Greta Beccaglia e l’insostenibile leggerezza dei violenti

Bisogna parlare di violenza, e non per partecipare al linciaggio pubblico contro i due tifosi che hanno infastidito la reporter Greta Beccaglia, ma perché oggi non c’è più tempo per scuse e sconti.


Un sabato sera stressante e carico di tensione. Una serata da dimenticare, da lasciarsi alle spalle per pensare alle prossime. Per assurdo, non stiamo parlando dell’esperienza di Greta Beccaglia, reporter che ha subito un atto di violenza nei suoi confronti fuori da uno stadio, ma del momento in cui un tifoso fiorentino e il suo “compagno di goliardate” hanno sfogato la frustrazione della sconfitta della propria squadra, la Fiorentina, contro l’Empoli. Come lo hanno fatto? Sputandosi sulla mano e schiaffeggiando le natiche della reporter appostata nei pressi della manifestazione sportiva, come di consueto per ogni altro collega.

Sì, perché secondo alcuni “complici” – che sono parte del problema – non solo il gesto contro la reporter sarebbe definibile una «goliardata», ma sarebbe soprattutto «frutto della rabbia e dello stress accumulato dai due tifosi» che all’uscita dallo stadio Castellani di Empoli, sconfitti dagli avversari in campo, hanno (letteralmente) giocato con la reporter.

Un uomo, dunque, sottoposto a stress dopo un evento sportivo in cui ha giustamente accumulato adrenalina, emozioni derivanti dalla propria smisurata passione – questa, però, non deve essere mai sotto accusa – può essere giustificato da altri appartenenti alla propria comunità (di tifosi nello specifico) quando compie un gesto violento “scherzoso” nei confronti di una donna che aveva la colpa di trovarsi nei pressi dell’impianto sportivo per svolgere il proprio lavoro di reporter. E chissà cos’altro potrebbe fare il mitologico tifoso stressato. È tutto decisamente agghiacciante.

Lo stesso uomo accusato di violenza sessuale, come l’altro tifoso insieme a lui – stando proprio alle immagini del cameramen che ha ripreso integralmente tutta la scena – ha voluto precisare che il suo «non è stato un atto sessista, ma solo una conseguenza della stizza dopo la sconfitta della sua squadra» e che «è stato un gesto goliardico». Era meglio non rilasciare alcuna dichiarazione.

Sessismo, molestia e violenza

Qui ci sono almeno due questioni pesanti che meritano di essere affrontate: il sessismo di cui può essere intrisa una persona, al punto da renderlo apparentemente inconsapevole, ma ugualmente dannoso e irresponsabile; la confusione tra molestia e violenza, per cui uno schiaffo sul sedere sarebbe molestia, e lo stupro invece una “vera” violenza, come se esistessero violenze piccole e violenze grandi, come se il corpo della donna potesse subire inutili scherzi, senza essere definito, di fatto, violato.

Il tifoso fiorentino, Andrea Serrani, ha compiuto un atto di violenza e sessista: non solo perché si tratta di uno schiaffo (forte o debole che sia) senza, ovviamente, nessun tipo di consenso, ma perché ha potuto pensare di disporre liberamente del corpo di una persona, una professionista, in un contesto che tutto era fuorché amicale o confidenziale.

Servono a poco i tentativi di retromarcia dell’uomo, che ha cercato di contattare la reporter per chiederle di ritirare la denuncia, cercando di imbastire delle “scuse ufficiali”. Se oggi questi gesti sono ancora difesi da altri uomini, vuol dire che le scuse non servono (o non sono mai servite). Serve molto di più, ed è quello che, d’altronde, il Ddl Zan voleva includere aggravando i reati d’odio nei confronti, fra gli altri, delle donne, disegno di legge che è stato recentemente affossato in Senato.

Greta Beccaglia a Rainews ha dichiarato: «Se si scusa, quell’uomo fa il minimo indispensabile. Ma le scuse in questi casi non bastano. La giustizia deve fare il suo corso e stabilire che quel gesto vergognoso è sbagliato. Questi gesti non vanno mai fatti. Basta!». Ed è esattamente lo spirito giusto con cui si deve muovere, non solo una donna, ma l’intera comunità per punire certi comportamenti.

La reporter, inoltre, durante l’accaduto, è stata al centro di un doppio sessismo: quello in diretta dallo stadio Castellani e quello dallo studio per cui stava trasmettendo. A Toscana Tv, Giorgio Micheletti che stava conducendo il programma A Tutto Gol, durante la diretta, ha invitato la reporter a «non prendersela». Per questa condotta – al peggio non c’è mai fine – il giornalista si è momentaneamente sospeso e sta aspettando eventuali “provvedimenti disciplinari”.

L’emittente ha infatti chiarito la sua posizione: «Abbiamo condiviso con il reporter Giorgio Micheletti di concedergli l’opportunità di un momento di riflessione e di pausa professionale nella conduzione del format “A Tutto Gol”, al fine di chiarire lo svolgimento dei fatti riservandoci di valutare eventuali provvedimenti disciplinari. La nostra emittente conferma il proprio sostegno e la propria solidarietà a Greta Beccaglia. L’aspettiamo nei nostri studi quanto prima nel solco della positiva collaborazione svolta fino ad oggi. Quello che è accaduto è una molestia. Una cosa inaccettabile». 

Qui si arriva all’altro argomento, quello relativo alla differenza molestia-violenza – egregiamente sottolineata da un articolo su Valigia Blu – sulla quale si sta facendo troppa confusione, più o meno consapevolmente. 

Per violenza sessuale si intende «ogni contatto corporeo (anche se fugace ed estemporaneo) tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato che pone in pericolo la libera autodeterminazione della persona offesa nella sua sfera sessuale». La semplice molestia sessuale si configura «in presenza di espressioni volgari a sfondo sessuale ovvero di atti di corteggiamento invasivo e insistito diversi dall’abuso sessuale». 

Secondo la Corte di Cassazione, toccare in maniera non casuale una parte del corpo  «suscettibile di eccitare il desiderio sessuale» rientra perfettamente nella violenza sessuale tentata e non si tratta di molestia sessuale

Insomma, l’intrusione nella sfera sessuale di una persona è un atto violento, e questo vale comunque, che si tratti di un linguaggio offensivo o di un gesto sconsiderato e stupido. La distinzione, infatti, non è mirata a sminuire la molestia, ma solamente a trattare appropriatamente argomenti diversi e per fare in modo che la “libera disposizione” maschilista del corpo femminile non sia ascrivibile in una “molestia” ma in un atto sempre violento.

Giudicare gravi e dannosi questi gesti, non solo per la vittima ma per l’intera collettività – senza mancare il bersaglio, come si è fatto puntando il dito contro la comunità sportiva dei tifosi, o come hanno fatto coloro che si sono precipitati a difendere i tifosi e il mondo del calcio – è fondamentale per correggere una cultura, purtroppo, radicata e senza genere, una cultura che reputa il corpo della donna un oggetto sul quale poter riversare un capriccio, un bisogno, una prepotenza.


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