Zerocalcare, il Lucca Comics e l’irresistibile tifoseria all’italiana

Non solo tifoseria: il bollino dell’antisemitismo, le accuse di violenza, la passione per ingigantire una decisione personale. Questo e molto altro sul polverone (non richiesto) intorno a Zerocalcare.


Zerocalcare, il noto fumettista romano, ha deciso, ormai circa una settimana fa, di non andare al Lucca Comics di quest’anno. La sua decisione di non presenziare alla nota manifestazione annuale sul mondo dei fumetti (e molto altro) arriva proprio in conseguenza della partecipazione, come partner della manifestazione, dell’ambasciata d’Israele in Italia. Oggi è uscita su Internazionale una risposta, alla maniera di Zerocalcare, con un lungo e sentito racconto dei fatti. Neanche a dirlo, in fumetto. Risposta che è sembrata necessaria data la settimana turbolenta, carica di interpretazioni e dichiarazioni sconsiderate, anche da parte di componenti delle istituzioni e del Governo italiano.

Il post apparso sui social proprio dal canale del fumettista romano dichiarava apertamente che il patrocinio dell’ambasciata d’Israele per il Lucca Comics «rappresenta un problema». D’altronde, per Zerocalcare, al secolo Michele Rech, da sempre apertamente schierato a favore della causa palestinese, oltre che autore di fumetti proprio su questo tema, «venire a festeggiare lì dentro rappresenta un corto circuito che non riesco a gestire». 

È una scelta personale, che fa i conti con la propria etica. Piuttosto che una passerella importante e prestigiosa, il fumettista ha scelto di non partecipare a un evento patrocinato in quelle modalità. Sia l’editore che la direzione dell’evento di Lucca non hanno avuto nulla da ridire, come racconta lo stesso Zerocalcare su Internazionale.

Aveva scritto sui social, comunicando la sua assenza alla kermesse del fumetto: «Sono stato a Gaza diversi anni fa, conosco persone che ancora ci vivono e persone che ci sono andate per costruire progetti. Quando queste persone mi chiedono com’è possibile che una manifestazione culturale di questa importanza non si interroghi sull’opportunità di collaborare con la rappresentanza di un governo che sta perpetrando crimini di guerra in spregio del diritto internazionale, io onestamente non riesco a fornire una spiegazione».

Zerocalcare lo ha dichiarato a chiare lettere: «non è una gara di radicalità, e da parte mia non c’è nessuna lezione o giudizio morale verso chi andrà a Lucca e lo farà nel modo che ritiene più opportuno, soprattutto non è una contestazione alla presenza dei due autori del poster Asaf e Tomer Hanuka [israeliani ndr.], che spero riusciranno ad esserci e che si sentiranno a casa, perché non ho mai pensato che i popoli e gli individui coincidessero coi loro governi». 

Eppure, i giornali italiani gli hanno messo su il bollino dell’antisemita, Myrta Merlino ha definito la sua libera scelta come “un atto di violenza”, sulle colonne di Repubblica il giornalista Merlo parla di un “no” agli ebrei al Lucca Comics che ha come condottiero il fumettista romano, altrove viene definito come guerrafondaio e tutt’altro che pacifista.

Il forfait dei fumettisti israeliani viene posizionato come “una lezione di civiltà a Zerocalcare” quando, però, la costruzione di queste barricate non è mai stata pensata, voluta o prevista da nessuno degli artisti coinvolti. Il tamtam mediatico è avviato, la macchina gira incontrollata, l’arena è stata preparata, men che meno gli sfidanti che, oltre che colleghi che si stimano e rispettano, non hanno la benché minima intenzione di trovarsi su un terreno di scontro ideologico. 

Tutto questo morboso desiderio di sangue – mentre ne sta scorrendo tantissimo a Gaza – e di tribuna sul caso Zerocalcare, con il ministro Salvini che «invece andrà al Lucca Comics», solo perché un artista ha scelto di non partecipare a una manifestazione, non solo secondo coscienza, ma stando ai suoi diritti civili e politici su cui non si può provare imbarazzo nell’esercitarli. Persino Amnesty Italia, rinunciataria anche lei, è stata destinataria di comunicazioni paradossali e definita dal ministro delle Infrastrutture in persona come «razzista». La Ong ha risposto al Ministro bollandolo come «vero esperto in materia».

Non è mai stato un boicottaggio, e le parole misurate – queste sconosciute – utilizzate sono state assai chiare e con un tono molto più gradevole di quelle comparse sulle colonne dei giornali o tra le comunicazioni social di illustrissimi esponenti del nostro Parlamento. La scelta di Zerocalcare è stata pienamente appoggiata dal suo editore, la Bao Publishing, ma non da una pletora di esponenti politici, televisivi, giornalistici (che spesso raccolgono le tre figure da veri fenomeni) che hanno cercato invano l’amico dei terroristi.

Se sul patrocinio dell’ambasciata d’Israele – che non è oneroso ma simbolico – non c’è assolutamente nessuna questione da aprire, dato che si tratta di un riconoscimento, come è avvenuto in diverse occasioni e per diversi anni, non dovrebbe essercene un’altra per una scelta personale di un’artista. Un scelta che ha portato altri artisti (La biblioteca di Dafne, Alessio Spataro e la band punk Gli Ultimi) a seguire questa posizione, oltre che stimolare diverse e contrapposte riflessioni. 

Le bugie, la diffamazione, le cattive e forzate interpretazioni non hanno dato nessun contributo nella direzione della verità e del dialogo. Sugli spalti, con la bava alla bocca, opinionisti e tifosi hanno sperato nella rissa e nello scivolone dei diretti interessati, sempre a caccia dello scoop o della parola che doveva rovinare un’intera carriera. 

Si chiede sempre di schierarci invece di soccombere all’appiattimento totale, politico e ideologico, e quando questo accade, soprattutto in un mondo ancora (si spera) libero come quello dell’arte, succede che si avveleni anche una cosa pura come la libertà. Quella che non ci fa vivere in una prigione a cielo aperto. E Zerocalcare, dopo giorni di appiattimento (ma delle onde cerebrali di certe menti) ha risposto con un fumetto, Corto Circuito. Andatevelo a leggere.


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