Salute mentale, priorità mancante in tempo di pandemia

L’emergenza pandemica sta mettendo in evidenza tutte le lacune di un sistema capitalistico improntato solo sul profitto e non sul benessere dell’individuo e della collettività. Salute mentale a rischio.


«Assurdo vaccinare uno psicologo di 35 anni». Si esprimeva così il Presidente del Consiglio Mario Draghi durante la conferenza stampa dell’8 aprile, puntando il dito contro la vaccinazione di giovani psicologi e operatori sanitari “non in prima linea”. Questa dichiarazione, però, mette in luce quanto la sensibilità nei confronti della salute mentale e del benessere mentale in generale sia del tutto assente, sottolineando anzi quanto questa sia superflua. 

L’emergenza pandemica sta mettendo in evidenza tutte le lacune di un sistema capitalistico improntato solo sul benessere del profitto e non dell’individuo e della collettività. Oltre alle esigenze di tipo economico, un aspetto che si sta mostrando deficitario è quello della salute del cittadino. Se miliardi di risorse sono state spese per far fronte all’emergenza Coronavirus, altrettante sono state sottratte da servizi ritenuti “superflui” al momento.

Insieme all’offerta ambulatoriale, che è stata sospesa per un determinato periodo, intasando ancora di più le liste dei CUP delle varie province, il servizio di salute mentale ha subito l’ennesimo colpo basso. In un sistema dove le risorse destinate alla salute mentale sono meno del 5 per cento (3,5 per cento nel 2019, con un budget di spesa sanitaria totale di circa 110 mld di euro) risultando ancora inadeguate secondo le stime dell’OMS che prevede investimenti superiori al 10 per cento, dover spostare le disponibilità economiche per far fronte a un’emergenza, non può che crearne una seconda, un crescendo esponenziale di emergenze che si accavallano l’una sull’altra. 

Conseguenze della pandemia sulla salute mentale

Negli ultimi anni il sistema di perfezionamento settoriale si sta mostrando fallimentare in favore di sistemi multifattoriali. Per inteso, non si può risolvere il problema della SARS-CoV-2 tralasciando tutte le ricadute a livello socio-sanitario. 

La patologia Covid-19, secondo le stime, aumenta di 5 volte il rischio di incorrere in sintomi o stati depressivi. Questo aumento di rischio è dovuto da un lato allo stato di isolamento cui va incontro chi viene contagiato, dall’altro lato, dal lungo periodo di ricovero che deve affrontare chi subisce complicanze che richiedono ospedalizzazione. Inoltre, gli esperti stimano una crescita di 800 mila accessi per disturbo depressivo nei Centri di salute mentale (CSM) per i prossimi mesi. Si andrà incontro a una «sindemia», dove il Coronavirus sembrerà solo un lontano ricordo.

salute mentale

La costante paura per la propria incolumità, la crisi economica che bussa alle porte e le incertezze nel breve periodo, non possono che far aumentare vertiginosamente il rischio di incorrere in uno stato psicopatologico. Le previsioni non sono rosee, i numeri parlano chiaro, si prevede un aumento del 42 per cento per quanto riguarda i disturbi d’ansia e del sonno, del 28 per cento per il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) e il 20 percento per i disturbi depressivi. 

Le fasce di età più colpite saranno gli adolescenti e gli adulti in forza lavorativa (dai 25 ai 65 anni). Per quanto riguarda gli adolescenti il rischio maggiore è per i disturbi d’ansia e del sonno, con insorgenze di ritiro sociale, sintomo precoce del rischio di disturbo depressivo. Il DPTS si manifesta invece in tutti quei soggetti che sono andati incontro a complicanze che hanno richiesto assistenza ospedaliera e quindi ricovero. 

Discorso a parte è quello delle sindromi depressive, non strettamente e direttamente collegate alla patologia di per sé, ma più alla ricaduta sociale che ne comporta. Si stima che nei prossimi anni a causa della perdita del lavoro e delle incertezze economiche, i casi di depressione aumenteranno di circa 150 mila unità. 

Altro dato, per quanto riguarda ancora il disturbo depressivo, è quello della prevalenza del sesso femminile, già in una condizione di svantaggio sociale, indebolito ancor di più dal nuovo assetto sociale. Infatti, lo smart working, che in alcuni casi ha salvato la produzione aziendale, in altri, nella maggior parte, ha aumentato il carico di stress individuale. Nello specifico le donne subiscono un carico maggiore nel coniugare lavoro da casa e impegni familiari, e questo porta a una difficoltà maggiore, rispetto all’uomo, di mantenere il posto di lavoro.

Allarme giovani

L’istituto superiore di sanità (ISS) ha condotto uno studio per valutare l’impatto della pandemia in Italia per fasce d’età diviso in tre fasi (Fase 1 – giugno 2020, dati elaborati; Fase 2 – dicembre 2020, in stato di elaborazione; Fase 3 – maggio 2021). La fase 1, terminata a giugno 2020 ha messo in mostra dei risultati allarmanti che dovrebbero dettare la linea guida di intervento per gli anni a venire. 

