Il Covid-19 mette alle strette il lavoro autonomo

L’esplosione della pandemia ha creato in Italia un crollo verticale degli occupati nel settore autonomo, che stenta a recuperare.


L’esplosione dell’epidemia da Covid-19 e le misure prese per contrastarne la diffusione e i suoi effetti più deleteri hanno comportato nel 2020 un crollo massiccio dell’attività economica con conseguente esplosione della disoccupazione. In questo periodo, purtroppo, si sono alternate fasi di brevi recuperi seguiti a nuovi peggioramenti. 

Il 2021, invece, si è aperto e continua a confermarsi, come un anno di ripresa per l’economia nazionale ed europea nel suo complesso e, sotto molti punti di vista, potrebbe essere considerato come il migliore degli ultimi 30.

Anche sotto il profilo occupazionale, il 2021 sta segnando un importante recupero delle posizioni perse seppure in modo ineguale. In particolare, segna un andamento ancora in negativo l’occupazione nel settore autonomo. Purtroppo, il dato non è confortante; infatti c’è stato un crollo devastante nell’anno 2020 e il suo andamento continua a peggiorare, seppure con minore vigore, nell’anno 2021. 

Il documento che esemplifica al meglio lo stato del settore è stato presentato dalla CGIA di Mestre all’inizio di agosto e certifica come, fra coloro che hanno perso la propria occupazione in questo anno e mezzo, ben otto su dieci siano lavoratori indipendenti. Una platea di ben 378mila persone. 

L’ufficio studi della CGIA punta il dito proprio contro i governi succedutisi durante la pandemia, sostenendo come il settore non sia stato adeguatamente supportato nel momento della crisi, a differenza delle politiche di sostegno all’occupazione messe in campo per il settore del lavoro dipendente (si pensi, al riguardo, al blocco dei licenziamenti). 

Unica nota positiva all’interno del mondo del lavoro indipendente è rappresentata dal settore dell’artigianato che, nonostante tutto, presenta numeri in crescita e un’espansione dell’occupazione figlia forse dell’emersione di parte delle imprese artigiane “in nero” attirate dai contributi pubblici. 

Questi dati sono suffragati da un’altra pubblicazione proveniente, in questo caso, dall’Istat. Leggendo al meglio le tabelle, in particolare il prospetto tre, è possibile notare come anche quest’anno si sia verificata una riduzione di 21mila occupati tra gli indipendenti che ha portato il settore a un passo dalla soglia simbolica dei cinque milioni di occupati. 

Il fenomeno non sembra ristretto al solo mercato del lavoro italiano perché un andamento del tutto simile e sovrapponibile è possibile riscontrarlo anche in altre zone d’Europa, come il Regno Unito. A differenza però del nostro Paese, il Regno Unito evidenzia un recupero dell’occupazione del settore indipendente negli ultimi due trimestri, come è possibile verificare attraverso il grafico dell’Office for National Statistics

Il recupero è però ben lontano dalla situazione pre-pandemica e questo nonostante il Regno Unito abbia avuto, negli ultimi due trimestri, una crescita sostenuta dell’occupazione tale da portarlo oltre il livello di inizio pandemia.

Le cause possibili del crollo dell’occupazione del settore autonomo sono diverse e probabilmente non ancora del tutto delineate. Sicuramente la mancanza di sostegno al settore durante la pandemia ha pesato sia in Italia che nel Regno Unito. Vi sono poi delle componenti qualitative da valutare nella scelta di spingersi verso un lavoro indipendente, la principale delle quali è il rischio: in un’economia in recessione serve molto coraggio per investire e indebitarsi per lanciarsi nel settore autonomo. 

A tal proposito, persino due settori che trainavano in precedenza hanno presentato dati in calo nel nostro Paese: quello degli iscritti agli ordini professionali – da sempre una sorta di fortino apparentemente inscalfibile; e quello degli imprenditori agricoli, nel quale l’afflusso dei giovani non è riuscito a compensare i dati in calo. 

Un’altra variabile da considerare è quella del possibile ritorno al sommerso ma, come è ovvio, al riguardo i dati scarseggiano. Vi è poi da verificare se il recupero presente nel Regno Unito continuerà a consolidarsi e se l’Italia si avvierà, nei prossimi mesi, a un recupero simile a quello britannico. 

Infine, la tendenza allo smart-working e la continua informatizzazione del lavoro nel settore dipendente potrebbero avere anche cambiato le carte in tavola avvicinando il lavoro dipendente al lavoro indipendente in molte delle sue condizioni, come alcune pubblicazioni hanno recentemente messo in luce. 

Questo potrebbe rendere maggiormente appetibile la condizione di lavoro dipendente in settori nei quali il lavoro autonomo era una garanzia. Ad ogni modo, a eccezione della solidità dei dati, si naviga a vista. Soltanto nei prossimi mesi, in presenza di una crescita sostenuta, sarà possibile verificare se si è di fronte a un radicale cambiamento nel mondo del lavoro o a una variazione solamente temporanea.


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