Cinquant’anni di “Emozioni” di Lucio Battisti: tu chiamale se vuoi, meraviglie

Il disco di Lucio Battisti del 1970, “Emozioni”, non è solo un super classico. È un disco vero, è un’opera fondata su eventi ed elementi davvero eccezionali.


Un grande album, una serie di hit indimenticabili, una raccolta di irresistibili canzoni: Emozioni, il disco di Lucio Battisti, compie cinquant’anni. Sulle dita indurite di migliaia di chitarristi, esperti o principianti, il disco stenta a invecchiare; alle orecchie di milioni di fan, i brani contenuti in questo disco del 1970 suonano tutti irrimediabilmente familiari e, a volte, vengono cantati come veri e propri inni della musica italiana.

Se «il secondo album è sempre il più difficile» – come recita un altro cantautore ben più recente, Caparezza – il terzo è la gloria o l’oblio. In un’Italia post boom economico che sforna cantautori “maledetti” o censurati, poeti delle borgate e mostri da palcoscenico, Emozioni si rivelerà da subito un monumento esistenziale nonché l’album della consacrazione di Lucio Battisti

Dopo una scalata a suon di successi, da Fiori rosa fiori di pesco a Mi ritorni in mente, da Dieci ragazze a Il tempo di morire, da Acqua azzurra, acqua chiara fino al brano che dà il titolo al disco, il terzo album della coppia vincente MogolBattisti raccoglie tutti i singoli usciti durante l’annata che precede la sua pubblicazione, avvenuta il 15 dicembre del 1970. Si tratta di un album antologico a tutti gli effetti: dodici tracce di poesia e musica che l’Italia non relegherà mai nel dimenticatoio. «Tu chiamale se vuoi emozioni» è, per almeno tre generazioni, il ritornello, la canzone centrale “dietro” quel profilo contro la luce del sole, lo scatto iconico che racchiude mezzo secolo di amore.

Perché questo disco merita grande riconoscimento? A distanza di cinquant’anni può sembrare quasi scontato distinguere un’aura di “sacralità” in Emozioni, ma se ancora oggi gli italiani tengono stretto al cuore un cantautore come Battisti e un album come questo, vuol dire che c’è molto di più del nome e delle classifiche.

La tracklist completa di Emozioni non lascia spazio a dubbi, qualunque lato del vinile venga preso in considerazione. Lato A: Fiori rosa, fiori di pesco – Dolce di giorno – Il tempo di morire – Mi ritorni in mente – 7 e 40 – Emozioni; Lato B: Dieci ragazze – Acqua azzurra, acqua chiara – Era – Non è Francesca – Io vivrò (senza te) – Anna. Ogni traccia trabocca bellezza, che si parli di scrittura o di composizione.

È un disco pop impeccabile, anche se non segue la tendenza concept tra Lato A e Lato B che si stava facendo strada in quel periodo. Le primissime note di Emozioni mettono i brividi e costituiscono una delle intro più evocative del secolo musicale italiano. Il rock’n roll di Dieci ragazze e le sezioni nettamente psichedeliche di Non è Francesca e Anna sono l’inconfondibile segno del periodo, ruggenti anni Settanta segnati dal beat, accompagnati da organi e spazio, tantissimo spazio allo strumentale. 

L’opera del cantautore di Poggio Bustone narra storie semplici. Quella “vita normale” raccontata da un timbro rauco e a tratti anche strozzato sulle note più alte, restituisce a Lucio Battisti grandissima credibilità. Le storie scritte da Giulio Rapetti (vero nome del paroliere Mogol) diventano di tutti, entrano nelle case, nelle relazioni, nelle viscere. Che si stia andando «a fari spenti nella notte» o che si tenga un «cuore malato», tutte le gioie e i dolori di Emozioni trovano spazio nelle vite di tutti.

Lucio Battisti ha fatto “la gavetta” per arrivare al successo nazionale. Nel 1962, a soli 19 anni, si esibisce chitarra in spalla con i Campioni, uno dei migliori complessi della scena beat milanese. Nel 1965 arriva all’etichetta discografica milanese Ricordi: pescato da una talent scout, Christine Leroux, sarà in quegli ambienti che incontrerà Mogol. Scriveranno insieme e scriveranno tanto, all’inizio soprattutto per altri interpreti che, con quell’oro fra le mani, faranno cantare tutta l’Italia.

La storia di Battisti è una di quelle travagliate e senza il favore della stampa nazionale. A Sanremo ‘69 – l’unica edizione alla quale Lucio partecipa come interprete – arriva con Un’avventura ma viene accolto da critiche che hanno del ridicolo: «impacciato» e «con i chiodi in gola». Questo è Lucio Battisti nel suo scontro col grande pubblico, o meglio, con la “stampa che conta” che, qualche anno dopo (con il caso della Rai) arriverà persino a censurare un suo brano, Dio mio no, che conteneva versi erotici e inaccettabili come «la vedo in pigiama e lei si avvicina. Dio mio no! Cosa fai? Che cosa fai?».

In ultimo, e non meno importante, il talento di Lucio Battisti è soprattutto il suo intuito per la “giusta” melodia. Le canzoni, realizzate con l’ausilio di un arrangiatore come Gian Piero Reverberi e di musicisti come Franz Di Cioccio e Franco Mussida (fondatori della PFM, non proprio due qualunque), risultano tanto orecchiabili quanto tecnicamente complesse. Erano una novità le canzoni brevi, immediate e allo stesso tempo capaci di cambiare mood più volte.

In Emozioni ci sono canzoni di cuore e del cuore. Lo stesso brano Emozioni viene studiato, eseguito in studio da un Battisti realmente commosso, ed è subito magia: “buona la prima”, si direbbe quando la prima take va direttamente sul disco, come è capitato per questa perla. Magie che capitano solamente per le grandi occasioni e durante l’incisione di grandi album: per citarne solo alcuni, Texas Flood di Stevie Ray Vaughan, Dark Side of the moon dei Pink Floyd e, appunto, Emozioni di Lucio Battisti. Non resta che godersi l’ascolto del disco, giusto? Non dire no.


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