Tra i campioni analizzati risulta interessante quello relativo a 2.700 giovani di età compresa tra gli 11 e i 17 anni. Di questi 2.700 ragazzi, l’11 per cento ha dichiarato di aver avuto sintomi depressivi, il 14 per cento sintomi ansiosi, il 16 per cento ha avuto alterazioni del ritmo sonno-veglia, dichiarando una qualità del sonno scadente. Analizzando ancora i dati, il 13 per cento si è sentito triste e l’11 per cento si è trovato in una condizione di solitudine. Tra tutti i casi, il 50 per cento ha avuto quote d’ansia alterate. 

Risulta interessante sottolineare anche il diverso approccio che i singoli Stati europei hanno nei confronti del problema. In Francia, ad esempio, il presidente Emmanuel Macron ha messo a disposizione di ragazzi nella fascia di età dai 3 ai 17 anni, 10 sedute psicologiche professionistiche pagate direttamente dallo Stato, mettendo quindi a disposizione del servizio ingenti somme di denaro. 

Cosa si sta facendo in Italia

In Italia si è proposto, con un investimento di circa 40 milioni di euro, di attivare dei servizi di ascolto e di sostegno all’interno delle scuole. Si prevede, nel prossimo decreto sostegni, un aumento delle risorse fino a 150 milioni. Attualmente sono attivi gli sportelli nel 70 per cento delle scuole per un totale di 6 mila psicologi in 8 mila istituti per un monte ore di 12 ore mensili. Considerando l’attuale condizione scolastica di alternanza di aperture e chiusure, sicuramente si sarebbe potuto fare di meglio.

La società civile – intesa come l’impegno che alcune associazioni investono in progetti di interesse sociale – si è da subito mossa per l’attivazione di sportelli di ascolto e di supporto a titolo gratuito o agevolato. Una mossa, un piccolo passo per garantire un minimo di sostegno, quello che la classe politica non sta sufficientemente tenendo in considerazione. 

Lo stravolgimento della vita quotidiana e lavorativa, l’introduzione di nuove e più stringenti norme comportamentali, il terrore e la distanza sociale, l’annullamento dello svago e della socialità, la reclusione domestica, tutti questi sono fattori che hanno creato un bisogno: socializzare in maniera sicura. 

A oltre un anno dall’inizio dell’emergenza pandemica, i governi continuano a proporre le stesse forme di restrizioni per ridurre il contagio. Sarebbe opportuno, con tutti i rischi del caso da calcolare e tenere in considerazione, proporre nuove modalità di socializzazione e svago; sarebbe già questa una grande manovra per ridurre i rischi di incorrere in psicopatologie. Si dovrebbe già adesso cambiare passo, in tutti i settori, investire sulla prevenzione per ridurre il carico di spesa della cura e aumentare il grado di benessere generale.

La pandemia ha messo in mostra tutte le nostre debolezze: c’è una medicina di serie A e una di serie B, c’è una scuola di serie A e una di serie B, ci sono lavori di serie A e lavori di serie B, il tutto traducibile nel fatto che esiste una classe sociale di serie A e una di serie B, ma anche di serie C, di serie D, e che allo stato attuale sono enormemente distanti tra loro e si stanno allontanando sempre di più e sempre più velocemente. 

La psicopatologia è trasversale e colpisce senza guardare il conto in banca. La differenza è che se il conto in banca è florido si ha la possibilità di pagare quello che necessita per stare meglio. Lo Stato non garantisce a sufficienza il benessere alle classi sociali meno fortunate. Sarebbe opportuno già da ora (ma siamo già in ritardo) iniziare, sponsorizzare, supportare e finanziare campagne di sensibilizzazione nei confronti della salute mentale, dell’importanza della socialità e degli ambienti sociali. È importante cambiare passo al più presto, anche se la sensazione è quella di «non cambiare niente affinché tutto cambi». 

Nuove realtà di supporto a distanza

Esistono per fortuna piccole realtà che nonostante le limitazioni e la distanza sociale si sforzano per supportare la salute mentale del cittadino. Sono state create app che permettono il contatto a distanza tra chi chiede aiuto e chi è disponibile a darlo, come Cozily, un sistema anonimo disponibile in qualsiasi momento attraverso un contatto tramite chat. Ma come questa, tante altre come ItaliaTiAscolto, Sygmund, Valory

Inoltre, molti professionisti hanno organizzato sui social delle pagine di supporto e di condivisione di informazioni utili per la salute mentale durante la pandemia. GliPsicologi, ad esempio, è una pagina Instagram dove i fondatori, attraverso gli strumenti di interazione del social, trattano temi e danno consigli riguardo a problematiche ed esperienze personali riportate dagli utenti. Certo, il contatto e la presenza di una figura di supporto non hanno paragoni, ma – come al solito – la volontà del privato e del libero cittadino supera sempre quella dello Stato che ancora oggi risulta insensibile e distante a determinate esigenze della collettività.

Bisogna guardare al futuro senza avere paura del passato, anzi affrontandolo con le migliori armi a disposizione. Una pizza con la fidanzata, una birra con un amico, sdraiarsi in un prato, andare al cinema o al teatro sono tutte attività che ci permetterebbero di staccare dalla routine grigia fatta di impegni lavorativi e obblighi sociali. Diventa indispensabile, oggi più che mai, la qualità del tempo libero. Chi governa, dunque, dovrebbe prendersi la responsabilità di creare delle realtà sicure di socializzazione.

Di Francesco Lo Secco


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