembrare neutri, in realtà non lo sono se si analizza lo stato di salute delle tre principali economie dell’area dell’Euro: Germania, Italia e Francia.

Partendo dall’analisi del PIL di quest’ultima, possiamo notare come l’economia francese sia quella in salute migliore. Il dato della crescita del secondo trimestre dell’anno ha segnato un incremento dello 0,5%, in netto miglioramento dalla stasi del primo trimestre. Anche in questo caso, è evidente come non si sia in presenza di un dato superlativo, ma sicuramente risulta positivo rispetto alle altre due economie europee. 

Le dolenti note per l’economia transalpina provengono dall’andamento dell’inflazione. Quest’ultimo risulta essere in controtendenza rispetto al calo europeo, segnando una netta crescita al 5,7% dal 5,1% del mese precedente. Il netto aumento è imputabile quasi in toto alla crescita del costo dell’energia, passato da un dato negativo del -3,7% del mese di luglio alla crescita del 6,8% del mese di agosto. 

Il malato d’Europa sembra essere diventato la Germania, di cui abbiamo analizzato in precedenza le cause delle difficoltà attuali. Verificando la crescita economica del secondo trimestre, risulta notevole come dopo il lieve calo dei due trimestri precedenti, quarto del 2022 e primo del 2023, esso sia rimasto invariato, senza mostrare neppure una lieve possibilità di rimbalzo. Le possibilità che l’economia teutonica chiuda l’anno in negativo, purtroppo, sono in crescita.

Il dato sull’inflazione tedesca mostra un rallentamento lieve per quella complessiva, in discesa dal 6,2% di luglio al 6,1% di agosto, ma una totale stasi per quella di fondo, inchiodata al 5,5% rispetto al mese precedente, nonostante la cura da cavallo sui tassi esercitata dalla Banca Centrale Europea (BCE). L’inflazione di fondo, per altro, nel corso dell’anno è soltanto oscillata in Germania, senza mai mostrare una netta diminuzione: basti pensare, a tal riguardo, che i dati di luglio e agosto sono ancora superiori a quello di maggio, 5,4%, e in lieve calo dal picco del 5,8% di giugno. 

Un settore di particolare interesse per l’economia tedesca, e che ne esemplifica in parte le difficoltà, è quello degli scambi commerciali del mese di luglio. Esso mostra un andamento con esportazioni in calo sul mese precedente dello 0,9% e importazioni in crescita dell’1,4%. Un dato importante è il crollo di quasi il 6% su base mensile delle importazioni dalla Cina, sintomo delle difficoltà di riallineamento commerciale di cui soffre l’economia teutonica. 

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Analizzando, infine, i dati che provengono dal Belpaese, salta agli occhi il deterioramento dei fondamentali economici. Il PIL, in base ai dati Istat, è calato nel secondo trimestre dello 0,4%, peggiorando la stima iniziale che prevedeva un -0,3%. Il dato peggiore è il cedimento dell’intera domanda aggregata, consumi compresi.

Il problema è che il peggioramento delle condizioni economiche sta iniziando ad influenzare il mercato del lavoro che, per la prima volta dopo parecchi mesi, mostra segni di cedimento. A luglio variano in modo peggiorativo sia il dato degli occupati, in calo dello 0,2%, sia il dato dei disoccupati, in crescita dello 0,2%.

L’unica buona notizia proviene dal calo dell’inflazione che, secondo l’Istituto Nazionale di Statistica, è in diminuzione al 5,5% ad agosto dal 5,9% di luglio. Anche l’inflazione di fondo vede un calo analogo a quella generale, con una discesa al 4,8% dal 5,2% di luglio. In realtà, quello dell’inflazione è un dato bifronte: da una parte, è una buona notizia perché permette un mantenimento migliore, per quanto possibile, dato il valore in ogni caso elevato nel complesso del potere d’acquisto; d’altro canto, potrebbe essere il sintomo del peggioramento dell’attività economica e determinato per la maggior parte dalla contrazione dei consumi.

La pubblicazione peggiore per il quadro europeo proviene dagli indici HCOB PMI rilasciati da S&P Global. Questi indici vengono raggruppati in base alle risposte date a questionari inviati ai responsabili degli acquisti delle maggiori imprese europee e, quindi, tendono a prevedere l’andamento economico nel breve periodo. Le risposte raccolte nel mese di agosto, i cui risultati sono stati pubblicati il 5 settembre, mostrano un quadro di netto declino, specialmente nell’unico settore che, al momento, mostrava segni di resilienza: il terziario.

L’indice in questione (in cui un dato di stabilità è rappresentato da un risultato di 50, mentre in caso di espansione il risultato sarebbe superiore e per una contrazione inferiore) ha mostrato un netto deterioramento, passando dal 50,9 del mese di luglio al 47,9 di agosto e segnando una netta contrazione dell’attività.

Il dato sul terziario non è il solo rilevato: l’indice di produzione composito ha continuato la sua permanenza in campo negativo (è negativo da cinque mesi), toccando un nuovo minimo al 46,7 dal 48,6 di luglio. Infine, i risultati riportano un altro cambiamento negativo in corso: «gli ultimi dati sui prezzi suscitano anch’essi preoccupazioni, con l’inflazione mensile dei prezzi di acquisto in accelerazione per la prima volta da settembre 2022». 

In sede di commento dei risultati il Capoeconomista della Hamburg Commercial Bank, Cyrus De la Rubia, ha sottolineato: «tra i paesi dell’eurozona, il rallentamento proviene principalmente dalla Germania e dalla Francia, dove l’attività del settore terziario ha indicato il più rapido deterioramento nel corso di quest’anno. Italia e Spagna, invece, hanno registrato contrazioni relativamente lievi in agosto. A giudicare da quanto è accaduto in Germania e Francia, sembra tuttavia che l’Italia e la Spagna non saranno in grado di schivare un declino del settore terziario più severo».

In conclusione, come si evince da questa carrellata di dati, il peggio, purtroppo, deve ancora venire.


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